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Luca Lucini, regista blockbuster, "firma" una campagna virale sull'HIV

di Mattia Schieppati

«Voglio fare un film sull’Aids, stiamo cercando il protagonista. Ti interessa?». Se la domanda la pone un regista blockbuster come Luca Lucini (quello di Tre metri sopra il cielo, per intendersi), è ovvio che ogni aspirante attore dica di sì. Poi, la domanda successiva: «Per rendere la tua recitazione più credibile, ti chiediamo questo: sei disposto a farti iniettare il virus dell’Aids?». A quel punto la faccia delle decine di aspiranti attori – tutta gente comune, presa dalla strada – si paralizza in un’espressione confusa e incredula: «No», la risposta, secca, nel 100 per cento dei casi. Tutto ripreso in diretta, come in un vero casting cinematografico, un documento forte di come l’Aids – malattia che sembra tanto lontana, persa tra i ricordi degli anni ’90 – sia ancora una cosa presente, forte, che fa paura.

L’esperimento, straordinario nella sua veridicità e forza comunicativa, è stato realizzato dall’agenzia creativa Tbwa Italia, “attivata” da Sieropositivo.it, associazione attiva nel campo della prevenzione e del supporto alle persone sieropositive e ai loro familiari. Idea che grazie alla collaborazione, oltre che dei creativi di Tbwa, del regista Luca Lucini, appunto, e della casa di produzione The Family Kids (tutti si sono prestati pro bono), è diventata un “film” online su www.pertuttalavita.com,  ma anche una campagna virale che viaggia su Youtube e su Facebook (200 like, stamattina, nel primo quarto d’ora di “pubblicazione”).

«Come meccanismo di comunicazione è molto forte», racconta Nicola Lampugnani, direttore creativo esecutivo di Tbwa, che ha guidato il team d’agenzia. «Siamo partiti da gente normale, presa dalla strada, l’abbiamo filmata in presa diretta, volevamo far passare quel microsecondo di reazione di fronte a una domanda così dura, diretta, scioccante. Mi pare proprio abbia funzionato». Il senso di tutto questo progetto creativo sta nel claim: “Potendo scegliere, nessuno prenderebbe l’Aids. Puoi scegliere. Proteggiti”.

«Non è la solita pubblicità, che ti martella di spot dicendoti cosa devi fare, o comprare. Poniamo di fronte a una scelta, e in un mondo in cui pare tutto pre-determinato l’apertura di fronte alla scelta – anche se si tratta di una scelta drammatica – ha molto grip».

L’Aids esiste, e continua a essere un “problema”, nonostante appunto nella sensibilità diffusa – e nella comunicazione su questo tema – il livello di guardia si sia decisamente abbassato rispetto a quando, negli anni Novate, il virus era vissuto come una maledizione epocale. Ci si ricorda ancora lo spot tv di allora, le persone infette con un profilo viola e una musica inquietante di sottofondo. Poi, più nulla per anni. «Appunto, la questione sta tutta qui: se la prima cosa che ci viene in mente quando si parla di Aids è lo spot di vent’anni fa, vuol dire che qualcosa poi non ha funzionato, che la comunicazione si è distratta. Noi abbiamo voluto rialzare un po’ l’attenzione, e canali come il web, i social network, sono perfetti in questo senso: quando devi far passare un messaggio sociale, che ha veramente a che fare con la sensibilità delle persone, la rete dà una risposta eccezionale. Ma i i tre minuti del nostro film sono perfetti anche per il cinema, o la tv», conclude Lampugnani.

 

In copertina uno dei partecipanti al casting


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