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Sanità & Ricerca

Don Verzé, chi era costui?

Fuga dei politici dai funerali, il tributo della gente, degli amici , dei medici e dei ricercatori

di Franco Bomprezzi

“Sic transit gloria mundi”: si potrebbe chiosare così, con parole usate poco tempo fa da Silvio Berlusconi, il racconto dell’ultimo viaggio di don Verzé, morto a 91 anni nel pieno della crisi della sua creatura, il san Raffaele. Ieri, ai suoi funerali, la folla di chi lo amava, e l’assenza del mondo della politica, che pure tanta parte ha avuto nella lunga fase della crescita delle imprese del sacerdote. Ecco come i giornali raccontano il giorno delle esequie.

Bisogna arrivare a pagina 18 del CORRIERE DELLA SERA per trovare la cronaca dei funerali di don Verzè (nessun richiamo in prima). “L’addio a don Verzé «Conscio dei suoi eccessi»” è il titolo di apertura che cita le parole del Vescovo di Verona durante l’omelia. Pezzo a quattro mani di Gianni Santucci e Giacomo Valtolina: “Negli ultimi anni, sarà perché era anziano e si muoveva a piccoli passi, nelle occasioni di ritrovo erano in molti a ripetere quel gesto affettuoso: lo prendevano sotto braccio con un sorriso, e in quella posa finivano nelle inquadrature dei fotografi – scrivono i due cronisti -. Lo faceva spesso Silvio Berlusconi; lo fece l’allora sindaco Letizia Moratti, quando il sacerdote festeggiò i 90 anni. Quello stesso giorno il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, inviò all’amico 90 rose rosse a stelo lungo; in ospedale s’erano radunati mezzo governo e mezza giunta del Comune di Milano. Ieri mattina, cielo basso e pioggia sottile, la politica — con qualche eccezione, come il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà — non ha tributato un pubblico, ultimo saluto a don Luigi Verzé. «Un solitario, come tutti i geni — lo ha definito il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, nell’omelia durante il funerale — ma anche un uomo disposto a riconoscere di aver debordato»”. E più avanti: “È una funzione, quella del mattino a Milano, che con toni sommessi racconta il senso di unità, di riconoscenza al fondatore e riconoscimento di un ruolo, mai forte come ora che la casa è rimasta senza padre e deve affrontare la bancarotta da un miliardo e mezzo di euro, tra le «voci infami» dei nemici e lo spettro della giustizia. I camici bianchi sono forse più che gli abiti scuri da funerale, mescolati con l’azzurro e il verde delle altre tute da lavoro, dei medici, degli infermieri e dei ricercatori”. Nella parte bassa della pagina altro pezzo: “La partita dello Ior. Salvare l’ospedale e poi passare la mano”. Scrivono Mario Gerevini e Simona Ravizza: “L’unica certezza è che il prezzo per acquistare il San Raffaele è aumentato. Ma tra i big della sanità si sta giocando una partita sotterranea che potrebbe sparigliare le carte e creare nuove alleanze. Ad aggiudicarsi l’ospedale sarà l’imprenditore Giuseppe Rotelli (Gruppo ospedaliero San Donato) che con la sua proposta da 305 milioni ha innescato l’asta? L’offerta è sul tavolo dei commissari straordinari nominati dal Tribunale fallimentare: a un primo esame appare corretta e conforme al bando di gara. Non è escluso, però, che l’industriale Gianfelice Rocca (Gruppo Humanitas-Techint) possa rientrare sul filo di lana con un rilancio — si dice — intorno ai 320 milioni. Il termine è il 5 gennaio. Ma entro il 10 gennaio alla cordata della Santa Sede (Ior-Malacalza), che aveva messo sul tavolo 250 milioni e oggi gestisce l’ospedale, basta pareggiare l’offerta più alta per vincere la partita”. Nessun commento finale sulla figura del sacerdote imprenditore della salute, nel CORRIERE  si segnala una colonna intera di necrologi dedicati a don Verzé, tutti o quasi provenienti dal mondo dei ricercatori e dei medici del san Raffaele. Nessun omaggio dalla politica.

LA REPUBBLICA apre sulle indennità degli onorevoli (“Gli stipendi-record del Parlamento”) e ha solo un richiamo sul fondatore del San Raffaele: “I politici disertano l’addio a don Verzè”, firmato da Gad Lerner. «Troppo facile ironizzare sull’assenza del cavaliere (vedrete che spunterà una scusa buona) e su quella del padre padrone della sanità lombarda, Roberto Formigoni… Fa più impressione notare che l’estremo saluto all’uomo che impersonò la dimensione più misteriosa del potere milanese è stato disertato in blocco dai suoi esponenti danarosi ma pericolanti: quasi che temessero di partecipare non solo alle esequie di un sodale caduto in disgrazia, bensì alla celebrazione della propria rovina imminente». «Non solo di uno scandalo e di un crac stiamo parlando, ma di un sistema opaco di arricchimento nel quale sono coinvolti potentati economici fino a ieri intoccabili, in una triangolazione di risorse che ha per epicentro la Milano degli affari ma che transita indistintamente per ambienti finanziari, ecclesiastici, politici, paradisi fiscali, senza escludere l’ipotesi del riciclaggio di proventi malavitosi». La cronaca è invece a pagina 15: “Don Verzè, veleni anche il giorno dei funerali”. Ovvero l’imprenditore Zammarchi che ha detto di aver pagato tangenti al religioso e a Rotelli, il re della sanità lombarda che immediatamente querela. Zammarchi però insiste: «il sistema è che bisognava pagare. Non erano tangenti in senso stretto, ma si fa un contratto e si paga una percentuale, e questo nel pubblico avviene dappertutto». Il racconto della cerimonia è affidato a Cinzia Sasso: la chiesa di San Giorgio è strapiena, ma il parcheggio riservato alle autorità quasi vuoto. Ci sono i medici, i ricercatori dell’ospedale, la vedova di Mario Cal, l’ex ministro della Salute Ferruccio Fazio, Massimo Cacciari, Al Bano. «Voglio precisare», ha detto il vescovo di Verona, «che non sono qui perché questo è il funerale di un prete eccezionale. Noi vescovi presiediamo sempre i funerali di ogni nostro prete. Io i miei preti, tutti, li porto qui nel cuore. Uno ad uno».

IL GIORNALE dedica ai funerali di don Verzè quattro pagine. Dalla prima parte il pezzo di Vittorio Feltri sotto il titolo “Da Tremaglia a don Verzè – tutti in fuga dal funerale”: «Ai funerali di don Verzè, fondatore dell’ospedale San Raffaele, il migliore d’Italia, un ‘autentica eccellenza europea, i big della politica non c’erano. In effetti si sono notate di più le assenze delle presenze, a dimostrazione che per chi finisce in disgrazia, finiscono anche le amicizie». “Applausi per il prete-manager. Ma solo dalla gente comune” è invece il titolo del pezzo di apertura di pag 8 a firma dell’inviato Stefano Zurlo. Significativo della linea editoriale l’occhiello: “I sanitari e i compaesani hanno riempito la chiesa di Illasi per salutare il fondatore del San Raffaele. Il vescovo di Verona: «Era un genio, solitario ma bisognoso di affetto”. Il quotidiano della famiglia Berlusconi offre anche una mezza pagina alla testimonianza di Vittorio Sgarbi: “Troppi amici non c’erano? Io so che era giusto esserci”. E ancora: «Non giudico gli assenti, nonostante le provocazioni di qualche cretino. Don Verzè era un uomo buono». Infine buon rilievo anche al j’accuse dell’imprenditore edile Zammarchi che appena uscito dalla camera ardente ha affermato di aver versato “tangenti a tutti, anche a Rotelli”, il quale però smentisce: «Mai conosciuto».

Su don Verzè sul MANIFESTO non c’è nulla.

IL SOLE 24 ORE si occupa del San Raffaele a pagina 32, ovviamente soffermandosi più sugli aspetti economico-societari che sul funerale (a cui è dedicata una fotonotizia): «Rotelli, 65 anni, a capo del Gruppo ospedaliero San Donato (18 strutture e un fatturato di 760 milioni di euro) e secondo azionista del Corriere della Sera con l’11% del capitale di Rcs Mediagroup, ha presentato il 31 dicembre un’offerta per acquistare il San Raffaele. Sul piatto ha messo 306 milioni di euro cash più un accollo di passività per 500 milioni di euro. La sua è per il momento l’unica offerta migliorativa presentata per il gruppo ospedaliero fondato da don Verzè. La procedura di riapertura dell’asta era stata voluta dal tribunale fallimentare di Milano come condizione per il via libera al concordato preventivo. Il board del San Raffaele ha così deliberato il 21 novembre un “Autoregolamento” che fissa le procedure per la presentazione delle offerte migliorative. Un documento che di fatto assicura alla cordata Ior-Malacalza (la stessa che esprime gli attuali componenti del cda autori dell'”autoregolamento”) la decisione finale sul controllo del San Raffaele. C’è tempo fino al 5 gennaio per il deposito delle proposte presso il notaio milanese Enrico Chiodi Daelli (l’uomo che è stato per decenni il notaio di fiducia di don Verzè). Ma poi la cordata Ior-Malacalza, entro il 10 gennaio, potrà decidere se aumentare la propria offerta. Secondo l’agenzia Radiocor la banca del Vaticano e l’imprenditore genovese si preparerebbero a rilanciare allineando la loro offerta a quella di Rotelli. E in questo caso l'”autoregolamento”  prevede che il controllo del San Raffaele resti saldamente nelle loro mani».

L’AVVENIRE dedica un richiamo in prima e due pagine all’interno all’ “ultimo addio a don Verzè”. A prevalere è la sottolineatura del valore del San Raffaele come polo scientifico d’eccellenza, una realtà destinata ad andare al di là delle polemiche su don Verzè. Come testimonia la vicinanza, anche in questo momento difficile di fuggi fuggi generalizzato (nessun politico alle esequie, pochissimi volti noti, a parte l’ex ministro della Salute Fazio, Massimo Cacciari, Vittorio Sgarbi e il cantante Al Bano) dei medici e ricercatori del San Raffaele. “L’ultimo saluto dei suoi”, titola infatti il quotidiano il pezzo d’apertura di pag. 12. «Difenderemo questo nostro orgoglio, portando avanti la missione che ci è stata affidata», è la dichiarazione di Maurizio Savi, ex direttore operativo dell’area ricerca della struttura. «Siamo qui per continuare quello che don Verzè ha cominciato», ribadisce Guido Pozza, che del San Raffaele è sovrintendente scientifico. «Noi come scienziati gli siamo grati per aver costruito tutto questo. Don Verzé è stato scienziato con noi. Raccogliamo quello che ci ha insegnato, la forza dell’amore, il valore dell’eccellenza», sono le parole di Maria Grazia Roncarolo, direttore scientifico dell’istituto. L’impronta del fondatore, insomma, resta forte proprio intorno a quel nucleo scientifico e di ricerca (oltre che della cura medica) che costituisce il grande valore della creatura del sacerdote.

Anche per LA STAMPA quello di ieri a don Verzé è stato «un addio solitario», in particolare «senza i politici amici» e i «molti potenti per cui prima dell’inchiesta era un punto di riferimento» ma che ieri ai funerali «non si sono visti». Don Verzé «se ne va come non aveva mai vissuto, solo»: nessun vip per il «vecchio prete morto in disgrazia». Tra i pochi che lo ha accompagnato fino al cimitero di Illasi, c’è Massimo Cacciari, che nel 2001 con don Verzé fondò l’Università Vita e Salute, che difende la «passione al limite dell’incontrollabile» di don Luigi per la scienza, la medicina, la ricerca: «può darsi che per raggiungere i suoi obiettivi non abbia prestato attenzione ai mezzi», ammette e poi cita don Milani, «ha le mani pulite solo chi le ha tenute sempre in tasca». Dell’assenza dei politici, Berlusconi in primis. Cacciari dice: «Meglio così, si cesserà di far casino su don Verzé come berluscones. Meno si vede Berlusconi e più si vedrà quel che ha lasciato don Luigi, le cose da salvare e da promuovere». 
 
E inoltre sui giornali di oggi:

PENSIONI
LA REPUBBLICA – L’Inps ha scritto a 450mila pensionati avvisandoli che le pensioni oltre i mille euro non saranno più pagate in contanti, come da recente manovra. Dovranno aprire un conto corrente un libretto o farsi una carta prepagata. I pensionati hanno due mesi di tempo per adeguarsi. Oltre a dotarsi di un conto i pensionati dovranno anche comunicare i dati all’Inps e potranno farlo per via telematica o in un ufficio postale o in banca. Abi promette costi contenuti, Poste italiane sta già muovendosi promuovendo un conto corrente gratis il primo anno.

FALSI INVALIDI
IL SOLE 24 ORE – Nella pagina dei commenti un’analisi di Cristiano Gori “Il welfare e il nodo dei falsi invalidi – La giusta battaglia per scovarli ha fatto trascurare scelte strategiche per il futuro”: «Inattese novità nella lotta ai falsi invalidi. I dati raccolti nei controlli dell’Inps mostrano che riceve prestazioni d’invalidità civile senza averne diritto circa il 4% dei beneficiari. Sono frodi da combattere, ma si tratta di una percentuale di utenza inappropriata limitata e inferiore a quella di tanti altri settori. Ad esempio, in sanità ben più del 4% dei pazienti subisce operazioni non necessarie e pure superiore è la percentuale di famiglie di evasori fiscali esenti dalla retta degli asili poiché figurano a basso reddito. Perché quella contro i falsi invalidi è diventata la principale battaglia per la moralizzazione del welfare italiano? (…) L’assunto “crescita della spesa per l’invalidità = adulti che si fingono disabili = un problema di frodi” è errato ma rimane dominante nell’opinione pubblica. Perché? Un motivo riguarda la comunicazione politica. Sino all’estate, Tremonti, Sacconi e alcuni loro colleghi di Governo hanno utilizzato la propria visibilità per riproporre la loro posizione. Numerosi altri esponenti del mondo politico e istituzionale, come il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua e i capigruppo alla Camera di Lega, Marco Reguzzoni, e Idv, Massimo Donadi, sono ripetutamente intervenuti a sostegno di questa versione dei fatti. In settembre sono stati resi noti i dati ufficiali che certificano il fallimento della lotta ai falsi invalidi ma su questi le stesse personalità non hanno ritenuto di dover fornire spiegazioni. Nel frattempo la massiccia copertura mediatica della disabilità focalizzata solo sulle frodi, con immagini di sicuro impatto come il cieco che guida e l’invalido che gioca a pallone (casi gravi ma rientranti nel 4% individuato dai controlli) ha prodotto una percezione distorta della realtà nell’opinione pubblica, diffondendo l’impressione di un dilagare degli abusi. Per chi sostiene una posizione differente l’accesso ai media rimane proibitivo. Le associazioni delle persone con disabilità, in particolare, hanno mostrato quale sia la verità sui controlli ma la loro voce è rimasta confinata tra gli addetti ai lavori senza trovare eco sui mezzi di comunicazione generalisti. (…) Lo stigma creato nell’ultimo biennio ha fatto compiere al nostro Paese ulteriori passi indietro: oggi per queste persone – e per le loro famiglie – veder riconosciuti i propri diritti e aspirare a un welfare più adeguato è divenuto ancora più difficile. Ecco l’unico, vero, risultato della lotta ai falsi invalidi: ridurre le aspettative di una vita migliore per le persone con disabilità».

TASSE E IMMIGRATI
IL MANIFESTO – Apertura dedicata alla nuova imposta sul permesso di soggiorno “Che razza di tassa” il titolo che apre con un sommario che rinvia alla pagina 4 “Una imposta tra gli 80 e i 200 euro per chiedere o rinnovare il permesso di soggiorno. Arriva la stangata anche per gli immigrati, firmata Maroni e Tremonti e non cancellata dal governo Monti. Servirà a pagare i rimpatri forzati e le spese per l’ordine pubblico. L’Arci: si ricordano di loro solo per farli pagare o espellerli”, a fianco della foto che raffigura un migrante con in mano il permesso di soggiorno un articolo di Valentino Parlato “L’obbligo di un New Deal” che corre lungo tutta la fotografia a va a concludersi a pagina 5. A pagina 4 si spiega che “La nuova imposta entrerà in vigore alla fine del mese. E a marzo il permesso a punti” in pratica si legge «La Lega no è più al governo ma i suoi provvedimenti continuano ad accanirsi contro gli immigrati. (..) “È la tassa sulla povertà” spiega l’avvocato Marco Paggi dell’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione per il quale il nuovo balzello avrà effetto pesantissimi sulla vita degli extracomunitari (…)». Nella pagina accanto a piè di pagina la conclusione dell’articolo di Parlato che prende le mosse dall’editoriale di ieri di Alesina e Giavazzi sul Corsera e che punta l’indice sull’assenza di crescita e torna con la memoria alla crisi del 1929 «(…) Allora la situazione era un po’ peggiore della nostra attuale, ma Rooservelt si inventò il new dea e in Italia il fascismo creò l’Iri e la partecipazione pubblica nelle banche. (…) Attendersi qualcosa dalle privatizzazioni, pur segnalate dall’attuale governo è illusorio (…) Non siamo né in Italia, né in Europa in un condizione di normalità e tutti sappiamo che le crisi economiche, se non sono seriamente contrastate e sconfitte portano non solo alla recessione dell’economia, anche anche la recessione della democrazia (…)».

PROFUMO DI RICERCA
ITALIA OGGI – “Profumo cerca collaboratori purchè ricercatori e giovani” titola ITALIA OGGI. «Per la prima volta un ministero per selezionare i propri stretti collaboratori ricorre a un avviso di selezione e una valutazione comparativa dei curriculum. De i requisiti fondamentali:  esser giovani e essere ricercatori. È on line la nota con cui il neocapo dell’ufficio di gabinetto dl ministro dell’istruzione, luigi fiorentino, il 23 dicembre comunica la selezione di sei giovani con meno di 40 anni e in possesso di un dottorato di ricerca estranei alla pubblica amministrazione, per ricoprire  incarichi di collaborazione  di diretta collaborazione con il ministro Francesco Profumo.  Per candidarsi c’è tempo sino al 15 gennaio, il primo giorno di lavoro sarà il 1 febbraio 2012.  La durata dell’impiego  è la stessa del mandato di Profumo. Lo stipendio è di 48mila euro lordi l’anno per due ricercatori, e di 24mila euro lordi per gli altri 4». 
 
CINA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina “Gli scioperi operai che piegano Deng” per il reportage che occupa tutta la pagina 9. “Guangdong. A Shenzhen, prima zona speciale del 1980, è in crisi il modello produttivo a basso valore aggiunto e alta intensità di lavoro a causa degli aumenti salariali e dei costi ambientali insostenibili” spiega il grande occhiello della pagina, mentre nel sommario si sottolinea: “È la regione cinese più industrializzata. Oltre l’80% sono operai-migranti, lavorano nel tessile, nei giocattoli, nell’elettronica, settori in crisi. Chiedono più salario, ma anche delegati autonomi dal Pcc e contrattazione collettiva”. A completare il lungo reportage l’intervista a Li Qiang, direttore del Chine Labour Watch, organizzazione che dal 2000 si occupa di monitorare le condizioni di lavoro nelle aziende cinesi dove le multinazionali hanno delocalizzato alcuni segmenti della produzione. 

ELEZIONI USA
LA STAMPA – Incontro con Mitt Romney alla vigilia delle primarie dello Iowa, candidato presidenziale «che vuol parlare alla pancia dell’americano isolazionista e stanco di dover pagare per tutti». Romney senza giri di parole dice che «gli usa non daranno neanche un dollaro all’Europa per aiutarla a uscire dalla crisi: si è cacciata in questo guaio da sola e da sola deve uscirne». 


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