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Famiglia & Minori

Essere figli adottivi nell’era di Facebook

I genitori biologici contattano i figli dati in adozioni sui social network. L'allarme delle charity

di Gabriella Meroni

E’ allarme per i continui casi di madri o padri biologici che dopo aver dato in adozione i figli (sia volontariamente sia, più spesso, perché questi ultimi erano stati sottratti loro dalle autorità) li cercano (e li trovano) attraverso Facebook, sconvolgendo i loro precari equilibri emotivi. Il quotidiano inglese The Guardian raccoglie le preoccupazioni delle charity – valide ovunque ci sia una connessione internet -, che sottolineano anche come la decisione di sottrarre un figlio ai genitori è molto grave e prosuppone, da parte dei tribunali, un’attenta analisi della situazione familiare che evidentemente si presenta gravemente abusante e tale da compromettere il sereno sviluppo dei minori. Non è una decisione presa alla leggera, insomma.

La legge in molti paesi, compresa l’Italia, è molto precisa, ed enuncia con varie formulazioni che la famiglia è generalmente il miglior luogo dove bambini e giovani possono crescere. Tuttavia – si sottolinea nell’articolo – in alcuni casi è necessario prendere una decisione difficile per equilibrare il diritto di un minore di restare con la propria famiglia di origine e il diritto di essere protetto da abusi e mancanza di cure. In questi casi, e in particolare in quelli dove abusi e negligenze sono gravi, è necessario recidere il rapporto tra il figlio e i genitori biologici se si vogliono evitare conseguenze gravi per il benessere presente e futuro del bambino.

Non si può – dicono le charity e i servizi sociali – lasciare un bambino troppo a lungo in una situazione familiare devastante. E diversi studi hanno dimostrato che se i genitori problematici dimostrano di poter cambiare, di solito lo fanno entro i primi sei mesi del figlio. Tuttavia, a volte si tende a lasciare il bambino con i genitori biologici molto più a lungo, sperando in un cambiamento che spesso non arriva mai. La famiglia adottiva in questi casi – prosegue il pezzo del Guardian – rappresenta un intervento terapeutico che offre al bambino cure, affetto e un esempio di relazioni umane equilibrate di cui egli ha bisogno come l’aria che respira.

Contatti improvvisi, non programmati e non autorizzati con i genitori biologici spezzano questa sicurezza raggiunta a fatica. E’ comprensibile che un genitori cerchi suo figlio. Molti genitori che abusano rifiutano di riconoscersi tali, spesso sono stati abusati a loro volta da piccoli e quasi sempre non riescono a comprendere il male che hanno fatto ai figli. Ma i contatti devono essere permessi unicamente nell’interesse del figlio, non dei genitori. Il problema con i social network è che stabiliscono un contatto immediato, senza filtri, e nessun altro adulto può controllare le comunicazioni tra genitori biologici e figli, che a volte, nonostante la buona fede, possono risultare violente per un bambino, lasciato a se stesso davanti a uno schermo in balia di emozioni contrastanti, confusione e sensi di colpa. Spesso infatti i bambini tendono a colpevolizzarsi della separazione tra loro e i genitori.

La conclusione? Gli operatori sociali e tutti coloro che hanno a che fare con ragazzi adottati devono tenere conto dell’impatto che le nuove tecnologie possono avere sul benessere di questi soggetti così fragili, sempre tenendo come faro della loro azione l’interesse supremo del minore.


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