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L’emergenza non c’era, ma tutto resta in piedi

Il ministro Cancellieri alla Camera: «l'amministrazione non potrà che onorare gli impegni già assunti»

di Redazione

La sentenza del Consiglio di Stato n. 6050 del 16 novembre 2011 ha disposto l’annullamento della dichiarazione dello stato d’emergenza e delle conseguenti ordinanze di Protezione civile di nomina dei commissari delegati. Ma tutto è rimasto tale e quale. Lo ha ammesso ieri l’onorevole Bernardini in un’interrogazione rivolta al ministro Cencellieri, con riferimento in particolare al censimento di rom e sinti messo in atto a partire dal maggio 2008.

Secondo il Ministero dell’interno, durante il primo anno della cosiddetta «emergenza nomadi», 167 campi rom sono stati soggetti al censimento e sono stati compiuti controlli d’identità su 12.346 persone, di cui 5.436 erano minori. In realtà, ha detto la Bernardini, «sotto l’apparente copertura fornita dalla definizione di nomadi sono stati interessati dalla procedura solo e tutti i componenti delle comunità rom e sinte dei campi oggetto delle operazioni delle forze di polizia».

Secondo la documentazione raccolta dall’Associazione 21 luglio – ha continuato l’onorevole radicale – i rom sono stati il più delle volte accompagnati negli uffici della questura di Roma – ufficio immigrazione – di via Teofilo Patini a Roma presso uno sportello a loro dedicato, dove è stato apposto un cartello con la scritta «Sportello nomadi – No asilo politico», presso cui «sono state rilevate le impronte digitali di ciascuno individuo rom con un’età superiore a 14 anni, sono state scattate foto alla stessa persona, da sola e insieme all’intero gruppo familiare, i bambini con età inferiore a 14 anni sono stati fotografati con i genitori. Secondo alcune testimonianze è stata rilevata l’altezza di ogni persona. Tre persone rom intervistate hanno affermato che è stata registrata anche l’eventuale presenza e tipologia di tatuaggi. In due casi è stato riportato il coinvolgimento di minori con età inferiore a 14 anni nella raccolta di impronte digitali: il termine informale «censimento», utilizzato delle autorità locali e dai media per individuare tali procedure di raccolta e archiviazione di impronte e foto delle persone rom e sinte a Roma, sembra voler dunque nascondere il reale intento delle operazioni: un’identificazione e schedatura di massa di rom e sinti realizzate su base etnica». Lo sportello in questione è ancora aperto.

Anna Maria Cancellieri, ministro dell’interno, ha replicato che «a prescindere da ogni altra valutazione di merito alla citata sentenza, l’amministrazione non potrà che onorare gli impegni già assunti in relazione all’attività posta in essere». L’unica concessione fatta è quella di comunicare che, non essendovi «più ragioni per rinnovare lo stato d’emergenza, il Governo ha approvato e trasmesso alla Commissione europea un piano contenente una strategia complessiva relativa a rom, sinti e camminanti volta a favorire, nell’attuale quadro delle competenze, politiche inclusive di integrazione, con particolare riferimento al rispetto dei diritti fondamentali della persona» (in allegato).

Quanto allo sportello per nomadi all’interno della questura di Roma, la Cancellieri ha detto che «la raccolta dei dati necessari all’identificazione dei soggetti è avvenuta nel pieno rispetto della normativa ordinaria, senza alcuna finalità discriminatoria su base etnica e o razziale. Infatti, all’esito di tale attività è stato rilasciato un gran numero di permessi di soggiorno per motivi umanitari e sono state rinnovate autorizzazioni di altro tipo. Tenuto conto che l’attività predetta è stata dedicata in prevalenza ai nuclei familiari con minori in tenera età, si è ritenuto di assicurare adeguate forme di sostegno, in particolare con la fornitura di pasti ed assistenza. Non è ultroneo fare presente come l’operato delle autorità preposte sia proseguito secondo le descritte modalità, come testimonia il fatto che negli ultimi mesi molte associazioni attive nel campo del sociale hanno accompagnato presso i competenti uffici della questura i nuclei familiari di origine jugoslava per la presentazione di istanze di protezione internazionale, che vengono istruite dallo stesso gruppo di lavoro ad hoc».

 

 


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