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Vuoi aprire una sala giochi? Niente di più facile

La richiesta è semplice e la può presentare chiunque: certificato penale e antimafia eacquisizione di una serie di pareri formali, da parte della polizia municipale.

di Marco Dotti

Le vediamo ovunque: sotto casa, accanto a scuole e ospedali, nelle metropolitane. Non c'è luogo di passaggio o di incontro che non abbia la sua bella – si fa per dire – slot machine o la sua sala giochi.

Ma come si apre una sala giochi? La richiesta è semplice e può presentarla chiunque. Per aprire o subentrare in una “sala giochi”, occorre semplicemente farne richiesta all'ufficio comunale competente. Nell'Italia della burocrazia infinita, in un settore tanto delicato e dalle conseguenze sociali allarmanti basta veramente poco. Basta presentarsi, ad esempio, allo sportello con una comunissima segnalazione di inizio attività e avviare una procedura che, dopo una breve istruttoria, prevede la verifica d'ufficio dei cosiddetti requisiti morali del richiedente (in sostanza: il certificato penale e antimafia) e l'acquisizione di una serie di pareri formali, da parte della polizia municipale.


I requisiti formali sono quelli richiesti a un qualsiasi negozio: agibilità dei locali, contratto di affitto a norma, contenimento delle emissioni sonore, certificato di prevenzione degli incendi e via discorrendo. Poco, molto poco per qualcosa che ha un impatto tanto forte sulle nostre comunità e, da qualche tempo, comincia a sollevare l'attenzione dei cittadini, dei comitati civici e persino dei sindaci.

Il decreto Balduzzi, che tra polemiche e alzate di scudi sembrava voler regolare quanto meno la distanza delle sale giochi dai “luoghi sensibili” (scuole e ospedali, prima di tutto), si è risolto in un nulla di fatto. O meglio: ha allargato ancora di più le maglie di una normativa farraginosa risalente nella sua formulazione iniziale agli anni '30.

Nel frattempo, la  Provincia Autonoma di Bolzano ha promosso una legge che impone la rimozione delle  slot machine quanto meno dai bar, avendo provveduto con un altra legge a porre limiti all'apertura di nuove sale gioco, imponendo al contempo che queste non siano a meno di trecento metri da edifici scolastici, centri giovanili o per anziani e strutture socio-sanitarie e assistenziali. È ancora poco, ma è un primo passo. Un passo che impone a tutti una riflessione, perché il fenomeno – come riportato dal Corriere della Sera dello scorso 6 novembre, che dà conto di un'iniziativa nata sull'onda del nostro Manifesto No Slot ( in allegato) si sta si allargando nei suoi risvolti patologici, ma al contempo allarga anche il campo delle risposte possibili. Quelle risposte che tutti chiedono. Perché in Italia per aprire un'azienda o ristrutturare un casotto di campagna occorrono mille e ancora mille carte e cartacce? Perché non ci muoviamo su questo fronte e anziché semplificare, allargandole, le magli delle autorizzazioni, una volta tanto non ci si decide a applicare la burocrazia là dove realmente potrebbe svolgere la sua innata – e, ahinoi, quasi sempre perversa – funzione deterrente?

Per aderire alla campagna No Slot: circoli@vita.it. Per chiedere informazioni vita@vita.it


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