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Famiglia & Minori

Arrivano le nuove Linee guida per l’affido

Il ministro Fornero presenta le Linee di Indirizzo per l'affido, le prime create in Italia. Si spinge sull'affido diurno e sulla pronta accoglienza. Per Marco Giordano è un buon documento, che però rischia di non poter essere attuato

di Sara De Carli

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta oggi le Linee di Indirizzo per l’affidamento familiare e l’indagine realizzata dal Ministero stesso. Si tratta di una “prima volta” assoluta in Italia, per tentare di dare impulso allo strumento dell’affidamento familiare e implementazione alla legge 149. Le Linee di Indirizzo sono state elaborate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalla cabina di regia del progetto “Un percorso nell’affido”. Secondo la definizione del testo stesso si tratta di un «documento che raccogliendo i saperi e le esperienze dei territori, dia indicazioni unitarie che permettano di qualificare l’importante istituto dell’affidamento familiare su tutto il territorio nazionale», nella forma delle «raccomandazioni». Ecco le novità principali e il giudizio di un esperto, Marco Giordano, segretario del Tavolo Nazionale Affido. Domani, accanto alle Linee di indirizzo verranno presentati anche i dati dell’indagine realizzata dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, su “Bambine e bambini allontanati dalla famiglia d’origine. Affidamenti familiari e collocamenti in comunità”. Grande è l’attesa, visto che l’ultima fotografia aggiornata della situazione dei bambini fuori famiglia risale al 2008.


Dottor Giordano, come giudica queste linee di indirizzo?
È la prima volta che vengono pubblicate, è un gran passo in avanti. Non ci sono solo dichiarazioni di principio, si tenta di entrare nel merito di questioni pratiche, di sciogliere nodi, di dare indicazioni.

Le associazioni sono state coinvolte?
Sì, tra febbraio e marzo il Tavolo Nazionale Affido, nato nel 2010, è stato invitato a visionare la bozza del testo e abbiamo mosso le nostre considerazioni. Certo, tutto è perfettibile, ma intanto nel testo ci riconosciamo.

Quali sono le principali sottolineature da fare rispetto al testo? Che novità ci sono?
Sul piano dell’approccio c’è da mettere in evidenza l’accentuazione del ruolo delle associazioni e la sottolineatura della valenza preventiva dell’affido: si dice che va ripensata la rete, in modo da fare interventi precoci, anche con l’invito a utilizzare di più forme come l’affidamento diurno o di solidarietà interfamiliare, cose poco praticate. Non si tratta di un paragrafo, ma un concetto che ritorna più e più volte nel testo, con rimandi anche al ruolo delle scuole nella prevenzione e della creazione di una più diffusa cultura dell’accoglienza. Infine si ribadisce con forza che il progetto di affido deve essere un pezzo di un progetto quadro, che prende in considerazione l’intera famiglia: spesso abbiamo progetti molto buoni ma che, non essendo inseriti in un parallelo progetto di presa in carico del nucleo familiare, non hanno un prima e un dopo. E ancora una cosa…

Cosa?
Quando si delineano i soggetti dell’affidamento familiare, il primo ad essere citato è il bambino. Questo è un elemento culturale molto importante.

Concretamente cosa cambierà?
Nelle Linee di Indirizzo non ci sono novità assolute, piuttosto è il tentativo di raccogliere le buone prassi che sono state realizzate sui diversi territori per riproporle a livello nazionale. Penso alle esperienze con i piccolissimi, fra 0 e 24 mesi, o a quelle con i minori stranieri e agli affidi omoculturali, attivando le comunità straniere a questo tema. Piuttosto, direi che questo è solo un primo step e che il Ministero sta già lavorando – e anche noi siamo coinvolti – a un “sussidiario per gli operatori”, che vada ancora più nel dettaglio. Comunque, gli elementi più innovativi delle Linee di Indirizzo mi sembrano due.

Quali?
Il discorso sugli affidi in emergenza. Oggi la prassi colloca in comunità un bambino che deve essere immediatamente tolto dalla famiglia, mentre qui si dice che anche famiglie adeguatamente formate possono fare pronta accoglienza, soprattutto per i bambini tra 0 e 10 anni. Si sfata un mito. La seconda idea è quella della necessità di un progetto per chi compie 18 anni: anche qui, ci sono poche buone prassi. Di solito c’è un prosieguo amministrativo fino ai 21 anni, ma ecco, quel prosieguo va riempito di contenuti progettuali.

Perplessità?
Ho una grave preoccupazione per la piena realizzazione di queste – lo ripeto – buone Linee di indirizzo. Manca da 12 anni la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, in molti territori i servizi affido nemmeno esistono… queste linee di indirizzo rischiano di rimanere inattuate per il continuo disinvestimento sul welfare.


 


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