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Sicurezza sul lavoro: l’Italia nel banco degli imputati

La Commissione europea ha avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia, invitandola a recepire nell'ordinamento nazionale alcune norme della direttiva 89/391/Cee. Se il parere non verrà accolto, la vicenda potrebbe essere deferita alla Corte di giustizia

di Redazione

L'Italia ha poco meno di due mesi per adeguarsi a quanto previsto dalla direttiva 89/391/Cee, riguardante "l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro". La direttiva 89/391/Cee, del 12 giugno 1989, in riferimento ai punti evidenziati nel parere, dovrà essere recepita dall'ordinamento italiano, pena il possibile deferimento della vicenda alla Corte di giustizia, le cui sentenze sono vincolanti per gli Stati membri.

La Commissione europea ha aperto, infatti, una procedura di infrazione contro l'Italia (n. 2010/4227), inviando un parere motivato con la richiesta di adeguarsi alla normativa comunitaria.

In particolare, secondo Bruxelles, la legge italiana viola l'articolo 5 della direttiva 89/391/Cee – là dove si "esonera il datore di lavoro dalla sua responsabilità in materia di salute e sicurezza in caso di delega e subdelega" – e l'art. 9 della stessa direttiva, poiché prevede una "proroga dei termini prescritti per la redazione di un documento di valutazione dei rischi per una nuova impresa o per le modifiche sostanziali apportate a un'impresa esistente".

 Su altri punti contenuti nella lettera di costituzione in mora inviata all'Italia nella fase pre-contenziosa della procedura d'infrazione, la Commissione ha accolto le spiegazioni fornite nella risposta dalle autorità dello Stato e non ha, quindi, ritenuto opportuno chiedere l'adeguamento normativo. (fonte: Inail)


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