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Cooperazione & Relazioni internazionali

Obama “salva” le donazioni

Pur pressato dall'esigenza di pareggiare il deficit, il presidente Usa rinuncia a ridurre il vantaggio fiscale per chi dona al non profit. Il terzo settore organizzato esulta, ha fatto lobby e ha vinto. Ma la battaglia non è finita...

di Gabriella Meroni

Vittoria per il non profit americano: il "budget proposal" (il mega-piano di risanamento del deficit Usa) del presidente Obama presentato lunedì 17 dicembre non contiene il temuto taglio del vantaggio fiscale sulle donazioni al non profit, che nei mesi scorsi la Casa Bianca aveva presentato come una delle misure che avrebbero evitato il fiscal cliff di gennaio.

Una marcia indietro, insomma, che ovviamente riempie di soddisfazione il terzo settore ma scontenta altre lobby: al posto della riduzione dal 35% al 28% della "charitable deduction" (su una donazione di 1000 dollari oggi un americano può dedurre 350 dollari, ne avrebbe dedotti solo 280 con la riforma annunciata) il presidente ha annunciato altre misure, come la diminuzione della possibilità di dedurre gli interessi dei mutui e delle tasse locali, oltre al ritocco al rialzo dell'aliquota sui redditi superiori a 400mila dollari annui.

Le deduzioni sulle donazioni sembrano al sicuro, perché secondo alcuni rumors non confermati la Casa Bianca sarebbe addirittura sul punto di introdurre un "cap", ovvero un tetto fisso a queste deduzioni, fissato proprio al 35%, in cambio del nuovo limite al 28% di deduzione per gli interessi dei mutui e il pagamento elle imposte locali. "Siamo riusciti a compattarci, il nostro lavoro di advocacy ha avuto successo", esultano alcuni dei 900 leader del terzo settore americano che avevano inviato una lettera a Obama proprio per chiedergli di recedere dal progetto che avrebbe colpito le donazioni. Inoltre la scorsa settimana 250 esponenti del non profit avevano organizzato al Parlamento un "lobbying day" contro la proposta Obama.

Tutto finito in gloria, dunque? Non esattamente. Secondo philanthropy.com la lotta per difendere i vantaggi fiscali sulle donazioni è appena all'inizio, visto che questi dovrano scontrarsi nei prossimi giorni con altre potentissime lobby che li minacciano, in particolare quelle del settore immobiliare, imbufalite per la stretta fiscale sui mutui. E non mancano i critici, all'interno del non profit, anche all'ipotesi del "tetto" al 35% di deduzione: alcuni "falchi" infatti premono affinché il presidente accetti di agganciare la percentuale di deduzione all'aliquota più alta che verrà introdotta per i super-ricchi, quelli cioè con reddito superiore ai 400mila dollari annui. Per loro l'aliquota passerà dal 35 al 39,6%: perché dunque, si chiedono alcuni, non permettere di dedurre il 39,6% delle donazioni alle charity? Com'è lontana l'America…


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