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Cooperazione & Relazioni internazionali

E adesso la banca dati europea

La chiede AiBi dopo il decreto che dà il via in Italia all'anagrafe ufficiale dei minori adottabili. Se il database fosse realtà in tutta la Ue, si ridurrebbero i tempi d'attesa per genitori e bambini. L'associazione al lavoro per creare un coordinamento

di Gabriella Meroni

Quante famiglie dei paesi europei vanno all'estero per adottare un minore, mentre potrebbero farlo in Europa, cioè a casa loro, senza spendere cifre considerevoli, soggiorni lunghissimi e trafile burocratiche assurde? Se lo chiede AiBi-associazione Amici dei Bambini Dopo la notizia da parte del Ministero della Giustizia della firma (dello scorso 15 febbraio) del decreto dirigenziale di attivazione della banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione – di cui è ora attesa la pubblicazione.

 Per AiBi ora si apre una nuova sfida per le Associazioni a difesa dei diritti dei minori: "Quanti minori residenti nelle comunità educative e negli istituti dei vari paesi europei potrebbero trovare una famiglia in un qualsiasi paese dell'Europa, se consideriamo che solo in Italia sarebbero 2.300 i minori attualmente adottabili?" prosegue l'associazione in un comunicato. "Sappiamo infatti che da quando, grazie al Trattato di Lisbona in vigore dal dicembre 2009, la promozione della tutela dei diritti dei minori è stata ufficialmente inserita tra gli obiettivi dell’Unione Europea, il trattamento riservato ai minori in ciascuno degli Stati membri non è più solo un affare interno".

Le istituzioni europee sono infatti chiamate a svolgere un ruolo chiave nella promozione della tutela di questi diritti, tra cui certamente figurano quelli della categoria vulnerabile dei minori abbandonati e dunque adottabili. Ma quanti sono i Paesi europei dotati di una banca dati per l’adozione, come quella resa obbligatoria in Italia dalla legge n. 149/2001 art. 40?

Si tratta di un primissimo punto da cui partire per cominciare a ragionare su un futuro di una Europa in cui esista una maggiore coesione fra i Paesi membri e in cui le discriminazioni nel trattamento riservato ai minori da un Paese all’altro siano effettivamente eliminate. Se è certo che la Convenzione delle Nazioni Unite per i Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza rappresenta patrimonio comune a tutti gli Stati membri, poiché questa – applicata nel rispetto delle linee guida ONU – riconosce il diritto dei minori a vivere all’interno di una famiglia stabile e di non rimanere all’interno degli istituti se non in via transitoria, occorrerà da oggi adoperarsi per fare in modo che in tutta l’Europa esistano dati certi sui minori adottabili.

E’ necessario che ogni Paese europeo sia in grado di raccogliere e di gestire i dati su questi bambini in attesa di accoglienza e sulle persone disponibili ad adottarli. Questi dati, una volta disponibili, dovranno essere anche accessibili da parte delle istituzioni Europee al fine di possibili abbinamenti all’interno della stessa Europa nel caso in cui nel Paese di residenza del minore non si trovi una famiglia disponibile all’accoglienza.

“In un momento storico di grande contrazione demografica in diversi Paesi europei – allerta il Presidente di Ai.Bi., Marco Griffini – non è pensabile che l’adozione rimanga un fatto privato delle coppie e dei singoli Paesi membri dell’Unione Europea”. “E’ fondamentale – allerta Griffini – fare in modo che i minori cittadini europei abbiano il maggior numero possibile di chances per trovare una famiglia all’interno del territorio di cittadinanza, dunque in Europa. Occorre una nuova epoca in cui non si parli solo di adozione nazionale e internazionale, ma anche di adozione europea. Per farlo è necessario che tutti i Paesi europei si dotino di banche dati per l’adozione. Da oggi, grazie all'istituzione della nostra Banca Dati, l'Italia ha acquisito il titolo di capofila per questa nuova iniziativa: in tal senso Ai.Bi. è già all’opera per costituire un gruppo di lavoro con le maggiori associazioni europee per la tutela dei diritti dei minori".


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