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Ginevra, al via l’XI edizione del film festival sui diritti umani

Resistenza, coraggio e arte. Queste le parole chiave per descrivere l'anima dell'XI edizione del Festival cinematografico sui diritti umani organizzato dal 2003 a Ginevra. In concorso anche l'italiano di Marco Bellocchio “La bella addormentata”.

di Redazione

Ginevra. Si è svolta venerdì 1 marzo la cerimonia di apertura dell'XI edizione del Festival du film et forum international sur les droits humains (Fifdh) che come ogni anno la città di Ginevra ospita con grande orgoglio e partecipazione. Appuntamento imperdibile per tutti gli attori impegnati nella difesa dei valori umani e dei diritti dell'uomo, il Festival vuole celebrare e onorare quegli "artisti resistenti" che attraverso le loro opere creano un movimento di consapevolezza e indignazione capace di «sconvolgere l'ordine delle cose» – per usare le parole del direttore generale del Fifdh Léo Kaneman.

La manifestazione porta con sé una grande responsabilità: «Protestare contro la politica dei due pesi e due misure imposta dalle ragioni di Stato», come ha dichiarato Kaneman durante la cerimonia di apertura del Festival. «Come giustificare il folgorante intervento in Mali per mettere fine al terrorismo islamico di fronte al vergognoso immobilismo della comunità internazionale davanti ai crimini perpetuati da Bashar-El-Assad? Come spiegare il silenzio internazionale sui crimini del presidente dell'Uzbekistan Islom Karimov, a capo della peggiore dittatura dell'Asia centrale?».

Proprio con l'intento di sollevare questioni ignorate o dimenticate, il Festival si svolge in parallelo al Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu dove siedono, «in silenzio», molti stati complici della violazione dei diritti dell'uomo. «Sin dalla nostra origine ci siamo presentati come una tribuna libera, un forum dove si parla di tutto ciò di cui normalmente non si discute – ha spiegato Kaneman in un'intervista a Geneva cooperation internationale – Noi denunciamo senza indulgenza tutte le violazioni dei diritti umani ovunque esse vengano perpetrate. Allo stesso modo, rappresentiamo un rifugio per gli attivisti, i difensori dei diritti umani e gli artisti che si battono e rischiano la loro vita sul terreno. Noi non rischiamo la nostra vita, ma proviamo a diffondere le loro parole».

Film in concorso e giuria

I film in concorso sono una quarantina, proiettati in anteprima in Svizzera. Tra questi si conta anche una presenza italiana, il lungometraggio di Marco Bellocchio “La bella addormentata”, presentato dall'account ufficiale del Festival (@fifdh) come "uno sguardo su un'Italia addormentata e senza punti di riferimento".

L'attualità è al centro dell'attenzione. Mali, Siria, Tunisia, Afghanistan, America centrale, Russia e Uzbekistan, Israele e Palestina sono i grandi protagonisti.  Ma l'indignazione del Festival contro le violenze e i crimini impuniti raggiunge anche l'India, la Svizzera, la Francia e l'Europa.

All'interno del ricco programma spicca la giornata dell'8 marzo, dedicata interamente alla “questione femminile”: per l'occasione sarà proiettato “Difficult love” di Zanele Muholi, documentario che racconta l'orrore degli stupri collettivi contro le lesbiche in Sudafrica. E sempre sul tema della violenza contro le donne, la star americana Angelina Jolie presenterà  “In the land of blood and honey” – di cui lei stessa è regista – un film sugli stupri sistematici contro le donne durante il conflitto in Bosnia. Tra i documentari in concorso vale invece la pena di citare “Camp 14” di Marc Wiese, un'opera inedita e sconvolgente sui campi di lavoro in Corea del Nord.

Per quel che riguarda la giuria, il grande assente è l'artista e attivista cinese Ai Weiwei, forse la figura più importante della dissidenza cinese, a cui è stato impossibile raggiungere Ginevra perché privato del passaporto. Per tutta la cerimonia di apertura sul palco del Festival è stata presente una sedia vuota in suo onore. A lui è anche dedicata la proiezione “Ai Weiwei: never sorry” di Alison Klayman, a cui seguirà un dibattito incentrato sui principali protagonisti della resistenza cinese.

Malala e Stéphane, insieme sullo stesso palco

Poiché l'edizione 2013 del Festival è dedicata alla resistenza, la cerimonia di apertura è stata l'occasione per omaggiare il diplomatico francese Stéphane Hessel, scomparso il 27 febbraio scorso, che è stato ricordato così: “Ardente difensore dei diritti di tutti i senza voce, di tutti gli indignati, di tutti coloro che si battono nell'ombra affinché i diritti fondamentali siano rispettati (…) Un uomo che interpellava con sincerità il Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu, istituzione che rispettava ma di cui non ha mai smesso di criticare il suo immobilismo”.
Insieme ad Hessel è stata omaggiata anche Malala Yousafzai, la giovanissima attivista pakistana simbolo mondiale della lotta contro l'islamismo radicale e promotrice dell'uguaglianza tra uomini e donne nei paesi musulmani. Lanciando un appello in favore della loro terra violentata dai talebani, la prosperosa valle di Swat in Pakistan, dal palco del Festival il padre di Malala ha dichiarato: «Se io e mia figlia siamo alcuni tra i pochi a parlare di educazione, siamo alcuni tra i molti a soffrire nel nostro paese».
 


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