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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il j’accuse di Zamagni alla cooperazione made in Mae

L'economista si scaglia contro la cooperazione allo sviluppo come politica estera e propone il Sad come "prototipo" di una autentica cooperazione

di Sara De Carli

La cooperazione allo sviluppo non può più essere considerata uno strumento di politica estera e stare in seno al Mae. Il prossimo Governo riconfermi un Ministero dedicato alla Cooperazione ma gli dia, diversamente da quel che è accaduto a Riccardi, le risorse necessarie. E la cooperazione guardi al SAD come modello a cui ispirarsi. 

È stato molto forte Stefano Zamagni nel video con cui sabato 2 marzo ha aperto la seconda giornata del Forum Nazionale sul sostegno a distanza, a Napoli.  Ve lo proponiamo, mettendo in evidenza un passaggio.

 

«Il Sad non è mera filantropia, ma ha a che vedere con le politiche di cooperazione internazionale. Le politiche di cooperazione internaizonale sono nate negli anni 60 e più o meno tutti i Paesi hanno preso l’impegno di destinare una quota parte di risorse ai Paesi in via di sviluppo, per favorire lo sviluppo. L’Italia tanti anni fa si era impegnata a destinare lo 0,7% del suo Pil, che non è mai stato raggiunto. Meglio non dire quanto l’Italia destina oggi, perché c’è da vergognarsi. Ma c’è un altro aspetto: la cooperazione per lo sviluppo è affidata a un dipartimento del Ministero degli Esteri e questo non va bene. Cosa vuol dire, anche dal punto di vista dell’immaginario comune? Considerare la cooperazione allo sviluppo come strumento per fare politica estera, che vuol dire in cambio di questi aiuti ci aspettiamo che il Paese che li riceve reciprochi in qualche modo, in particolare acquistano beni. Questo non va bene, si usano fondi destinati alla solidarietà per fare commercio. Allora meglio dirlo esplicitamente.

Ecco allora il Sad che significato ha: contrastare con i fatti, non nelle parole, questo modo di intendere la solidarietà internazionale. Non scambio ma gratuità, e Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di diffondere la cultura del dono come gratuità. Che non vuol dire che questo non generi effetti positivi anche per il paese Italia, ma non lo condiziona, non scattano meccanismi più o meno velati di ricatto. Per questo dobbiamo affrettare i tempi per far sì che le politiche per la cooperazione non  facciano parte del MAE ma di un Ministero apposito, che abbia però le risorse adeguate. Il Sad è il prototipo, in piccolo, per indicare la via che deve battere chi si vuole occupare seriamente di cooperazione allo sviluppo».


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