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Fondi dal gioco al non profit: è giusto?

Le organizzazioni non profit possono accettare i proventi dell'azzardo, che crea decine di migliaia di malati e rovina intere famiglie? In Canada rispondono di sì, e anzi vogliono di più. Da noi in alcuni casi succede già, ma non tutti sono d'accordo

di Gabriella Meroni

E' giusto che i proventi del gioco d'azzardo vadano a finanziare associazioni non profit? E' accettabile che i soldi sperperati spesso da giocatori patologici vadano a sostenere progetti di solidarietà? E' etico sfruttare la fragilità dei dipendenti da slot machine e casino, seppur per aiutare altre persone fragili? Domanda non facile, cui in Italia alcune organizzazioni rispondono in modo positivo, altre meno.

In paesi come il Canada, per esempio, la risposta è venuta già a partire da fine anni 80, quando furono addirittura le associazioni del terzo settore ad aprire e gestire sale bingo "per famiglie" con la promessa, da parte del governo, di poter trattenere una parte dei proventi. Nel 1999 un memorandum firmato dal governo aveva concesso alle charities ben il 33% dei ricavi  di tutte le sale gioco, casino compresi. Oltre dieci anni dopo il bilancio dell'esperienza canadese non è positivo: non solo il governo non ha mantenuto la promessa, destinando al non profit solo il 10%, ma negli ultimi quattro anni ha perfino utilizzato l'argomento "le sale da gioco fanno del bene" per aumentarne il numero.

Ora l'organizzazione-ombrello che riunisce le maggior organizzazioni del terzo settore canadese non ci sta, e in vista delle elezioni di maggio presenta il conto: il governo deve alza la quota destinata al non profit (che comunque nel 2012 ha ricevuto 1 miliardo di dollari, andato a finanziare 5000 associazioni) o il terzo settore smetterà di fare da "stampella ideologica" al crescere dei casino nel paese.

Una posizione pragmatica, non c'è che dire. E in Italia? Lottomatica, nel 2011, ha destinato 7,2 milioni di euro per sponsorizzazioni nel campo dello sport (2,9 milioni), della cultura (3,3 milioni) e del sociale (999mila euro). Tra i beneficiari compaiono le ong Avsi, Ai.Bi e Amref, a cui sono stati finanziati interventi a favore dei bambini di Paesi del Sud del mondo. Sisal invece sostiene Save the children, con progetti a Roma e Napoli per prevenire l'abbandono della scuola e l'iniziativa "Siamo tutti mamme" contro la mortalità infantile.

La Comunità di Sant'Egidio ha avuto nel 2010 come sponsor la Snai, in occasione di una serata di gala, e nel 2011 Lottomatica ha sostenuto la mostra "Noi, l'Italia", che presentava 150 opere realizzate da persone con disabilità che frequentano i laboratori d'arte di Sant'Egidio. Il gioco del Lotto nel 2011 ha contribuito alle spese del poliambulatorio di Emergency di Palermo. Il mondo dell'azzardo poi si mobilita ogni anno per Telethon: i Monopoli di Stato hanno dato vita al progetto "Il gioco fa rotta sulla ricerca" che negli ultimi otto anni ha raccolto 4 milioni e 400mila euro. Sisal sostiene le campagne a favore della Fondazione Umberto Veronesi, della Fondazione italiana di ricerca per la Sla e della Giornata nazionale per la ricerca sul cancro.

La scelta di alcune associazioni o ong di farsi aiutare dai gestori del gioco d'azzardo rimane però controversa. Slot machine, gratta e vinci e ogni altro tipo di scommessa possono portare le persone alla dipendenza: secondo il Cnr, in Italia ci sono almeno 800mila giocatori d'azzardo patologici e 1,7 milioni sono a rischio di diventarlo. Perdono risparmi, lavoro, casa, legami familiari: un costo per la società che si aggira intorno ai 6 miliardi di euro all'anno. È giusto accettare fondi da un settore che crea questo tipo di "indotto"?

"Queste risorse potrebbero essere utilizzate diversamente -afferma Mariano Bottaccio del Coordinamento nazionale delle comunità d'accoglienza (Cnca) e promotore, insieme ad altre organizzazioni, della campagna Mettiamoci in gioco contro i rischi dell'azzardo. "Noi chiediamo che per legge una parte dei proventi sia utilizzato per la prevenzione e per la cura della dipendenza dal gioco d'azzardo". Da ottobre, grazie al decreto Balduzzi, la ludopatia è considerata una malattia vera e propria, ma per le Asl non ci sono fondi in più per curare chi ne è affetto.

Altre fonti: Terre di mezzo


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