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C’è la crisi: gli invalidi sono meno invalidi

Dal 2010 ad oggi, anno dopo anno, l’Instituto Nacional de Seguridad Social, senza analizzare i referti ha pesantemente ridotto i gradi di invalidità dei disabili con una taglio alle prestazioni che arriva al 90%

di Emanuela Borzacchiello

Otto operazioni solo nel 2012, circa trenta in 42 anni di vita. Operazioni per cercare di limitare i danni di un’infezione cronica, l’osteomyelitis, che non le ha dato tregua e che la obbliga a vivere su una sedia a rotelle. Dolores (in foto) resiste. E da quest’anno oltre a resistere contro la malattia, deve lottare contro i tagli, la crisi economica e, soprattutto, contro l’Instituto Nacional de la Seguridad Social spagnolo. Con la sua sedia a rotelle è scesa in piazza, si è legata davanti alla sede principale della Comunità autonoma di Valencia e, a marzo, ha iniziato uno sciopero della fame.

Non è una battaglia da poco, ma a Dolores non fa paura: “quello che deve farci paura sono le modalità con cui stanno riorganizzando le politiche di appoggio alle persone con disabilità. Tagli a parte, stanno cambiando il sistema sanitario”. E un punto di partenza efficace per cambiare il sistema è modificare le prestazioni e la qualità dei servizi: “La mia invalidità è stata diagnosticata dai medici come totale”. Ma in uno Stato in crisi a volte succede che i referti medici siano differenti dalle decisioni che l’assistenza sanitaria mette in campo per tutelare i diritti dei disabili: “dal 2010 ad oggi, anno dopo anno, l’Instituto Nacional de Seguridad Social, senza rivedere il mio caso o analizzare i referti, ha ridotto fino al 54% il mio grado di invalidità, che prima era totale”. La riduzione del grado di disabilità è inversamente proporzionale alla riduzione di prestazioni mediche gratuite e di servizi di cui si ha bisogno. “non mi hanno solo tagliato le prestazioni mediche a cui avevo diritto, ma mi hanno derogato la gratuità delle prestazioni farmaceutiche”. In totale: meno sovvenzioni, meno prestazioni mediche, meno farmaci e più giorni di sciopero della fame.

Tutto è appeso a un filo, quello legato alla Ley de Dependencia (Legge di dipendenza) che regola aiuti e finanziamenti per le persone disabili. Oggi questo filo è diventato sempre più sottile e rischia di spezzarsi. Nella comunità autonoma catalana, quella in cui vive Dolores, dall’inizio della crisi economica le prestazioni a persone con disabilità sono state ridotte da un minimo del 15% a un massimo del 90%: l’indice di riferimento per la concessione di sovvenzioni statali è di 530 euro mensili. Le misure che stanno assottigliando sempre più quel filo vedono in primo piano la decisione di rivedere, restringendoli, i criteri che stabiliscono i gradi di invalidità. Infine: introduzione anche per le persone disabili del ticket farmaceutico.

“Se non ti riducono le prestazioni, giocano sui gradi di invalidità, quindi il paradosso è che ufficialmente lo Stato continua a darti tutto quello di cui hai bisogno”. Dolores ha iniziato a marzo uno sciopero della fame che ha dovuto interrompere ad inizio di aprile per gravi complicazioni. I medici che l’appoggiano e che hanno seguito il suo caso, l’hanno convinta ad interrompere, però ora: “ho bisogno della forza di tutti per continuare ad esercitare pressione sul governo. Non voglio far notizia, semplicemente chiedere giustizia non solo per me, ma per le persone con disabilità”

Se alcuni fili si assottigliano, altri nodi si stringono e rafforzano. In epoca di crisi economica, in difesa dei diritti dei disabili si stanno moltiplicando le iniziative delle organizzazioni già esistenti, mentre ne nascono di nuove. A marzo è nata Viscoval, Asociacion para la Vida indipendiente de la comunitat valenciana, che promuove la partecipazione attiva delle persone con disabilità nella vita pubblica. Poi la Plataforma (insieme i organizzazioni) in difesa della Ley de Dipendencia, nata per cancellare dalla legge l’introduzione del ticket anche per le persone disabili.
 


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