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Fabrizio Sammarco, l’innovatore di Italia Camp

È uno dei cento talenti che stanno cambiando l'Italia. A cui Vita magazine ha dedicato il servizio di copertina del numero in edicola: «Alle imprese non chiediamo soldi, ma diciamo “venite ad ascoltare. Se ascolterete, investirete».

di Sara De Carli

Fabrizio Sammarco, presidente dell'associazione Italia Camp, è uno dei 100 talenti under 35 selezionati dalla nostra redazione per il servizio di copertina del numero in edicola di maggio in edicola da oggi. L'intervista


Il loro successo più clamoroso è la Srl a un euro, con le 6mila imprese aperte in questi pochi mesi da altrettanti under35. Quell’idea era fra le dieci selezionate nella prima edizione di ItaliaCamp, la “chiamata” a cambiare l’Italia presentando “la tua idea per il Paese”. Non una «business competition», sottolinea Fabrizio Sammarco, presidente dell’Associazione Italia Camp, ma una «social collaboration». Sammarco, laurea alla Luiss e Intellectual property manager per Poste italiane, sta per compiere 32 anni. Il BarCamp l’ha portato in Italia lui, insieme a un gruppetto di amici. «L’abbiamo visto in America e ci è sembrata una bella provocazione», racconta. Quei venti ragazzi che si trovavano alle 20 negli scantinati della Luiss, in pochissimo tempo convinsero personaggi come Gianni Letta (allora alla Presidenza del Consiglio) e Antonio Catricalà (allora presidente dell’Antitrust), conquistati dal BarCamp che nel novembre 2009 portò alla Luiss mille giovani pieni di idee.

Perché ci tiene a dire che non è una competion?
Perché siamo vittime del concetto di competizione. Il sistema Paese, in questa fase, più che di competizione ha bisogno di collaborazione. Chi innova compete, chi innova socialmente collabora, non può non avereun approccio inclusivo. Poi le buone idee si premiano da sole, tant’è che il primo anno abbiamo portato a finanziamento 20 milioni di euro.

Però è un concorso di idee…
Certo, ma ha invertito tutte le logiche della business competition. ItaliaCamp non dà un premio in denaro, in palio c’è la realizzazione del progetto. All’inizio ci prendevano per pazzi, ci dicevano “scrivetelo nel regolamento”: ma qualsiasi cosa sarebbe stata una limitazione. Prendiamo la srl a un euro: cosa avremmo dovuto scrivere? “Se la tua idea è buona, diventerà legge”? Impossibile. Però è successo. La seconda caratteristica è che alle imprese non chiediamo soldi, ma diciamo “venite ad ascoltare. Se ascolterete, investirete”.

Che è il nodo decisivo: come finanziare i giovani innovativi e le loro idee, visto che in Italia il venture capitalism è così marginale?
Noi stiamo percorrendo tre strade. La prima venture corporate: noi presentiamo i progetti alle imprese del nostro Paese, che hanno fondi destinati alla ricerca e all’innovazione…PER CONTINUARE A LEGGERE L'INTERVISTA VAI IN EDICOLA O CLICCA QUI


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