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Sanità & Ricerca

Il diritto alla salute? Dipende dalla regione in cui vivi

Ormai al nostro servizio sanitario è rimasto ben poco di universalistico. Come dimostra l'indagine di Cittadinanzattiva. E intanto in Campania c'è chi vieta di curarsi fuori Regione. Con buona pace della direttiva europea

di Francesco Agresti

Un servizio sanitario indebolito a vantaggio delle strutture private. Il diritto alla salute più o meno garantito secondo la regione in cui si vive. Di universalistico al nostra sistema sanitario nazionale pubblico resta solo il nome, o poco più.

E’ il quadro che emerge dal Rapporto 2012 dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva presentato questa mattina a Roma.

Il Rapporto 2012 fa il punto su alcune aree tematiche: percorso materno-infantile, procreazione medicalmente assistita, prevenzione e vaccini, rete oncologica, assistenza territoriale, assistenza farmaceutica e un focus sul livello di trasparenza delle nostre regioni, approfondendo il tema del federalismo sanitario mettendo insieme il punto di vista del cittadino come utente finale del servizio con l’insieme dei dati di natura istituzionale e tecnica.


“Il Rapporto 2012 – ha sottolineato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva ci restituisce l’immagine di un federalismo al capolinea, che ha indotto le regioni a restringere i diritti, impoverito il servizio sanitario pubblico a vantaggio del privato e stremato i cittadini, creando differenze territoriali senza precedenti. E mentre la direttiva europea approvata nel 2011 stabilisce che i cittadini della UE possono scegliere liberamente in quale stato curarsi, assistiamo nel nostro Paese a disparità di trattamento dei cittadini a seconda della regione di residenza e, addirittura, alla delibera con il cui il subcommissario campano alla sanità vieta di fatto ai propri residenti di curarsi fuori dal proprio territorio. Un tentativo anacronistico e anticostituzionale”.

Qui potete trovare una sintesi dei dati per ciascuna area
 


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