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Ledha chiede la chiusura dei Magazzini Generali

All'origine del caso una giovane in carrozzina elettrica che avrebbe dovuto assistere a un concerto: unico modo per accedervi essere sollevata a braccia. Di qui l'istanza al Comune di Milano per chiedere la chiusura del locale

di Redazione

L’accessibilità non sono un paio di braccia, per quanto robuste di un buttafuori, capace di sollevare di peso una carrozzina o direttamente una persona non in grado di superare una rampa di scale.
Perché un luogo sia veramente accessibile una persona con disabilità deve poterci accedere liberamente. Ed è quello che non è avvenuto ai “Magazzini Generali” – noto locale milanese – secondo quanto la denuncia della Ledha (Lega per per i diritti delle persone con disabilità), che ha presentato un'istanza al Comune di Milano per chiedere la chiusura temporanea dei "Magazzini generali" in base a quanto previsto dalla legge 104 del 1992.

Protagonista della vicenda F.C., residente in provincia di Bergamo che – ricorda una nota della Ledha – nelle scorse settimane aveva acquistato tramite la società "Vivo Concerti srl" il biglietto per assistere a un concerto in programma nel locale milanese il 18 marzo scorso. F.C., che si sposta su una carrozzina elettrica, aveva scritto diverse mail per informarsi sull'accessibilità del locale. Ricevute risposte positive dalla società che organizzava l'evento ha organizzato il viaggio a Milano. Una volta arrivata nel locale, però, l'amara sorpresa: una rampa di scale le ha impedito l'accesso al piano rialzato dei "Magazzini Generali" dove si sarebbe svolto il concerto. "L'accessibilità" garantita dai titolari del locale era in realtà affidata un robusto buttafuori che avrebbe dovuto sollevare la carrozzina a forza di braccia. Soluzione che però non è stato possibile applicare perché la carrozzina elettrica di F.C. è particolarmente pesante.

«La richiesta di chiusura del locale – si legge nell'istanza redatta dall'avvocato Gaetano De Luca del Servizio Legale LEDHA – trova le sue ragioni anche nel fatto che il titolare dei Magazzini Generali ha assunto una posizione intransigente, ritenendo che l'attuale sistema di accessibilità consenta di scongiurare l'addebito di condotte discriminanti». La richiesta di sanzione amministrativa presentata da Ledha, infatti, arriva a qualche settimana di distanza dall'episodio contestato: si è voluto lasciare un certo lasso di tempo alle società coinvolte per metterle nelle condizioni di risolvere in problema. Ma questo non è mai avvenuto: per il titolare dei "Magazzini Generali", l'attuale sistema di accessibilità è più che sufficiente. È invece evidente che la prassi di sollevare a braccia la carrozzina, oltre che pericolosa, sia un sistema completamente inadeguato a garantire un eguale trattamento tra persone con disabilità e il resto degli spettatori.

«La situazione in cui si è venuta a trovare la ragazza costituisce una inaccettabile discriminazione, vietata e sanzionata civilmente dalla normativa antidiscriminatoria italiana (legge 67/2006)», commenta l'avvocato Gaetano De Luca. Al centro dell'azione legale promossa da Ledha ci sono sia "Vivo Concerti srl", ritenuta civilmente responsabile in quanto organizzatore e promotore dell'evento culturale, sia i "Magazzini Generali srl" che dovrà invece rispondere della discriminazione da un punto di vista amministrativo, rischiando anche la chiusura.
«Occorre peraltro riconoscere la grande differenza di atteggiamento tra le due società. Mentre Magazzini Generali S..r.l. ha respinto fermamente qualsiasi addebito sostenendo di non aver tenuto alcuna condotta discriminatoria, Vivo S.r.l. ha invece ammesso e riconosciuto la propria responsabilità offrendo la propria disponibilità a risarcire i danni subiti dalla ragazza. È evidente che solo un adeguato risarcimento del danno che tenga conto del disagio e umiliazione subita e d in generale della lesione alla dignità personale potrà scongiurare il ricorso al Tribunale di Milano per vedere accertata e dichiarata la discriminazione».

Secondo il presidente di Ledha, Fulvio Santagostini: «Il raggiungimento di una piena accessibilità e fruibilità della nostra città, come della maggior parte delle altre città italiane, è ancora tortuosa e piena di ostacoli. Il Comune di Milano dovrebbe stabilire una certificazione di accessibilità per ogni licenza pubblica, per ogni nuova costruzione e per i lavori sull'arredo urbano». È importante, sottolinea infine Santagostini, cambiare punto di vista: «Anche a livello politico si continua a ragionare in termini di barriere architettoniche da abbattere, e non sul diritto all'accessibilità e alla fruibilità universale».
 


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