Cooperazione & Relazioni internazionali

Prima di adottarti, facciamo una vacanza insieme

AiBi porta per la prima volta in Italia le "vacanze preadottive": tre settimane di conoscenza reciproca tra coppie e bambini grandi degli istituti della Colombia.

di Sara De Carli

«Stiamo ancora aspettando l’autorizzazione della Cai, ma sì, glielo confermo, stiamo per partire con le “vacanze preadottive” per bambini grandi, provenienti dalla Colombia». Marco Griffini, presidente di AiBi, accetta così di parlare di una novità assoluta nel panorama italiano delle adozioni internazionali, che farà molto discutere. Partiranno solo due enti, AiBi e La Maloca. Sul versante colombiano tutto è pronto e la recente nomina di Adriana Maria Gonzàlez Maxcyclak a direttrice generale dell’Instituto Colombiano de Bienestar Familiar (ICBF), l’ente centrale per le adozioni della Colombia, di certo «darà ulteriore forza al progetto, visto che lei è stata la maggior sostenitrice di questo approccio», spiega Griffini. A fine maggio peraltro ci sarà un incontro a Bogotà con tutte le autorità centrali per le adozioni, per fare il punto sul paese Colombia.

Le “Vacaciones en el extranjero” sono vere e proprie vacanze che bambini adottabili grandi (sopra i 9 anni) potranno passare in Italia o in Colombia insieme a una coppia che ha già in mano l’idoneità all’adozione. Bambini e coppia si conoscono, si annusano, provano a vivere insieme come una famiglia per due o tre settimane e poi,  se tutti sono convinti, se si crea empatia, la cosa si trasforma in una vera adozione. «È un periodo di conoscenza offerto alle coppie.  Quando si fa un’adozione nazionale è previsto un periodo di affiancamento, soprattutto se il bambino è grandicello. Si tratta di trasportare la stessa cosa all’adozione internazionale», spiega Griffini. La Colombia ha avviato queste “vacaciones en el extranjero” nel 2003, con soli tre Paesi: Stati Uniti, Francia e Germania (quest’ultimo paese in realtà le ha sospese). «Solo verso gli Stati Uniti fra il 2003 e il 2012 hanno partecipato al programma 432 bambini colombiani, di cui il 76% è stato adottato», spiega Griffini. «È una nuova metodologia per affrontare il problema dei bambini grandi, che – non nascondiamocelo – fanno fatica a trovare una famiglia disponibile ad accoglierli definitivamente e comunque sono adozioni più difficile di altre, per cui c’è bisogno di pensare a un supporto aggiuntivo. Dobbiamo essere realisti, la questione c’è: c’è chi ci piange sopra, chi ha deciso che è meglio che questi bambini restino in istituto, e chi prova nuove strade».

L’idea è nuova e anche un po’ spiazzante. Per chi la critica (l’Italia, storicamente, sulla proposta ha messo in campo molte resistenze) è una sorta di “messa in prova” del bambino, che inevitabilmente partirà per la vacanza cullando il sogno di trovare una famiglia e che, di fronte a un nuovo rifiuto, potrebbe uscirne devastato. «Perché deve essere l’ennesimo rifiuto? Magari è la sua prima possibilità. Ovviamente i bambini vengono preparati dall’ICBF, con molta serietà. Al programma partecipano solo famiglie con idoneità e si gioca “ad armi pari”: può essere anche che il bambino rifiuti di restare in quella famiglia. Dobbiamo essere molto realisti: qui siamo di fronte a un male, quello dell’abbandono, e dobbiamo fare di tutto per risolverlo. Noi abbiamo tantissimi ragazzini sopra gli 8 anni che nessuno ci chiede. La possibilità di conoscersi prima di dire un sì definitivo tranquillizzerebbe molte coppie, che non avendo un figlio non sanno cosa significhi e si trovano in difficoltà a pensarsi di punto in bianco genitori di un bambino di 10 anni: conoscendosi, avendolo per casa, molte paure verrebbero meno. Vuole chiamarlo esperimento? Lo chiami come vuole, secondo me è qualcosa che cambierà il modo di pensare l’adozione dei bambini grandi. Io sono così convinto della bontà di questa idea che la renderei obbligatoria a tutti quelli che adottano un bambino grande».

Griffini immagina già che anche in altri paesi il programma sarebbe utile, ad esempio con l’Ucraina e la Bulgaria: «eravamo in Cina, settimana scorsa, e ho scoperto che anche loro hanno un programma analogo di vacanze preadottive attivo con gli Usa. Sarebbe interessante capire come funziona e se si potrebbe replicare anche in Italia».

 


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