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Cooperazione & Relazioni internazionali

Portogallo, sono finiti anche i soldi per gli scrutini

Una settimana a Lisbona per raccontare come si vive in un Paese in ginocchio e come si prova a rinascere. Per tre mercoledì Emanuela Borzacchiello anticiperà sul sito il sorprendente reportage che troverete in edicola sul numero di luglio

di Emanuela Borzacchiello

La fine dell’anno scolastico è vicina, ma non tutti gli studenti potranno conoscere i loro voti. Gli insegnanti sono in sciopero indefinito. Uno sciopero a singhiozzo, per cui l’attività scolastica va’ avanti ma non nella sua complessità. Una scuola a bassa intensità, con servizi minimi garantiti: gli studenti potranno essere respinti o approvati, ma senza conoscere i loro voti: “Non ci sono più soldi per pagare gli scutrini, le assemblee dei professori, per non parlare delle attività extrascolastiche, da due anni solo un miraggio”, Adelino Calado, dirigente de la Associação Nacional de Directores de Agrupamentos e Escolas Públicas, ci descrive così gli utlimi giorni di scuola degli studenti portoghesi. “Quando ero studente avevo paura di conoscere i risultati, ma in quella paura si cresceva. Crescevano le aspirazioni quando capivi che la filosofia era il tuo mestiere e ti affezzionavi anche all’insufficienza in matematica, a cui sapevi sarebbero seguite urla e grida in casa. Ora tutta questa parte di storia personale non ci sarà più per un giovane portoghese. Il non poter più scattare questa fotografia durante l’adolescenza è un vuoto, una perdita”.

Questa la prima istantanea di un paese il cui ritratto irreversibilmente cambia. La spesa pubblica per l'istruzione è scesa al 4% del PIL tra il 2011 e il 2012 (l'anno prima era all8,5%), mentre quella per la sanità è calata fino al 6,3% (dal 9,8%). La giustizia viaggia lungo percentuali sconcertanti: i tribunali continuano ad essere congestionati con cause pendenti (1.728.345 quelle registrate nel 2012). Numeri che raccontano storie. Grafici che disegnano geografie. Numeri e grafici compongono il ritratto di un paese: il “Ritratto del Portogallo”, elaborato per il terzo anno consecutivo dalla Fundação Manuel Francisco dos Santos – la versione portoghese del nostro rapporto Istat – analizza le trasformazioni che interessano economia e società. E la nuova geografia in cui vive il Portogallo nel 2013 appare sconcertante.

Una nuova geografia segnata da due direttrici che attraversano i differenti campi del vivere quotidiano e che danno sostanza e forma al Ritratto: deprivazione materiale e disagio economico.

“Al centro di Lisbona vedo camminare solo turisti e persone anziane. Ho 25 anni e una laurea in economia. Davanti due possibilità: rimanere a Lisbona e lavorare in un ristorante o emigrare”, Ana lavora come cameriera nella capitale portoghese, ma ha già in tasca un visto per il Canada e in testa nessuna voglia di partire: “quando trasferirsi non è più una scelta, il desiderio di conoscere ed esplorare cambia in costrizione”. I dati della Fundação Manuel Francisco dos Santos 2011 descrivono un paese afflitto dalla crisi. Accanto alla crescita della disoccupazione – al 17,3%, il lavoro part-time impiega la maggiornaza della popolazione (era appena al 14,3% nel 2012). I pre pensionamenti hanno raggiunto nel 2012 il livello più alto della storia portoghese: oltre 175 mila. Il numero complessivo dei beneficiari della cassa integrazione è arrivato a 398.000 mila: “e qui si ferma, perchè il governo non ha più risorse da destinare alla disoccupazione”, ci conferma Barbara Reis, direttrice del giornale Pubblico, tra i più letti del paese.

“Mia moglie è in cassa integrazione, io dopo due anni non ho più diritto neanche a questa. Due figli adolescenti e il dovere di inventarsi qualcosa di nuovo ogni giorno per la sopravvivenza”, Luis vive nella periferia sud di Lisbona, prima era ingegnere informatico, oggi aspirante free lance in “qualsiasi cosa possa apportare un minimo di reddito alla mia famiglia”. Il “Ritratto del Portogallo” della Fundação, visibilizza la diminuzione del reddito medio delle famiglie e l’impossibilità di ricevere prestiti bancari sia famiglie che imprese nel 2012. Mentre un segno positivo lo raggiungono solo le rimesse dei migranti: più di 2,2 milioni dello scorso anno. Storie di altri tempi e ritratti di una lacerante crisi contemporanea.
 


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