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Meno salute per tutti

Presentato oggi il XVI Rapporto nazionale PIT Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Si basa sulle oltre 27mila segnalazioni giunte nel corso del 2012 alle sedi locali del Tribunale per i diritti del malato

di Redazione

Presentato il XVI Rapporto nazionale PIT Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, dal titolo “Meno sanità per tutti. La riforma strisciante”.


Il titolo del Rapporto nasce dalla constatazione che, se fino a ieri il cittadino si rassegnava alla necessità di pagare per sopperire ad un servizio sanitario carente, sospeso o intempestivo, oggi rinuncia a curarsi o ritarda fino al momento in cui non può più farne a meno.

L’assistenza socio-sanitaria nel nostro paese vive una costante riduzione degli stanziamenti. Siamo di fronte a una politica basata essenzialmente sul taglio della spesa pubblica, in particolare di quella finalizzata a sostenere la fascia di popolazione che versa in condizioni di maggiore bisogno. Le politiche economiche, sociali e sanitarie messe in atto in questo periodo stanno di fatto disegnando un vero e proprio smantellamento del nostro sistema di welfare, con particolare riguardo ai servizi di carattere sanitario e sociale.

I continui tagli lineari che ridimensionano i servizi e ne abbassano la qualità, l’aumento del peso del ticket e della tassazione, le maggiori attese per ottenere le prestazioni mettono a rischio l’accesso alle cure da parte dei cittadini e generano iniquità, soprattutto per i più anziani e per chi già soffre una condizione socio-economica di difficoltà.

I cittadini ormai hanno imparato sulla loro pelle cosa viene spacciato per spending review, rigore dei conti, tagli lineari, e conoscono l’inadeguatezza dello stato nel saper individuare soluzioni eque e risolutrici. Appaiono schiacciati dal peso di tasse e balzelli vari, e la loro salute è messa seriamente a rischio da un sistema sanitario nazionale diventato inaccessibile, oneroso e distante dalle loro esigenze.

Circa il 12% delle segnalazioni giunte al PiT Salute, nel corso del 2012, riguarda i costi a carico dei cittadini per accedere ad alcune prestazioni sanitarie. La situazione economica ha assunto nel nostro paese una gravità parti- colare a causa della mancata individuazione di misure di rilancio e di spinte all’innovazione e alla crescita.

I cittadini, oggi più di ieri, si trovano alle prese con la precarietà del lavoro, la disoccupazione, l’aumento delle tasse, tutti elementi che impediscono la possibilità di acquistare quei servizi e quelle prestazioni sanitarie che lo stato non è più in grado di erogare. Se ieri il cittadino si rassegnava alla necessità di pagare per sopperire a un servizio ca-rente, sospeso o intempestivo, oggi vi rinuncia.

Abbiamo voluto mettere insieme le segnalazioni che avevano ad oggetto il maggior peso dei costi per accedere alle prestazioni sanitarie e ai servizi e per acquistare farmaci ed ausili.

L’accesso ai farmaci appare l’ambito maggiormente gravoso in termini economici ed è stato segnalato dai cittadini nel 25,7% dei casi. Per quanto riguarda i farmaci in fascia A i cittadini sono costretti a pagare una differenza di prezzo maggiore tra il generico e il griffato. I pazienti, in particolare quelli affetti da patologia cronica e rara, devono pagare di tasca propria farmaci in fascia C, arrivando a spendere in media all’anno 1127 euro1, o parafarmaci (1297 euro annui), nonostante siano per loro indispensabili e insostituibili, e ne debbano fare uso per tutta la vita.

I costi per le prestazioni in intramoenia (24,4%) appaiono allo stesso modo eccessivi per i cittadini, costretti tuttavia a sostenerli per poter rispondere tempestivamente ai bisogni di cura che il servizio pubblico non è in grado di soddisfare.

Il peso dei ticket sulla diagnostica e la specialistica (16,3%) è il terzo settore segnalato dai cittadini come eccessivamente gravoso dal punto di vista economico e sta diventando un vero e proprio ostacolo alle cure. Dalla fotografia scattata dal Censis in occasione del Welfare Day, infatti, oltre 9 milioni di italiani hanno denunciato che non possono accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per mancanza di soldi. Di questi più di 2 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli e 4 milioni risiedono nel Sud del Paese. Inoltre uno studio di Agenas, nell’ambito del progetto Remolet (Rete di monitoraggio dei livelli essenziali tempestiva), mostra un’evidente diminuzione, dell’8,5%, delle prestazioni erogate a carico del Ssn: la diminuzione è distribuita su tutte le aree, ma più marcata per gli esami di laboratorio. Nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per reddito né per patologie (che corrisponde alla metà circa di coloro che fanno ricorso alle prestazioni specialistiche), il dato ha raggiunto il 17,2%. Questo dato suggerisce che una parte di cittadini, visti i maggiori costi delle prestazioni del Ssn, ha deciso di non richiederle o di rinunciarvi del tutto o di acquistarle dalle strutture private (o in intramoenia).

Segue nell'ordine la mobilità sanitaria (9,9%) in cui sono condensate le segnalazioni che riguardano la difficoltà di anticipare le spese di viaggio e alloggio, la burocrazia e i ritardi per ricevere i rimborsi da parte delle ASL e l’autorizzazione per accedere alle cure all’estero o fuori regione.

Se poi in una famiglia è presente un invalido o un anziano c’è davvero di che preoccuparsi: strutture residenziali dai costi esorbitanti (7,6%), per le quali i cittadini arrivano a pagare in media all’anno 13.946 euro2. Gli assegni di cura eliminati o inesistenti e l’insufficiente assistenza domiciliare costringono le famiglie a rivolgersi a badanti privati, determinando un ag- gravio di costi notevole che arriva in media a circa 8.488 euro annui3. Per quanto riguarda l’assistenza protesica ed integrativa (6,9%), i cittadini sono costretti a pagare in media fino a 944 euro annui4 per avere prodotti di qualità o in quantità accettabili.

Oggi i cittadini non hanno accesso gratuito a dispositivi innovativi, personalizzati e di qualità, se non pagando di tasca propria cifre davvero elevate. Se guardiamo alle persone con stomia ad esempio, esse sono costrette a utilizzare dispositivi di qualità davvero carente, con pesanti ricadute sullo stato di salute, sulla qualità della vita, senza considerare i costi aggiuntivi che ne derivano per il SSN.

Questo breve approfondimento presenta un quadro molto allarmante dello stato dei servizi sociosanitari nel nostro Paese, effetto della profonda crisi del nostro sistema di welfare e ci dà la chiara percezione del senso di affanno e sfiducia vissuto dai cittadini.

Misure in campo sanitario per gli anni 2012-2015 introdotte dalla spending review5:

  • Riduzione delle risorse a disposizione del FSN pari a 900 milioni di euro per il 2012, 1.800 milioni di euro per il 2013, 2.000 milioni di euro per il 2014, 2.100 milioni di euro a decorrere dal 2015, per un totale di riduzioni complessive per gli anni 2012-2015 pari a 6,8 miliardi di euro. Tali riduzioni vanno a sommarsi agli ulteriori tagli approvati dal precedente governo pari a circa 8 miliardi di euro.
  • Possibilità per le regioni in regime di piano di rientro di aumentare l’addizionale irpef dallo 0,5% sino all’1,1% a partire dal 2013, con un anno di anticipo rispetto a quanto precedentemente previsto. – Rideterminazione del tetto programmato di spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale per l’anno 2012: si passa dal 13,3% del FSN al 13,1%.
  • Il tetto complessivo per l’assistenza farmaceutica passa dal 15,7% al 15,5%. – Rideterminazione del tetto programmato di spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale dal 2013 e fissato all’11,35% del FSN.
  • Rideterminazione del tetto programmato di spesa per l’assistenza farmaceutica ospedaliera a decorrere dal 2013 e fissato al 3,5% del FSN. Il tetto complessivo per l’assistenza farmaceutica passa dal 15,5% del 2012 al 14,85% del 2013.
  • Rideterminazione del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici per l’anno 2013 al 4,9% del FSN e, a decorrere dal 2014, al 4,8% del FSN.
  • Riduzione del 5% della spesa per beni e servizi relativa al 2012, esclusi i farmaci.
  • Riduzione dello standard di posti letto da 4 a 3,7 per mille abitanti (comprensivi di 0,7 posti letto per lungodegenze e riabilitazioni), con riduzione del tasso di ospedalizzazione da 180 a 160 per mille abitanti.
  • Proroga al 2015 dell’obiettivo di contenimento della spesa complessiva di personale previsto dalla legislazione vigente per gli anni 2012-2014 (spesa del 2014 diminuita dell’1,4% al netto dei rinnovi contrattuali).
  • Approvazione del patto per la salute 2013-2015 entro il 15 novembre 2012.

Anche la Legge di stabilità 2013 va a incidere ulteriormente e piuttosto pesantemente sulla dotazione del FSN per gli anni 2013-2015. In particolare è prevista una riduzione di stanziamenti pari a 600 milioni di euro nel 2013, 1.000 milioni di euro nel 2014 e 1.000 milioni di euro nel 2015. L’ammontare complessivo delle riduzioni di stanziamenti per il Fondo Sanitario Nazionale per gli anni 2012-2015, considerando anche le misure del Governo Berlusconi, è pari a 35.138 milioni di euro.

L’entità delle riduzioni è talmente elevata che nel 2013 l’ammontare del FSN (106.824 milioni di euro) è inferiore in valori assoluti a quello del 2012 (107.880), non riuscendo a coprire neanche l’inflazione. Nel 2014 il FSN è superiore in valore assoluti a quello del 2013, ma comunque inferiore a quello del 2012.


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