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Così ci occupiamo del lavoro di 120 giovani

Per la prima volta quattro fondazioni si sono unite per combattere la disoccupazione giovanile. Hanno messo sul piatto 600mila euro e un lavoro di rete. Funzionerà? Da imprenditore, Goffredo Modena scommette di sì: «le nostre aziende hanno bisogno soprattutto di trovare nuove strade»

di Sara De Carli

La notizia sta facendo rumore: 600mila euro messi sul piatto per finanziare a fondo perduto l’avvio al lavoro di 120 giovani. Il bando “Occupiamoci!” (la scadenza è il 31 ottobre) è promosso da quattro fondazioni: Fondazione “aiutare i bambini”, Fondazione San Zeno, Fondazione UMANA MENTE e UniCredit Foundation. Per l’ingegnere Goffredo Modena, una vita da imprenditore, oggi presidente di Aiutare i Bambini, «è facile capire che l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è una di quelle aree fragili, in cui è oggi necessario impegnarsi. Così ci siamo detti “perché non facciamo qualcosa?”».

I dati sui neet e sulla disoccupazione giovanile sono noti, certo. Ma è davvero così semplice passare dall’amarezza dei dati a dire “facciamo qualcosa”?
Personalmente conosco bene le difficoltà che incontrano i giovani nell’entrare nel mondo del lavoro e anche poi come sono i giovani al lavoro. Per noi come Fondazione le decisioni sono semplici: vediamo il bisogno e cerchiamo di impegnarci concretamente, per quello che possiamo fare. Accompagnare 120 ragazzi al lavoro non risolverà il problema della disoccupazione giovanile, ma sono 120 persone con una faccia e un nome, 120 ragazzi reali. Di certo Aiutare i Bambini da sola non avrebbe potuto porsi questo obiettivo, il bello di un progetto congiunto è proprio l’impatto che possiamo avere e il nome che abbiamo scelto per il bando, “Occupiamoci!” dice proprio del desiderio di noi fondazioni di interessarci, occuparci di questi giovani e dei loro problemi.  

Letto dall’altra parte però, dalla parte dei giovani, è però anche un invito, una sveglia a mettersi in gioco…
Sì, c’è l’idea di darsi una mossa, però non con un intento provocatorio. Io vedo che i ragazzi fanno già una fatica grandissima con il lavoro e vedo la loro grande disponibilità ad adattarsi.

Che tipo di riscontro state avendo, dieci giorni dopo la pubblicazione del bando?
Per la presentazione dei progetti c’è ancora molto tempo, ma già abbiamo più di 200 contatti da parte di enti, anche se al momento solo come anagrafica.

Di che cosa beneficeranno esattamente questi 120 giovani?
Una parte dei fondi, 240mila euro, è dedicata a tirocini formativi per 70 giovani, con una borsa di 300 euro al mese. Gli altri 50 giovani, grazie a un finanziamento complessivo di 360mila euro, saranno impegnati in progetti di imprenditoria sociale che favoriscono l’occupazione giovanile.

Da imprenditore, perché è convinto che possa servire?
Io non so per quanti di questi 120 ragazzi questa opportunità si trasformerà in un lavoro stabile. Però so che le nostre aziende spesso non hanno bisogno tanto di risorse economiche quanto di un riposizionamento strategico, di trovare strade nuove. È capitato più di una volta che da iniziative come questa poi nascessero sguardi diversi, intuizioni, innovazioni.

Aiutare i Bambini già da qualche anno lavora sul fronte dell’occupazione giovanile con la campagna “Giovani al Lavoro”. Cosa c’è di nuovo in questo bando?
Il fatto che non si tratta di una iniziativa di Aiutare i Bambini ma di un bando di quattro fondazioni, coinvolte in maniera paritetica. Tutti e quattro in passato avevamo già lavorato in questo ambito, a diverso titolo:  questo bando però è stato scritto a otto mani e anche nella valutazione finale decideremo insieme quali progetti sostenere e con quali risorse. Aiutare i bambini, certo, avrà un compito operativo. È nuova quindi anche la gestione di una rete di fondazioni, con culture diverse che lavorano insieme.

Per Fondazione Aiutare i Bambini non si tratta di una novità assoluta, però…
Da tre anni la filosofia di Aiutare i Bambini è questa: dei tanti progetti che valutiamo, alcuni li sottoponiamo ad altre fondazioni. Noi ci mettiamo il 50% delle risorse e l’operatività, la fondazione partner mette la rimanente metà delle risorse. È un modello che sta funzionando. Il caso di “Occupiamoci!” però è molto diverso, qui siamo quattro fondazioni parimenti coinvolte. A cui si aggiunge anche il contributo di Adecco, i cui avvocati hanno rivisto gratuitamente il bando.

Aiutare i Bambini sta rafforzando il proprio impegno in Italia. Perché?
Destiniamo all’Italia il 40% delle risorse e abbiamo intenzione di crescere ancora, arrivando gradualmente al 50%. È giusto, in un momento di difficoltà economica e sociale. Ma non dimentichiamo che anche nel resto mondo tanti bambini hanno bisogno di un aiuto.

 


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