Welfare & Lavoro

All inlcusive non vuol dire inclusivo

A 5 anni dalla Convenzione Onu nei servizi per disabili poco è cambiato. Continuano ad essere «autostrade senza uscite», in cui la persona con disabilità trova tanti servizi ma non l'inclusione. Una ricerca Anffas ha elaborato le prime linee guida per riprogettare i servizi

di Sara De Carli

Una lunga corsa in autostrada, senza nemmeno un’uscita. La imbocchi al momento della diagnosi e ci resti dentro finché muori, andando sempre dritto, ora pigiando più veloce sull’acceleratore ora alzando un po’ il piede, ma sempre restando con facilità (e pure con una certa monotonia) nella stessa carreggiata. La vita di tante persone con disabilità rischia di essere questo, ancora oggi: una vita da eterni bambini, completamente vissuta all’interno di servizi magari perfetti da un punto di vista tecnico, organizzativo, educativo e riabilitativo, ma autoreferenziali, poco aperti alla partecipazione, poco capaci di stimolare l’autodeterminazione, l’autorappresentazione, la cittadinanza attiva. In una parola, poco o per nulla inclusivi. Sono ormai cinque anni che l’Italia ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (febbraio 2009), ma nei servizi poco sembra cambiato. Eppure quel testo ribalta completamente la prospettiva: nell’autostrada infatti dovrebbero aprirsi molte uscite, in modo che ciascuno si trovi di fronte, nei diversi momenti della propria esistenza, possibilità diverse, da cogliere o meno in base ai propri desideri e alle proprie scelte, qualsiasi siano le proprie condizioni. Sulla carta, nelle vision e nelle mission, tutti si sono adeguati alla nuova prospettiva, ma nella pratica quotidiana si fa fatica a raccogliere la sfida dell’inclusione, che mette in discussione modelli organizzativi ed economici consolidati.

La prima a farlo in maniera sistematica è Anffas Lombardia, con una ricerca-azione iniziata nel 2010 e di cui ora un libro presenta i risultati. La ricerca si intitola “L’inclusione sociale nella rete dei servizi a marchio Anffas della Lombardia”, ha coinvolto 14 gestori, 54 servizi che hanno in carico quasi 1.200 persone e in cui ne lavorano poco meno di mille, 80 tra responsabili e educatori, 300 persone con disabilità intellettiva e relazionale, cento famiglie e cento volontari. È un lavoro enorme, innovativo e unico in Italia, che ha guardato in primis al proprio interno, per autovalutare la reale inclusività dei servizi a marchio Anffas Lombardia, ma che allo stesso tempo ha messo a punto uno strumento con due caratteristiche fondamentali: è scientifico e facilmente esportabile, grazie all’individuazione di precisi descrittori e all’elaborazione di Linee guida progettuali.

Sabato 9 novembre a Rimini, in un workshop all’interno del convegno internazionale “La qualità dell’inclusione scolastica e sociale” verrà presentato il volume “I servizi con disabilità di fronte alla sfida inclusiva. Linee Guida per la progettazione e la riorganizzazione dei servizi in chiave inclusiva” (Erickson). Altri due momenti per la presentazione dei risultati sono previsti il 19 novembre a Milano, nel convegno di Anffas Lombardia “Inclusione sociale e servizi per la disabilità”, con Franco Bomprezzi e Gian Antonio Stella (centro Congressi Le Stelline, corso Magenta, a partire dalle 9,30) e il 28-29 novembre a Roma all’interno del Convegno nazionale di Anffas Onlus “La visione inclusiva nei servizi per le persone con disabilità intellettiva e relazionale” (Grand Hotel Palatino, via Cavour 231/M, a partire dalle 10).

Su VITA in edicola da domani un’anticipazione della ricerca, con sette indicatori per una auto-valutazione dell’inclusività dei servizi per disabili e i commenti di Giampiero Griffo e Franco Bomprezzi.


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