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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ci vuole un mutuo per il post adozione?

Le famiglie che hanno acceso un mutuo ad hoc per adottare sono circa 2mila e negli ultimi tre anni le richieste sono calate del 66%. Il segnale di una difficoltà che riguarda il prima ma - dicono banche ed enti - anche il post adozione. Mentre la CAI ancora non ha rimborsato chi ha adottato nel 2011

di Sara De Carli

Il costo insostenibile della adozioni internazionali: per qualche giorno se ne sono occupati persino i quotidiani, fino a Repubblica che ha messo in fila tutti i prodotti ad hoc proposti dalle banche, proprio nei giorni in cui il Senato italiano bocciava sonoramente gli emendamenti alla legge di stabilità che introducevano la deducibilità completa delle spese per l’adozione, in nome dell’adozione come bene comune.

In tre anni mutui giù del 66%
Quante sono però le famiglie che in Italia hanno acceso un mutuo per poter fare un’adozione internazionale? A spanne però si può dire che si tratti di un po’ di più di 2mila coppie, non certo quel fenomeno di massa che i giornali ci hanno descritto per una manciata di giorni. Emilbanca ha acceso una cinquantina di mutui in dieci anni, al ritmo di 4 o 5 all’anno. La BCC di Busto Garolfo e Buguggiate arriva a una trentina in dieci anni, circa 2 o 3 ogni anno. La BCC di Treviglio è stata la prima in Italia a proporre un mutuo ad hoc per le coppie che desiderano adottare un bambino ma che non hanno da parte i (tanti) soldi necessari o che, più semplicemente, non hanno la liquidità necessaria nell’istante in cui, dopo tanta attesa, l’ente improvvisamente chiama e dice “si parte”: nei due giorni successivi al lancio del prodotto la banca fu subissata da 400 telefonate da tutta Italia, ricorda Diego Frazzini, responsabile marketing della BCC di Treviglio. «Il trend del prodotto ha seguito fino a tre anni fa i 10-15 mutui annui: attualmente non se ne fanno più di 5», dice Frazzini: una curva che ricalca bene o male il pesante calo che le adozioni internazionali stanno vivendo nel nostro Paese (nel 2012, -23%).

Il business
Mettere insieme il numero di quante famiglie in Italia siano state costrette a chiedere un mutuo per potersi permettere l’adozione internazionale è molto difficile: ogni banca è autonoma, anche quanto esiste un prodotto dal naming condiviso e il fatto di richiedere come unica garanzia il documento di idoneità del Tribunale dei Minori e copia dell’incarico conferito a un ente autorizzato, come è per Ad8, il prodotto con cui Federcasse ha accolto l’idea nata in quel di Treviglio. O per AdottAMI, del gruppo BNP Paribas, o di Adopto delle Casse Rurali Trentine. Nonostante ciò, l’attenzione al tema resta molto alta: «In primo luogo abbiamo aiutato dei bambini a trovare accoglienza in una famiglia e contemporaneamente alcune famiglie e genitori ad accogliere dei bambini abbandonati. Questo per me ha un valore immenso; si trattasse di un solo caso all’anno ne varrebbe la pena», dice Frazzini, che però non nasconde nemmeno il fatto che «oltre il 53% dei mutuatari di ad hoc era cliente di altre banche e adesso è nostro correntista. Gli altri sono clienti fidelizzati. C’è stato anche il business».

Il prima, ma anche il dopo
A Paola Crestani, presidente del CIAI, i numeri tornano: «Non sappiamo di un numero così elevato di famiglie che hanno acceso un mutuo per adottare: i pagamenti sono molto dilazionati nel tempo, questo aiuta. Vero è che possono anche non avercelo detto». Come tanti altri enti, anche il CIAI convidide la preoccupazione sui costi delle adozioni: «ridurre i costi che precedono e accompagnano l'arrivo del bambino è importante, ma altrettanto importante è garantire un sostegno ai costi per tutto il post adozione, soprattutto quando parliamo di special needs. Le famiglie sanno ad esempio che dovranno sostenere per lunghi periodi i costi della logopedia e queste considerazioni si fanno prima di avviare l'iter dell'adozione».

Il silenzio delle istituzioni
«La crisi impatta su tutti i settori e quindi la scarsa disponibilità delle famiglie limita di molto le adozioni, soprattutto quelle internazionali, al di là dell’aiuto che una banca può dare per la prima fase adottiva. Occorre poi seguire la fase post adottiva, anch’essa costosa, cosa che viene fatta per lo più con linee di credito ordinarie.Va da sé che chi pensa di fare un’adozione, essendo per definizione una persona responsabile che guarda al futuro, si preoccupa anche di mantenerli i figli e nel drammatico scenario dell’attuale economia italiana anche il desiderio di solidarietà e donazione ne esce soffocato. Comunque ricevo a tutt’oggi telefonate di interesse  da parte di colleghi di tutta Italia a testimonianza del fatto che la spinta verso le adozioni e la correlata esigenza di finanziamento permane», continua Frazzini. Prova ne sia che solo quest’autunno è nato ancora un nuovo prodotto dedicato, Adobimbo, proposto dal Banco Popolare di Bari. Intanto le famiglie si arrangiano come possono, e qualcuna inizia anche a fare crowdfunding. Dalle istituzioni le risposte non si vedono: oltre alla bocciatura degli emendamenti di #adozionebenecomune, sul versante costi delle adozioni le famiglie segnalano anche (in corso una petizione) come la CAI non abbia ancora rimborsato le famiglie che hanno concluso l’adozione nel 2011 e come ancora non abbia emanato un decreto per aprire la raccolta delle domande di rimborso per quanti hanno adottato nel 2012.
 


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