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Acli: no a meno burocrazia per l’industria delle armi

L'associazione contesta la mozione del Pirellone con cui si sollecita il governo nazionale a snellire le procedure per l'export di armi, settore produttivo fortissimo a Brescia e oggi in crisi. "Queste aziende portano occupazione per molte famiglie", riconoscono le Acli, "non vanno chiuse ma riconvertite"

di Gabriella Meroni

No allo snellimento burocratico per le imprese armiere: questa la risposta delle Acli di Brescia davanti alla mozione approvata il 7 gennaio dal Consiglio regionale della Regione Lombardia per sollecitare il governo nazionale a “ridurre, senza venir meno alle necessità di controllo, il gravame burocratico sulle imprese armiere lombarde che sta ostacolando l’attività di export con gravi danni economico finanziari che rischiano di compromettere la produzione e il bacino occupazionale”.
La mozione (scaricabile in allegato), approvata con 45 sì e 27 no (e la decisa contestazione in aula del Movimento 5 Stelle), è stata presentata presentata dalla Lega Nord e firmata da tutto il centrodestra regionale e anche dal consigliere Pd Corrado Tomasi. 
“Pur condividendo la necessità di snellire la burocrazia che spesso blocca molti settori economici – commentano le Acli bresciane – non ci spieghiamo le ragioni di una proposta che va in direzione opposta rispetto alla tanto sbandierata esigenza di sicurezza e che ignora il fatto che tutti i settori produttivi sono uguali e meritevoli quindi più di altri di sostegno pubblico”.
“Non è accettabile il ricatto dei posti di lavoro – dicono le Acli bresciane – Sappiamo bene che il settore armiero è molto forte a Brescia e porta occupazione per molte famiglie. Quello che chiediamo è che si avvii un movimento di consenso per la riconversione industriale delle fabbriche di armi, come era successo per il caso Valsella. Ora quel circolo virtuoso si è purtroppo fermato: ma noi ne chiediamo la ripartenza”.


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