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Economia & Impresa sociale 

Startup sociali, arriva il trampolino fiscale

Il Governo ha dato il via libera a nuove agevolazioni per le realtà che si occupano di welfare. Mattia Corbetta (Ministero dello Sviluppo Economico): «Si aprono opportunità importanti per chi sperimenta soluzioni nuove in questo campo».

di Redazione

Quarantaquattro su 1599.  A poco più di 14 mesi dal varo della legge 221 del 2012 le startup innovative a vocazione sociale sono 44 su 1599 (scarica documento in allegato), ovvero il 2,7%. Una percentuale che nei prossimi mesi potrebbe subire un significativo aumento grazie a un provvedimento licenziato venerdì dal consiglio dei ministri con la firma del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni che una volta reso operativo consentirà alle persone fisiche e giuridiche che investono nel capitale delle start up innovative a vocazione sociale (oltre a quelle ad altro valore tecnologico in ambito energetico) di accedere a incentivi fiscali maggiorati rispetto a quelle delle altre tipologie di start-up (detrazioni Irpef del 25% contro il 19 e deduzioni sull’imponibile Ires del 27% contro il 20).

Mattia Corbetta (Ministero dello Sviluppo economico)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ventinove anni, veneto, ex coordinatore della task force sulle startup, membro della segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo Economico guidata da Stefano Firpo, Mattia Corbetta è il tecnico "operativo" che sta seguendo operativamente lo sviluppo delle startup sociali.

A leggere le cifre non sembra che ci sia la corsa a far nascere nuove iniziative nel campo del sociale. È così?
Non sarei così tranchant. È fisiologico che in una data platea di realtà produttive le imprese sociali rappresentino una componente minoritaria. E in ogni caso lo stesso fenomeno delle startup innovative è ancora ai primi passi, riguardando  1.600 su 1,4 milioni di società di capitali che operano in Italia. Ma l’impatto della policy non va misurato sul numero assoluto di imprese create, bensì risiede nella grande quantità di innovazioni di prodotto e di processo che saranno introdotte nel mercato. Non bisogna infatti dimenticare che l’obiettivo dell’esercizio era favorire l’imprenditoria innovativa. Non a caso i criteri per definirsi startup innovativa sono abbastanza stringenti..

Ricordiamoli…
In breve, la policy tutela le società di capitali attive da meno di 4 anni e con meno di 5 milioni di fatturato che sviluppano, producono e commercializzano prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Affinché una startup possa essere qualificata come innovativa, deve maturare una soglia di spese in attività di ricerca e sviluppo pari ad almeno il 15% dei costi totali, oppure avere un team altamente qualificato (composto per due terzi da laureati o per un terzo da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori), oppure essere licenziataria o proprietaria di un brevetto, una privativa industriale o un software registrato.startupstartup In più le iniziative a vocazione sociale devono operare nei settori individuati dalla legge sull’impresa sociale, la 155/2006.

Quindi?
Quello che voglio dire che in questa fase non contano tanto i grandi numeri, quanto la capacità di far scattare meccanismi virtuosi anche in settori difficili come quello del welfare.

Di cosa si occupano prevalentemente queste realtà?
I settori più vivaci sono quello dell’education e della valorizzazione del patrimonio artistico. In questo campo in particolare si stanno moltiplicando progetti hi-tech di percezione aumentata delle opere d’arte. Provi a immaginare cosa potrebbe succedere se questa tendenza si affermasse per tutti i beni culturali di questo Paese. Sarebbe una valanga con effetti dirompenti.

Rimane la difficoltà nell’attrarre i capitali, non crede?
L’investimento in in startup comporta rischi e rese mediamente alti. Complessivamente però venture capital e business angel italiani nel 2012 hanno investito 130 milioni di euro. Non mi sembra un dato da trascurare. Tenga poi conto che gli sconti fiscali varati nei gironi scorsi potrebbero dare un forte impulso.

In questo senso non crede che una spinta potrebbe arrivare proprio da una revisione delle legge sull’impresa sociale?
Dal mio punto di vista gli effetti maggiori si potrebbero avere allargando proprio alle imprese sociali la possibilità di accesso alle piattaforme di equity crowdfunding, il cui numero è destinato a salire nei prossimi mesi. Se io fossi un piccolo investitore, diciamo da 50 euro al mese,  preferirei puntare su un progetto sociale dei ragazzi del mio quartiere che vada a migliorare la vita di tutto il vicinato, piuttosto che acquistare Bot. E credo che come me la pensino in tanti…
 

Immagine: credits Sarah Mazzetti – fonte: http://garrinchadischi.bandcamp.com/album/welfare-pop-remastered


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