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Cooperazione & Relazioni internazionali

Immigrazione e biodiesel, Italia bocciata

Spesa alle stelle per "contrastare" gli irregolari, zero investimenti per l'integrazione. Il report annuale di Action Aid sulla cooperazione internazionale analizza anche le politiche di casa nostra, mettendo in luce errori e inadeguatezze

di Silvano Rubino

La cooperazione internazionale è cambiata. Normale, quindi, che cambi anche il report che ogni anno Action Aid stila su di essa, sotto il titolo "L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo". Non soltanto una radiografia del ruolo avuto dal nostro paese nel corso del 2013 nella lotta alla povertà, ma anche un'analisi delle sue politiche interne, perché, come spiega Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid «crediamo che una buona cooperazione nel mondo nasce da buone scelte fatte in casa propria. Quindi da politiche nazionali che rispondono a principi di coerenza». Ed ecco, quindi, che l'attenzione di Action Aid si punta su due temi "caldi" delle politiche nazionali: quelle sul fronte migratorio e quelle sul fronte dell'energia, in particolare i biocarburanti.
Sul fronte immigrazione, Action Aid registra lo «sbilanciamento a favore delle politiche di contrasto dell’immigrazione irregolare», con un Paese in cui «il dibattito istituzionale , così come le politiche messe in campo, ha privilegiato la predisposizione del sistema di gestione delle politiche migratorie – attraverso la definizione della disciplina sugli ingressi, sul soggiorno e sulle espulsioni dei migranti senza documenti – rispetto a un modello efficace di accoglienza e di inclusione sociale dei migranti». Uno sbilanciamento testimoniato dalle cifre: «Solamente il 2,6% dell’esigua spesa sociale sostenuta dai Comuni italiani è stata utilizzata nel 2010 per promuovere servizi e interventi rivolti ai cittadini immigrati». Il fondo per le politiche di inclusione degli immigrati istituito nel 2007 è stato cancellato nel 2009, sottolinea il report, «mentre ammontano ad almeno 1,6 miliardi le risorse stanziate tra il 2005 e il 2011 per le politiche di contrasto dell’immigrazione irregolare».
Anche sul fronte dei biocarburanti, la cui espansione ha effetti deleteri sull'andamento dei prezzi dei generi alimentari e che è responsabile di fenomeni di "landgrabbing", di corsa alla terra, l'Italia non ha brillato sul fronte di chi prova a invertire una rotta giudicata pericolosa per lo sviluppo del pianeta. Le politiche europee, secondo Action Aid, vanno cambiate, perché «non prevedono un’adeguata valutazione degli impatti negativi dei biocarburanti sulla sicurezza alimentare».

Sul fronte della cooperzione internazionale, poi, per l'Italia è la solita maglia nera, secondo la  fotografia dell’OCSE per il 2012 dei paesi donatori del Development Assistance Committee dell’OCSE (OCSE/DAC)

Nel 2011 il rapporto tra l’aiuto pubblico allo sviluppo e il prodotto nazionale lordo era dello 0,20%, un dato “gonfiato” per la presenza di un 30% di aiuti destinati a interventi di emergenza a sostegno dei rifugiati nel contesto degli eventi della primavera araba e per un 36% costituito da operazioni di riconversione e cancellazione del debito. Nel 2012, venendo meno queste due voci di spesa, l’aiuto italiano è sceso allo 0,13% del PNL.
L’Italia è tra i maggiori responsabili del mancato raggiungimento degli obiettivi europei per il 2015; sulla base delle proiezioni del Consiglio Europeo del maggio 2013, che stimava il divario dei singoli paesi per raggiungere gli obiettivi per il 2015, vediamo che l’Italia è responsabile di oltre il 24% dell’ammanco previsto per raggiungere l’obiettivo dello 0,7%.

«Sul fronte della coerenza – prosegue De Ponte – l’Italia deve fare molto di più: la cooperazione allo sviluppo che vogliamo è più allineata con gli obiettivi concordati a livello internazionale: quindi secondo quanto stabilito dal Documento di Economia e Finanza 2013 occorre raggiungere lo 0,31% del rapporto APS/PNL non oltre il 2017; meno frammentata dal punto di vista settoriale e geografico; più efficace, trasparente e partecipata. In merito al fenomeno migratorio, auspichiamo un vero e proprio cambio di rotta che prediliga la definizione di un modello efficace di accoglienza e inclusione sociale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, anziché concentrasi sulla gestione del fenomeno in sé. Le attuali normative andrebbero riconsiderate alla luce dei cambiamenti sociali ed economici del nostro Paese e soprattutto facendo prevalere la protezione dei diritti dei migranti. Anche su questo, come dimostrano i recenti sondaggi sui diritti dei cittadini stranieri residenti nel nostro Paese, ancora una volta la società è più avanti del dibattito politico.»

 


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