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Anche la Murgia dà una mano agli alluvionati

Per dare un aiuto alla comunità di Bitti, paese del nuorese che più di altri ha subito gli effetti del nubifragio, Einaudi ha raccolto in un’antologia alcuni nomi importanti della narrativa sarda. Tra di essi anche la scrittrice di Cabras, candidata alla presidenza della regione Sardegna

di Redazione

Sui meriti politici di Michela Murgia nessuno, almeno per il momento, può esprimere delle opinioni certe. Domenica prossima gli elettori voteranno per il Governatore e il Consiglio regionale: se la coalizione di cui fa parte prevarrà nei consensi, avremo modo di giudicarla come governatrice; se viceversa vinceranno gli avversari, avrà molte occasioni per dimostrare che si può fare opposizione con intelligenza, instaurando un dialogo costruttivo con chi la pensa diversamente.  
Ora come ora, abbiamo due sole certezze: 1. La candidatura della scrittrice di Cabras è una novità molto rilevante nel clima generalmente ristagnante della politica sarda, e non solo; 2. La Murgia è una narratrice molto brava, sa regalare emozioni ai lettori come pochi altri. Ha una dote, poi, che non tutti i romanzieri possiedono: l’empatia con gli ultimi, con chi è stato umiliato e offeso dalla cattiva sorte. Lo ha dimostrato da subito, a partire dal suo esordio con Il mondo deve sapere, storia di una telefonista precaria a cui hanno deciso di rubare il futuro, proponendole un lavoro non gratificante. 
 
Questa sua attitudine a identificarsi con chi è portato, per eccesso di sensibilità, a  non accettare le ipocrisie e le maldicenze della comunità ritorna anche nel racconto L’eredità, pubblicato da Einaudi nella raccolta Sei per la Sardegna: un gruppo di fuoriclasse della narrativa sarda –Francesco Abate, Alessandro De Roma, Marcello Fois, Salvatore Mannuzzu, Paola Soriga e la Murgia appunto– hanno messo a disposizione il proprio talento per dare una mano alla comunità di Bitti, piccolo centro del nuorese che ha subito gravi danni in seguito all’alluvione. L’intero ricavato delle vendite dell’antologia (che costa appena sei euro, una cifra davvero simbolica) andrà a un paese che, più di altri, ha vissuto sulla propria pelle la furia dell’acqua di tre mesi fa –nello specifico, servirà per far rinascere piazza Asproni. Riunito da Marcello Fois, il Dream Team ha dato il suo piccolo, ma più che significativo contributo alla causa degli alluvionati. 
 
Michela Murgia, in un racconto di appena quattro pagine, riesce a sintetizzare un sentimento di riscatto dall’immobilismo, da un culto dell’atavismo inteso solo come retaggio acritico del passato; la Sardegna che lei ha in mente è mobile, guarda al passato ma con un occhio ben orientato verso il futuro. Sembrano niente, quattro pagine, e invece in quelle poche righe c’è dentro non solo il talento letterario dell’autrice, ma anche lo spirito con cui ha scelto di salire in politica (non scendere, salire); la sua volontà di parlar chiaro, senza metafore cervellotiche. L’eredità è la storia di un ragazzo che, grazie alla lungimiranza di un padre analfabeta ma di buon senso, ha studiato da avvocato. Si è fatto una cultura, ha imparato attraverso la frequentazione dei manuali giuridici che la differenza tra bene e male esiste, ma è molto meno semplice di quanto possa apparire vivendo solo ed esclusivamente a contatto con la natura. In paese non capiscono, prendono per matto quel genitore così interessato a dare un’istruzione al figliolo unico. “Chi accudirà al bestiame se poi diventa avvocato?”, si domandavano i compaesani, con un misto di ignoranza ma anche di malizia. La risposta alle malignità la dà alla fine del racconto il protagonista stesso. 
 
L’eredità è una storia che non conosce il significato della parola retorica. Stesso discorso per i cinque colleghi che completano la raccolta. Un po’ per orgoglio sardo (caratteristica tipica degli isolani) e un po’ perché tutti e sei sono accomunati da un’idea di letteratura d’impegno  civile, nessuno degli autori ha parlato di persone che si piangono addosso: reagiscono con tempra, i protagonisti di questi racconti, alle avversità della vita. L’ uomo fortunato di Abate trae un bilancio ottimistico sulla propria esistenza, poco prima di morire tra le braccia del figlio; De Roma riflette sulle insidie della pigrizia, del considerare normale routine quelle ingiustizie che ci passano ogni giorno davanti sotto il naso; Fois  mette in guardia, in una splendida confessione a cuore aperto, dai luoghi comuni sulla sardità; Mannuzzu regala una perla d’antan, un libretto per musica datato 1960 in cui viene descritto, come solo il genio di Pitigliano sa fare, il cinismo delle istituzioni (il giudice, il maresciallo, il prete); Paola Soriga descrive cosa accade quando nella tua vita, in quel determinato momento, scopri di avere dei “grilli per la testa”. 
 
Uno dei romanzi più recenti della Murgia, L’incontro, racconta le vicende di Maurizio, Franco e Giulio, che rimangono legati per tutta la vita perché da bimbi giocavano insieme per strada: loro non potevano certo saperlo allora, ma il fatto di avere condiviso un pezzo importante del proprio cammino ha rappresentato per loro una educazione sentimentale. Educazione alla collettività, che è la dote più importante da coltivare, per ciascuno di noi. Sei per la Sardegna è un bell’esempio di lavoro in team, molto armonico, senza che gli autori si pestassero i piedi l’un l’altro. Smentita, almeno per una volta, la leggenda (che poi, forse, tanto leggenda non è) del sardo invidioso che si rode dentro se l’erba del suo vicino è più verde. Il buon esempio è venuto dall’alto, dal mondo della cultura. La speranza è che a Bitti, e in tutti i paesi che ancora fanno i conti con l’imprevisto (imprevisto?) ciclone, capiscano quanto solo la cooperazione, la battaglia comune senza ripicche e individualismi, alla lunga possa dare i suoi buoni frutti
 


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