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Sostenibilità sociale e ambientale

Addio capitalismo, beni comuni e non profit ti seppelliranno

Il celebre economista no global affida al New York Times le sue previsioni su un mondo in cui l'economia basata sul profitto sarà sempre più marginale. Anche oggi sempre più persone grazie alla tecnologia accedono gratis a beni e servizi, e in futuro anche agli oggetti, grazie a un Internet dedicato alle cose. E nella nuova economia, il non profit sarà leader

di Gabriella Meroni

Un “gratis” seppellirà il capitalismo. Parte da qui la tesi esposta da Jeremy Rifkin in un interessante articolo comparso sul New York Times, in cui il celebre economista autore del recente The Zero Marginal Cost Society  preconizza la fine del capitalismo e l’avvento dell’era dei beni comuni, grazie a una nuova, gigantesca rete: l’Internet degli oggetti. 
Molti beni e servizi – osserva Rifkin – nella società sviluppata stanno diventando gratuiti o quasi, anche grazie allo sviluppo delle tecnologie: basti pensare alla musica, o all’informazione, o anche alle comunicazioni. Ma anche al settore manifatturiero (quante persone realizzano oggetti di uso comune da sé?), all’istruzione (si pensi ai corsi universitari online), all’energia. Una riduzione del margine era stata prevista dagli economisti, ma non la loro discesa fin quasi a zero no. Quali conseguenze potrà avere questo fenomeno di esclusione, o meglio bypass, del mercato sul futuro del capitalismo?
Certo, non tutti gli osservatori ammettono che il fenomeno esiste, continua Rifkin. Alcuni sostengono che ci sarà sempre chi è disposto a pagare per avere un servizio più efficiente e di qualità, e i beni di fascia alta garantiranno sufficienti margini per mantenere in vita il sistema. Ma Rifkin insiste: l’economia a costo zero esiste, e si espanderà sempre più, riguardando l’intera economia, grazie a una rivoluzione che è già iniziata e presto ci invaderà: l’Internet degli oggetti.
Questa “formidabile nuova infrastruttura tecnologica” è una piattaforma tecnologica che sta cominciando a collegare tutto e tutti: già oggi oltre 11 miliardi di sensori – scrive Rifkin – sono collegati a risorse naturali, linee di produzione, rete elettrica, reti logistiche e flussi di riciclaggio e si trovano nelle case , uffici, negozi e veicoli, alimentando la rete. Ed entro il 2020 si prevede che almeno 50 miliardi di sensori potranno connettersi tra loro.
Lo scenario delineato è futuribile: “Chiunque potrà connettersi alla rete e utilizzare I grandi numeri, le analisi e gli algoritmi necessary ad aumentare l’efficienza e abbassare i costi della produzione e condivisione di una vasta gamma di prodotti e servizi a costo zero, esattamente come oggi già facciamo con le informazioni”. Cisco prevede che entro il 2022  i guadagni in termini di  produttività del settore privato servito dall’Internet degli oggetti supererà i 14mila miliardi dollari, e uno studio di General Electric stima che i progressi di produttività di questa rete potrebbero influenzare la metà dell'economia globale entro il 2025.
A questo punto la domanda è: come sarà questa economia del futuro, quando milioni di persone saranno in grado di creare e di beni e servizi e condividerli quasi gratis? La risposta per Rifkin sta nella società civile, “composta di organizzazioni non profit che si occupano di ciò che facciamo e condividiamo come comunità. In termini monetari, il non profit è una potenza. I profitti del settore sono cresciuti del 41% dal 2000 al 2010, ovvero più del doppio del Pil americano, che è aumentato solo del 16,4% nello stesso decennio. Nel 2012 il non profit USA rappresentava il 5,5% del Pil”.
Collaborazione, accesso universale e inclusione: sono queste dunque le parole d’ordine che potranno creare l’economia del futuro, fatta di capitale sociale, accanto al mercato capitalistico. Un mercato di cui già si vedono le prime avvisaglie in fenomeni come il car sharing, di cui usufruiscono 1,7 milioni di persone nel mondo; milioni di persone utilizzano i social media , le reti di ridistribuzione e le cooperative per condividere non solo auto ma anche case, vestiti, utensili , giocattoli e altri articoli a costo marginale basso o vicino allo zero. L' economia della condivisione ha prodotto ricavi per 3,5 miliardi nel 2013. E ancora: negli Stati Uniti, il numero delle organizzazioni non profit è cresciuto di circa il 25% tra il 2001 e il 2011, passando da 1,3 a 1,6 milioni, mentre le imprese a scopo di lucro sono aumentate dello 0,5%. Negli Stati Uniti , Canada e Gran Bretagna l'occupazione nel settore non profit supera attualmente il 10% della forza lavoro .
“Nonostante questa crescita impressionante, molti economisti sostengono che il settore non profit non è una forza economica autosufficiente, ma un parassita che si nutre di concessioni statali e filantropia privata”, scrive ancora l’economista, “mentre è esattamente il contrario. Un recente studio ha rivelato che circa il 50% del fatturato complessivo dei settori non profit di 34 paesi proviene dai cittadini che usufruiscono dei servizi, solo il 36% da contributi pubblici e il 14% da filantropia privata”.
“E’ probabile che il sistema capitalista rimarrà con noi anche in futuro”, conclude Rifkin, “anche se con un ruolo più snello, di aggregatore di servizi e soluzioni di rete, e lì, in questa nicchia, potrà anche prosperare. Stiamo però entrando in un mondo al di là dei mercati, fatto di beni comuni globali, dove impareremo a vivere insieme in modo sempre più interdipendente e collaborativo”.
 


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