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UpCare, l’innovazione made in coop

È uno dei progetti che ha raccolto la sfida del Piano Strategico Metropolitano lanciato dalla città di Bologna. È la prima piattaforma che integra teleassistenza e telemedicina, liberando gli anziani dal dover indossare un sensore. Si chiama UpCare e l'ha inventato una srl controllata da una cooperativa

di Sara De Carli

Si chiama UpCare ed è il primo sistema che unisce nella medesima piattaforma teleassistenza e telemedicina. L’ha progettato StageUp, una srl associata di Legacoop Bologna, in collaborazione con Arces-Centro di ricerca avanzata sui sistemi elettronici dell’Università di Bologna e con il contributo di Coopfond ed è stato sperimentato in collaborazione con alcune fra le principali cooperative sociali del territorio bolognese. Pensato per anziani che vivono soli, persone con disabilità o che più semplicemente che hanno bisogno di essere monitorate costantemente negli stili di vita, StageUp è il primo prodotto a liberarsi dalla schiavitù di portarsi addosso un sensore o una pulsantiera (la Weareable Tech) per lanciare l’sos. Bastano dei sensori disseminati in casa, con un costo di set up iniziale che si aggira sui 2mila euro. Da quel momento in poi, la piattaforma

UpCare raccoglierà dati su cadute, immobilità, allagamenti, fughe di gas ma anche peso, pressione, glicemia, inviando allarmi e segnalazioni alla famiglia e – volendo – a un centro servizi e/o a un medico. «Abbiamo sviluppato il prodotto partendo dal concetto che le cose possono parlare è qualcosa che può modificare non solo la filiera industriale, ma anche i servizi, nella direzione della prevenzione e del generare consistenti risparmi, che solo a Bologna potrebbero essere di circa il 40%», spiega dice Giovanni Palazzi, 51 anni, presidente di StageUp. «Questo strumento può ridisegnare l’approccio della cooperazione sociale e del welfare, perché si rivolge a una fascia di utenza a cui al momento la cooperazione non pensa, perché non ha an cora bisogno di un servizio assistenziale pesante. Però i dati raccolti in casa possono essere inviati non solo a un familiare, ma anche a un centro servizi, che tipicamente è un’attività portata avanti dalla cooperazione, che non si limita a intervenire nell’emergenza ma può fare anche videocomunicazione con l’anziano. Quando questo anziano domani avrà bisogno di un’assistenza classica, sarà più semplice per lui restare con la stessa cooperativa». Non solo. Secondo Palazzi il sistema «favorisce l’emersione dell’assistenza, generando un processo trasparente e immette nella cooperazione sociale giovani professionisti qualificati, come tecnici e ingegneri».

StageUp è la quinta start up che Palazzi lancia. Lavora nell’Internet of Things e ha una particolarità: la srl (nata nel 2001), è in realtà controllata da una cooperativa (StageUp Cooperativa, nata nel 1999), in cui è presente al 30% Fibo SpA, la finanziaria del sistema cooperativo bolognese. «Siamo stati antesignani in Italia della cooperazione di competenza in un sistema tradizionalmente caratterizzato dal labour intensive», dice Palazzi: «Nel 2011 abbiamo capito che l’Italia per crescere ha bisogno di nuovi mercati e così abbiamo investito». Hanno creato la SpA, ci hanno messo un milione di euro e UpCare è il risultato. «Abbiamo avuto molte richieste di informazioni, anche più di quanto ci aspettassimo dalle indagini di mercato. Per il momento però siamo in vendita solo tramite business to business, tramite enti pubblici o accordi di corporate welfare, anche se l’assessore di Bologna, Rizzo Nervo, ha manifestato un interesse al prodotto nell’ottica dei voucher. UpCare ha un costo inziale di circa 2mila euro per il set up della casa e un canone di assistenza annuo di circa 400 euro. Stiamo già lavorando a sviluppi per la sicurezza fuori casa, tramite un braccialetto ma senza smartphone e su alcune app aggiuntive che potrebbero, ad esempio, controllare la costanza dell’attività fisica per le persone con un’ipertensione iniziale lieve o lo svolgimento di esercizi per contrastare la demenza».
 


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