Welfare & Lavoro

Affitto e social housing le due sfide per le cooperative

In Lombardia 100 coop in meno in tre anni e fatturato al livello del 2006. L’assemblea di Fedebitazione Lombardia scopre i numeri e lancia obiettivi per la possibile ripresa. La relazione di Alessandro Maggioni

di Redazione

«La crisi è stata per molte realtà – e tra queste anche la nostra – un implacabile setaccio che spesso ha distinto le buone realtà cooperative da quelle che, nel tempo, avevano perso di vista la giusta strada». Ha esordito così Alessandro Maggioni, presidente di  Federabitazione Lombardia, nella relazione per l’Assemblea annuale che si è tenuta questa mattina. Maggioni ha scironato alcune cifre che rendono chiaro l’andamento di questi ultimi anni. «Siamo passati dalle 523 cooperative aderenti del 2010 alle 422 cooperative del 2013», ha detto. «100 cooperative in meno in tre anni, con un volume d’affari aggregato al 2012 (il 2013 sarà probabilmente in ulteriore contrazione) di 326.600.000 euro: meno del volume d’affari del 2006».
Quanto alle ragioni Maggioni ne ha evdienziate, oltre a quelle di comteste, aclune endogene: «Sono le ragioni legate a una perdita degli ancoraggi etico-valoriali a cui i cooperatori devono sempre guardare. Se è vero che fare cooperazione è fare impresa, non ci si deve mai scordare da dove si parte, rifuggendo le tentazioni di scorciatoie verso la gloria autoreferenziale o la ricchezza smisurata, che umiliano le origini stesse del nostro movimento e che non affondano solo nel mutualismo ma anche nelle terre profonde e rigogliose della dottrina sociale della Chiesa».

Guardando alle prospettive Maggioni ha indicato questa strada: «La nostra missione deve tornare a vestire anche un abito di più radicale socialità. La frontiera per fare ciò è quella dell’affitto.  Questo è il fronte su cui – soprattutto nelle aree metropolitane e in quelle più provate dalla crisi – dobbiamo impegnare energie, prima progettuali e poi operative.  Non possiamo negare che vi sono ancora grandi difficoltà all’affermarsi di un’autentica sussidiarietà in tale ambito; la fiscalità, la difficoltà del credito, la complessità di nuovi strumenti come i fondi immobiliari, la carenza di strutturali politiche pubbliche a sostegno della creazione di un nuovo canale di affitto “sostenibile”, l’ingombrante e colossale monopolio dell’ALER sull’offerta di edilizia sociale, sono tutti fattori indubbiamente problematici».

Infine Maggioni ha lanciato una proposta: «Perché non pensare a un “Servizio Abitativo Nazionale”, in cui lo Stato a livello centrale – sulla scorta di quanto succede per esempio in Francia – monitori la consistenza dei patrimoni pubblici, determini i criteri minimi dell’offerta abitativa per concretizzare il diritto all’abitare per tutti, sancisca i requisiti di base per accreditare – rigorosamente – soggetti privati che possano svolgere la funzione pubblica di “gestore immobiliare sociale” e – immaginando lo stanziamento efficace di risorse pubbliche oggi spesso sprecate ai livelli regionali – determini un flusso programmato di risorse da investire nel campo abitativo?»
 


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