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Molea: Per la riforma del Terzo Settore serve un decreto legge

Il deputato montiano e presidente di Aics: «Parlamentarizzare l’iter sarebbe un errore, è una svolta culturale: bisogna procedere spediti, il Governo tenga in mano il pallino».

di Redazione

Bruno Molea, deputato di Scelta civica e presidente di Aics (Associazione italiana cultura sport) è uno dei membri del gruppo di lavoro incaricato dal presidente del consiglio Mattero Renzi di predisporre le linee guida per la riforma del Terzo Settore. «Ma questa prima di essere un’operazione legislativa è una svolta culturale».

In che senso?
Dietro alla battuta del premier “Si chiama terzo settore, ma deve essere il primo” si staglia l’obiettivo vero, che è quello di fare di questo settore un protagonista della vita politica ed economica del nostro Paese. Ambiti in cui il non profit fino ad oggi è stato considerato un fanalino di coda.

Quali sono i punti cardine del progetto a suo parere?
Servizio civile, codice civile,  impresa sociale, stabulizazione del 5 per mille e revisione della normativa sul volontariato mi paiono quattro snodi decisivi. Ma tutto questo va collocato nell’ottica di una legge quadro che armonizzi  e manutenga buone norme che già esistono, ma che vanno aggiornate. Ma mi faccia dire una cosa anche sul metodo di lavoro che abbiamo adottato.

Prego…
Io ero a Lucca quando Renzi ha annunciato la proposta. Pochi giorni dopo è arrivata la convocazione del gruppo di lavoro. Un gruppo, ed è la cosa che paradossalmente strupisce di più, politico, ma fatto di persone tutte molto competenti e in grado di produrre documenti e testi coerenti e pertinenti in pochi giorni. La velocità di Renzi è figlia della capacità di mettere le persone giuste al posto giusto nel momento giusto.

E ora che succede?
Come sapere dopo la fase di consultazione il testo andrà in consiglio dei ministri. E quello sarà un momento decisivo. È importate che il pallino rimanga nella mani del governo. Parlamentarizzare la riforma sarebbe come metterla in un stagno.

Invece?
Io precederei attraverso un decreto legge. Su cui poi eventualmente intervenire con modifiche ed emendamenti. Ma almeno avremmo la garanzia di un  binario certo verso l’approvazione. E guardi che lo dice uno che ha sempre criticato l’eccessivo ricorso ai decreti legge.


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