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Cooperazione & Relazioni internazionali

Della Monica: Più attenzione alla qualità che ai numeri

Da alcuni anni in Italia le adozioni internazionali sono in crisi. Sul numero di Vita in edicola da oggi trovate una proposta per la loro riforma. Qui pubblichiamo in versione integrale intervista che la presidente della Cai, Silvia Della Monica, ci ha rilasciato. Per la ricchezza dei contenuti l’abbiamo divisa in tre capitoli: il rapporto con i Paesi d’origine; il rapporto con gli enti autorizzati, le priorità per il lavoro dei prossimi anni.

di Sara De Carli

Magistrato, 65 anni, napoletana, a febbraio Silvia Della Monica è stata scelta come nuova vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali, dopo due mandati di Daniela Bacchetta. Dal 17 aprile ne è anche la presidente, dopo che il Presidente del Consiglio – che per la prima volta nella storia ha tenuto per sé la delega alle adozioni internazionali – le ha delegato le funzioni operative. Questa è la prima intervista a tutto tondo che rilascia, a cui ha lavorato proprio nella manciata di giorni densi di impegni che hanno portato in Italia i 31 bambini adottati nella Repubblica Democratica del Congo, dopo sette mesi di attesa (nella foto la presidente a bordo del volo di Stato, con il ministro Boschi). È un momento caldo per le adozioni, un momento in cui finalmente sembra esserci la volontà a ripensare un quadro che presenta più di un punto problematico. Sul numero di Vita in edicola da oggi trovate la nostra proposta per la riforma delle adozioni, con alcuni passaggi dell’intervista alla presidente Della Monica. Qui pubblichiamo in versione integrale l’intera intervista, per la ricchezza dei suoi contenuti, divisa in tre grossi capitoli: il rapporto con i Paesi d’origine; il rapporto con gli enti autorizzati, le priorità per il lavoro dei prossimi anni.


Nel 2012 l'Italia ha visto un grossissimo calo delle adozioni internazionali (-22,8%), a cui nel 2013 si è aggiunto un ulteriore -9,1%. Pur essendo ancora oggi uno dei Paesi più accoglienti al mondo, anche in Italia da ormai molto tempo si parla di crisi delle adozioni. Come fermarla?
Se potessi dare un titolo a questa risposta sarebbe questo: “più attenzione alla qualità delle adozioni internazionali e meno alla  quantità”. Nel corso del 2013 le famiglie italiane hanno realizzato l’adozione internazionale di 2.825 bambini,  provenienti da 56 diversi Paesi. Il dato raggiunto, considerato il significativo decremento del fenomeno a livello mondiale, ha però registrato un calo inferiore rispetto all’anno precedente (con una flessione delle coppie adottive del 7,2 % rispetto al 2012 paragonata al calo del 21,7% del 2012 rispetto al 2011) e con margini percentuali più contenuti di quelli emersi in altri Paesi europei o extra-europei. Anche nel 2013 si è quindi registrata una stabilizzazione della disponibilità delle famiglie italiane ad adottare nonostante il continuo cambiamento del contesto internazionale e la crisi economica. Questi dati confermano come l’Italia rappresenti uno dei Paesi di destinazione più attivi nello scenario internazionale, in grado di offrire un’accoglienza che tenga conto delle sempre diverse e particolari esigenze dei bambini stranieri in stato di adottabilità. Le famiglie italiane dimostrano una grande sensibilità alle adozioni, infatti più che negli altri Paesi di accoglienza sono disponibili ad adottare bambini grandi, che hanno problemi di salute, anche gravi e non reversibili, o fratrie (cioè i cosiddetti “special needs” secondo i criteri della Convenzione dell’Aja).

Quindi non ci dobbiamo preoccupare?
È evidente che essendo spesso i Paesi di origine Paesi con forti problematiche sociali, economiche e politiche, di volta in volta si possono avere delle “crisi Paese” (vedi Ucraina) che si riflettono anche sulle adozioni, che pertanto possono subire forti rallentamenti o sospensioni (che incidono quindi qualche volta in maniera determinante sul numero complessivo di adozioni portate a termine). Si è riscontrato, inoltre, che il proficuo confronto con i Paesi di accoglienza (come è l’Italia) ha consentito nei Paesi di origine l’elevarsi della sensibilità politica ed istituzionale che ha portato a sviluppare ed implementare politiche nazionali di maggiore tutela dei diritti dei minori, che hanno determinato in quei Paesi modifiche normative che da una parte hanno rallentato le procedure di adozione (anche con un calo del numero dei bambini adottati) ma che, d’altra parte, hanno significato l’elevarsi dello standard qualitativo delle tutele per i minori e quindi una maggiore aderenza alle normative internazionali poste a presidio di tali diritti.
Se si vuole considerare il fenomeno (o il successo) dell’adozione internazionale considerando solo l’ottica dei numeri, l’Italia per il 2013 si colloca ancora al secondo posto dopo gli Stati Uniti, con 2.825 bambini adottati. Preme però mettere in evidenza che una lettura che pone l’attenzione solamente sul dato numerico rischia di falsare l’analisi del fenomeno, poiché sposta l’attenzione dalla qualità alla quantità. È assolutamente necessario, invece, valutare il fenomeno sotto il profilo della qualità, e in quest’ottica il sistema di accoglienza adottiva italiano complessivamente – sia con riguardo alla disponibilità e alle capacità delle coppie adottive, sia con riguardo al sistema istituzionale posto a governo dell’intera procedura – risponde nella maniera più idonea a livello mondiale ai reali e più profondi bisogni dell’infanzia abbandonata.
Quindi non è corretto parlare di “crisi delle adozioni”, poiché il criterio guida attraverso cui valutare il fenomeno deve essere quello qualitativo della tutela del superiore interesse del minore e della garanzia che ai minori adottati venga assicurata una accoglienza familiare idonea e non il criterio numerico di quanti minori vengono adottati ogni anno. Ciò risponde a quanto la Convenzione dell’Aja, ratificata dall’Italia con la legge 31 dicembre 1998 n. 476, chiede espressamente agli Stati aderenti di fare:  l’adozione internazionale è, infatti, in funzione dell’interesse del bambino e il pur apprezzabile desiderio degli adulti di offrire accoglienza familiare ad un minore può essere soddisfatto solo se il bambino non può trovare nel suo Paese una dimensione umana,  di cui fa parte anche il diritto a vivere nel proprio Paese. Quindi in attuazione della Convenzione, ogni Stato di accoglienza ha l’obbligo di verificare la possibilità che il minore possa crescere in un clima di felicità, d’amore e di comprensione nel proprio Paese di nascita e l’obiettivo comune degli Stati che hanno ratificato la Convenzione è che il numero delle adozioni internazionali vada sempre più riducendosi, perché non più necessarie.

In questa cornice, come si muoverà quindi la Cai?
In questa prospettiva, tra gli impegni prioritari della Commissione per le adozioni internazionali ci sarà l’implementazione della cooperazione internazionale nello spirito della Convenzione de L’Aja. Il sistema italiano in ambito internazionale viene già considerato “un modello” da seguire, grazie anche all’attività costante di raccordo e confronto che l’Italia svolge con tutti i Paesi di accoglienza. Con i Paesi di origine (cioè dove l’Italia adotta) esistono ormai rapporti consolidati e di collaborazione. L’Italia si assicura che in tutti gli Stati stranieri in cui opera per le adozioni internazionali le normative e le procedure di adozione siano rispettose dei principi espressi dalla Convenzione dell’Aja e che quindi rispondano agli standard di garanzia e trasparenza necessari ad assicurare la tutela del superiore interesse dei minori. Fermo ciò, i vari Stati hanno ognuno procedure e modalità operative spesso profondamente diverse e ciò comporta per la Commissione una delicata, complessa e continua attività di confronto, controllo e verifica per assicurare l’effettivo rispetto sia dei diritti dei minori adottati che degli aspiranti genitori adottivi. A tal fine una delle attività che impegnano particolarmente la Commissione è la negoziazione e la stipula di accordi bilaterali con i vari Paesi di origine, atti a facilitare i rapporti tra i due Paesi e a rendere il sistema di adozione più sicuro.
 

Sul nuovo numero del magazine (in edicola dal 6 giugno) la presidente della Cai interviene nella discussione sulla riforma delle adozioni internazionali. Per continuare il dibattito e fare proposte, nell'ambito della imminente riforma del terzo settore, scrivere a s.decarli@vita.it


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