Economia & Impresa sociale 

Il senso ci viene solo dal dono

Stato, mercato e filantropia si aggirano oggi all’interno di tre paradossi: il paradosso dell’incompletezza, quello della generosità viziata e quello di un benessere locale spacciato per universale. Così scrive Pier Mario Vello in La società generosa, scritto con Martina Reolon. Eccone un estratto

di Redazione

La crisi ha fatto emergere un esito ormai evidente: Stato, mercato e filantropia hanno mancato di imboccare la strada dell’uguaglianza, in alcuni casi a causa di strategie rivelatesi errate, in altri a causa di insufficienza negli sforzi o contraddittorietà nelle azioni.

Stato, mercato e filantropia si aggirano oggi all’interno di tre paradossi: il paradosso dell’incompletezza, quello della generosità viziata e quello di un benessere locale spacciato per universale.

Il paradosso dell’incompletezza: i tre settori hanno agito a dir poco in maniera distonica tra loro e senza una visione comune di etica sociale o un progetto comune di società desiderabile, senza rendersi conto che nessuno di loro, preso singolarmente, può nemmeno lontanamente contribuire a risolvere i problemi sociali fatti emergere dalla crisi. Esiste un racconto africano che dice: tre fratelli si trovano lontano dal loro padre ma a ciascuno di loro il padre ha regalato un oggetto magico. Ad uno ha dato uno specchio con cui può vedere le cose che accadono lontano. Al secondo ha regalato dei sandali che, se calzati, permettono di fare molte miglia con un solo passo. Al terzo ha regalato un sacchettino di erbe magiche che guariscono dalle malattie. Ora, il padre si ammala gravemente ed è sul punto di morte. Quale dei tre fratelli lontani sarà in grado di aiutare il padre? La risposta è: nessuno di loro, preso singolarmente. Perché solo l’unione dei tre oggetti magici è in grado di metterli in grado di soccorrere il padre. Stato, mercato e filantropia si trovano nella stessa condizione: ciascuno di essi ha prerogative insufficienti se non unite alle altre forze.

Il secondo è il paradosso della generosità viziata: la filantropia si trova entro questo circolo vizioso, in quanto essa si mantiene ricavando il denaro dal settore dell’economia e della finanza, che sono in gran parte responsabili della stessa crisi che causa inuguaglianza e problemi sociali. La filantropia, in quanto espressione della generosità organizzata, si trova in una situazione particolarmente critica. Ridotta a intervento marginale e spesso tardivo, insufficiente a modificare l’assetto iniquo della società, essa agisce operando investimenti e finanziando progetti con denaro che deriva dalle stesse arene che hanno creato disuguaglianze o ingiustizie, cioè principalmente dal mercato. Abbiamo così la paradossale situazione in cui i filantropi da una parte sono soggetti che operano per il bene pubblico e per sanare le disuguaglianze sociali, dall’altra, sono soggetti che ricavano le loro risorse esattamente dal sistema entro cui queste disuguaglianze si originano.

Il terzo è il paradosso dell’universalità mancata. I tre settori, Stato, mercato e filantropia sono in grado di risolvere i gravi problemi sociali dovuti all’inuguaglianza strutturale solo se assumono un punto di vista universale. In realtà invece, Stato e mercato sono costituzionalmente locali, in quanto l’uno agisce entro un campo ristretto dalla cittadinanza e da precisi confini, e l’altro è per natura orientato a trarre profitto solo per un numero ristretto di persone che appartengono al proprio ambito. Stato e mercato sono propensi a orientarsi verso convenienze e utilità locali. 
La filantropia intercetta invece alcuni problemi sociali che hanno dimensioni spesso planetarie e universali. Ma, tuttavia, soffre d’impotenza, in quanto le sue dimensioni sono insufficienti anche solo a tentare di sanare a livello globale i problemi di cui si occupa. E così la filantropia è confinata ad un ruolo marginale e sussidiario, mentre il mercato si culla nell’illusione di poter raggiungere una dimensione universale grazie alla trionfale quanto falsa idea di trickle-down economy, cioè di un’economia che a forza di arricchire i più ricchi del pianeta alla fine, prima o poi, farà arricchire anche i più poveri. In realtà, quello che è sotto gli occhi di tutti è che i più ricchi del pianeta sono diventati tali proprio grazie all’esistenza dei più poveri, che funzionano da bacino di fornitura di mano d’opera a basso costo per un’economia di massa privilegiata.

Al di là delle soluzioni tecniche, economiche, finanziarie e politiche, che agiscano a risolvere la crisi, ci sembra che in realtà vi sia la necessità di una cultura sociale totalmente nuova rispetto a quella dell’ultimo scorcio del secolo scorso, intesa come insieme di valori idee e comportamenti che permettano di agire sulla realtà in modo differente da come è stato fatto nel passato. 

[estratto da Pier Mario Vello – Martina Reolon, La società generosa, Vita/Feltrinelli, Milano 2014]

 

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