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Politica & Istituzioni

Renzi: noi Generazione Telemaco dobbiamo meritarci l’eredità dei nostri padri

Il premier apre il semestre europeo di presidenza italiana. E lo fa con un discorso a braccio, alto, di una ventina di minuti in cui torna alle radici dello stare insieme europeo. «Abbiamo firmato tutti insieme un patto che si chiama “di stabilità e di crescita”. La crescita serve all'Europa non solo all'Italia»

di Lorenzo Alvaro

Le aspettative alla vigilia erano tante. La stima degli Stati Uniti per la capacità di leadership italiana in Europa, l’apertura del rigorista Wolfgang Schaeuble sulla necessità di rafforzare la crescita, le rassicurazioni di Schulz su un’ampia maggioranza all’europarlamento favorevole ad una maggiore flessibilità nel patto. Il discorso di Matteo Renzi all'Europarlamento è stato tutto improntato sulla necessità di spingere crescita e sviluppo, che secondo il Premier, passa necessariamente dal riscoprire le radici del comune stare insieme su cui si fonda l'Ue, con un occhio di riguardo per temi come l'immigrazione, il Servizio Civile Europeo e le politiche estere. Un discorso alto, di una ventina di minuti, popolato di cultura e di personaggi dell'Odiessea e della Divina Commedia, ma anche dei termini smarti tipici del premier “Google maps”, “selfie”, ect. Un discorso interrotto per sette volte dall'applauso più quello finale.

Crescita
«Se oggi l'Europa facesse un selfie che immagine verrebbe fuori?». Così è iniziato lo speach di Renzi. «Mostrerebbe il volto della noia, una faccia stanca. Questa mattina avete chiuso il semestre greco. Se pensiamo nella storia quale sia il rapporto tra Grecia e Italia diremmo di cose affascinanti. Da Aristotele  e Dante, da Archimede e Leonardo da Vinci. Parleremmo di cultura. Invece guardiamo esclusivamente alle questioni economiche, alla crisi. Non possiamo sottovalutare la questione finanziaria. Ma l'Italia sostiene che la grande sfida del semestre europeo non sia elencare una serie di appuntamenti, che pure ci saranno. No, la grande sfida è ritrovare il senso profondo del nostro stare insieme. Se si tratta di mettere insieme le nostre burocrazie a noi italiani francamente basta e avanza la nostra. Rappresento un Paese fondatore dell'Ue che continua a dare ogni anno un contributo importante alle istituzioni europee e ne è felice e orgoglioso. Rappresento anche un partito che ha preso più voti di tutti in Europa. Nessuno ha preso più voti di noi. E li abbiamo presi non dicendo che le colpe erano europee ma nostre. Abbiamo detto che dobbiamo cambiare le istituzioni. Stiamo votando la riforma costituzionale sul Senato che cambiano le regole del gioco in Italia. Dobbiamo innanzitutto cambiare noi. Per questo siamo qui: non a chiedere cambiamenti ma a dire che stiamo cambiando. Ecco che allora è chiaro che la questione economica che stiamo vivendo non si riduce ad una richiesta di alcuni Paesi rispetto ad altri di cambiare le regole. Diciamo però che rispetta le regole chi si ricorda che abbiamo firmato tutti insieme un patto che si chiama “di stabilità e di crescita”. C'è la stabilità ma anche la crescita. E la crescita serve all'Europa non solo all'Italia. Senza crescita muore l'Europa».

Servizio civile europeo
«Non ci interessa giudicare il passato, ma cominciare il futuro, ora. Il mondo corre al doppio della nostra velocità. Abbiamo o no voglia di tornare a correre, tornare competitivi? E allora si deve partire dalle risorse umane. Non ci sarà un Europa degna di questo nome finché non ci sarà un Servizio Civile Europeo. Senza rimarremmo solo un puntino su Google Map».

Migranti
«L'Europa deve essere e tornare ad esser una frontiera. Lo è fisicamente. Se guardiamo insieme la cartina geografica, vediamo il Paese con il maggior numero di frontiere nel mondo. Questo ci pone molto problemi e in Italia lo sappiamo bene. È un momento in cui ci sono gravi problemi, in particolare in Libia, che stanno portando una serie di stragi nel mar Mediterraneo a cui stiamo cercando di fare fronte, e che sicuramente riusciremo ad affrontare sempre meglio nei prossimi mesi. Bisogna però rovesciare l'approccio. L'Africa deve vedere un protagonismo europeo non solo economico ma anche umano. Voi rappresentate, signori del Parlamento un faro di civiltà. Rappresentate la civilizzazione della globalizzazione. Se di fronte ad una donna che si chiama Asia Bibi, in carcere da anni in Pakistan perché cristiana, l’Europa non si indigna, significa che non stiamo facendo bene il nostro mestiere. Se non c'è reazione non possiamo definirci degni della grande responsabilità che abbiamo. Se di fronte a questi drammi continuiamo a usare frasi fatte, slogan vuoti senza avere il coraggio di affermare i nostri valori non andremo da nessuna parte».

Politica Estera
«Lasciatemelo dire concludendo: siamo una frontiera, l'Europa è una frontiera. L'Italia vuole vivere questo semestre portando la propria voce sulla politica estera in una cornice in cui diciamo che non si può non ascoltare chi chiede libertà. E contemporaneamente vogliamo dire che non si costruisce l'Europa contro qualcuno. La nostra più grande frontiera è l'Africa e dobbiamo investire sull'Africa, impegnandoci perchè non si continui ad assistere passivi a quanto accade in Libia. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a quello che succede in Medio Oriente. Dobbiamo dire anche con forza che Israele ha, non il diritto ma il dovere di esistere. Ma che non si può negare l'identità della Palestina. Il nostro semestre vuol essere nel quale non abbiamo paura di dire che la politica ha una dignità e in quella dignità riscopriamo il senso del nostro essere qui. L'Italia non chieda scorciatoie ma rivendica con orgoglio il fatto di essere qui».

Telemaco
«Siamo la generazione Telemaco. C'è un'intera letteratura su Ulisse. Nessuno parla del figlio, Telemaco. Che se ci pensiamo ha un compito più difficile. Perché non poteva stare ad attendere. Neanche noi possiamo attendere. Abbiamo il dovere di meritare, come Telemaco, l'eredità. L'invito non è semplicemente di ragionare di questioni economiche, su cui ci fare sentire con tutta la nostra forza. Il nostro destino non sta nelle monete che abbiamo in tasca ma nell'eredità che ci hanno lanciato i nostri padri e che dobbiamo meritarci giorno per giorno».


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