Attivismo civico & Terzo settore

Organizzazioni di Volontariato: si alle gare d’appalto

I giudici amministrativi lucani tornano sul tema, delicato e problematico. Il Tar Basilicata si è pronunicato favorevolmente alla partecipazione «alle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi di natura collettiva»

di Redazione

Con sentenza 23 giugno 2014, n. 411, il Tar Basilicata, sez. prima, ha ritenuto, nella scia di una giurisprudenza, nazionale ed europea, favorevole sul punto, che le organizzazioni di volontariato (e le ONLUS) possano partecipare alle gare per l’affidamento dei servizi di trasporto sanitario.

Il caso di specie prende avvio nel 2000, quando una ASL della regione Basilicata, ai sensi di una legge regionale, indiceva una trattativa privata per l’affidamento del servizio 24 ore su 24 di ambulanza e trasporto degli infermi. La lex specialis di gara prevedeva il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso. Tre le ditte invitate dall’ASL in parola, figuravano cooperative e Associazioni di Volontariato e/o ONLUS. Entro il termine previsto per la consegna delle buste, tre furono le proposte sottoposte all’attenzione dell’ASL.

Nella seduta pubblica, la Commissione giudicatrice:

  1. escludeva dalla gara la Cooperativa Croce Azzurra, in quanto non aveva presentato la documentazione richiesta;
  2. apriva le buste, contenenti l’offerta economica, degli altri due concorrenti, da cui risultava che l’Associazione di Volontariato aveva offerto un prezzo più basso rispetto alla cooperativa. Il rappresentante legale di quest’ultima, tuttavia, presentava alla Commissione giudicatrice alcune sentenze di Tar, secondo cui le Associazioni di Volontariato non potevano partecipare alle gare di appalto e la Commissione, dopo aver richiamato espressamente la Sentenza TAR Lombardia Sez. III n. 1869 del 3.3.2000, escludeva dalla gara l’Associazione di Volontariato e perciò dichiarava aggiudicatario provvisorio l’unico concorrente rimasto in gara, segnatamente, la cooperativa che si era posizionata al secondo posto.

Per chiarezza di esposizione, si ricorda che la sentenza del Tar sopra citata, inter alia, stabiliva che tra le attività marginali non si considerano quelle svolte in forza di apposita convenzione stipulata con gli enti pubblici, corrispettivi questi che si identificano con l’attività istituzionale, così come ribadito dalla giurisprudenza amministrativa: “E’ avviso del Collegio che l’ordinamento riservi alle organizzazioni in questione una particolare posizione, favorendone l’apporto ausiliario nei confronti della pubblica amministrazione, ma senza alcuna loro assimilazione alla logica di mercato, non potendo esse presentare in dipendenza del loro peculiare modello organizzativo e gestionale offerte indicanti un corrispettivo per i servizi da prestare, posto che le risorse economiche di cui possono beneficiare si alimentano in via esclusiva con i rimborsi spese sostenute, ivi compresi gli oneri di copertura assicurativa dei volontari impiegati. In proposito deve, quindi, concludersi che all’indizione di una pubblica gara per il conferimento del servizio di trasporto dei degenti del Presidio ospedaliero Bassini di Cinisello Balsamo non poteva seguire l’indifferenziato invito a parteciparvi, rivolto dalla resistente Azienda ospedaliera sia ad associazioni di volontariato sia ad imprese operanti sul mercato, considerata la giuridica preclusione al libero dispiegarsi fra di esse del principio di libera concorrenza” (T.A.R. Lombardia-Milano, sez. III, 9 marzo 2000, n. 1869, in Giurisprudenza italiana, 2000, 3, p. 4).

Contro l’aggiudicazione alla cooperativa presentava ricorso l’associazione di volontariato adducendo i seguenti motivi:

  1. violazione del principio di imparzialità e/o di buon andamento dell’azione amministrativa, in quanto, poiché la ricorrente era stata ammessa alla gara, non poteva più essere esclusa dopo l’apertura delle buste, contenenti l’offerta economica;
  2. violazione dell’art 70 L.R. n. 17/1980 e della lex specialis di gara, nonché eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto l’art. 10, lett. B, del Capitolato contemplava espressamente la partecipazione alla gara delle Associazioni di Volontariato, che peraltro erano state invitate dall’AUSL a formulare l’offerta; comunque non vi era alcuna norma di legge, che impediva alle Associazioni di Volontariato di partecipare alle gare di appalti pubblici; in ogni caso, se esistente, la relativa norma doveva essere specificata nell’impugnato provvedimento di esclusione;
  3. violazione dell’art. 7 L. n. 266/1991, in quanto tale norma prevedeva espressamente la facoltà degli Enti Pubblici di stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato.

Si costituiva in giudizio l’ASL, sostenendo l’infondatezza del ricorso.
Nella Camera di Consiglio del 28.9.2000 il difensore della ricorrente chiedeva l’abbinamento al merito.
All’Udienza Pubblica dell’8.5.2014 il ricorso in epigrafe passava in decisione.

I giudici amministrativi hanno ritenuto fondato il ricorso presentato dall’associazione di volontariato, ancorché alla sola domanda impugnatoria, escludendo, pertanto, il risarcimento richiesto.

Il Tar ha evidenziato che “secondo un consistente orientamento giurisprudenziale, formatosi al momento della proposizione del ricorso in esame, doveva essere impedita la partecipazione alle gare di appalti pubblici alle Associazioni di Volontariato e/o alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (cd. ONLUS)”. E ciò in quanto, si riteneva, che una siffatta partecipazione avrebbe provocato “un’alterazione della logica di mercato ed una turbativa al principio della libera concorrenza, a causa delle particolari agevolazioni fiscali di cui godono per il carattere non commerciale della loro attività istituzionale, non applicabili alle Cooperative: cfr. artt. 111, 111 bis e 111 ter DPR n. 917 del 22.12.1987 e le norme in materia di esenzione dall’IVA” (sul punto cfr. per es. TAR Lombardia Sez. III n. 1869 del 3.3.2000; TAR Lecce Sez. II n. 5806 del 5.9.2003; TAR Piemonte Sez. II n. 1043 del 18.4.2005; TAR Napoli Sez. I n. 3109 del 21.3.2006; TAR Piemonte Sez. II n. 2323 del 12.6.2006; TAR Piemonte Sez. II n. 3330 del 4.10.2006; TAR Veneto Sez. I n. 2034 del 25.6.2007; TAR Napoli Sez. I n. 1666 del 31.3.2008; CONTRA TAR Piemonte Sez. II n. 2427 del 15.12.2001).

I giudici hanno tuttavia ricordato altresì che detto orientamento giurisprudenziale è stato abbandonato dalla giustizia amministrativa (cfr. da ultimo C.d.S. Sez. III n. 2056 del 15.4.2013; C.d.S. Sez. VI n. 387 del 23.1.2013) e “censurato” dalla Corte europea di giustizia (cfr. per tutti Sentenza del 29.11.2007 nella causa n. 119/2006). Alla luce della recente evoluzione giurisprudenziale, si ritiene dunque che le associazioni di volontariato possano “essere aggiudicatarie di gare di pubblici appalti, in quanto l’assenza di fine di lucro non è di per sé ostativa della partecipazione ad appalti pubblici.” A ciò si aggiunga che, proprio in forza dei principi espressi a livello comunitario, alle associazioni di volontariato non è precluso assumere la qualificazione di imprese ai sensi delle disposizioni del Trattato istitutivo dell’Unione Europea relative alla concorrenza. Per vero, si ricorda che la medesima Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa n. 305/2008, ha ribadito che la normativa comunitaria deve essere interpretata nel senso che non può essere impedita la partecipazione alle gare di pubblici appalti ai “soggetti che non perseguono preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato”.

In questo contesto evolutivo, favorevole alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi di natura collettiva, i giudici amministrativi hanno ribadito che la legittimità di tale partecipazione sia da rintracciare anche nell’art. 5, comma 1, della L. n. 266/1991. Questa norma – a giudizio del Tar Basilicata – “nell’indicare le risorse economiche delle ONLUS, menziona, oltre ai “rimborsi derivanti dalle convenzioni” (cfr. lett. F), anche le “entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali” (cfr. lett. G).” Conseguentemente, continuano i giudici amministrativi lucani, “[…]deve ritenersi che le associazioni di volontariato e/o le ONLUS hanno la capacità di svolgere attività commerciali e produttive e, dunque, possono anche partecipare ai procedimenti di evidenza pubblica, quando non risulta dimostrato che la partecipazione al relativo appalto pubblico non abbia il carattere della marginalità.”.

A questa interpretazione della lettera della norma del 1991, tendente dunque ad escludere che a priori la partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica possa essere considerata “attività non marginale”, il Tar aggiunge un ulteriore richiamo. Il richiamo in parola è al d. lgs. n. 155/2006, che “ha qualificato tali persone giuridiche come “imprese sociali”, riconoscendo ad esse la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata, anche se non lucrativa, per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d'interesse generale.”

Alla luce del quadro giurisprudenziale, domestico ed europeo, sopra richiamato, i giudici amministrativi della Basilicata hanno riconosciuto che l’assenza di fini di lucro non esclude che le associazioni di volontariato e/o le ONLUS, anche se non iscritte alla Camera di Commercio o al Registro delle imprese, possano esercitare un’attività economica non costituendo l’iscrizione alla CCIAA un requisito indefettibile di partecipazione alle gare di appalto.

Conseguentemente, il Tar riconosce che il provvedimento di esclusione dalla gara dell’Associazione di Volontariato vada annullato e che da tale annullamento discenda automaticamente che l’aggiudicazione dell’appalto in questione spettava alla ricorrente, poiché, tra i due concorrenti rimasti in gara, era quella che aveva offerto il prezzo più basso.

Come sopra ribadito, tra le attività marginali non si considerano quelle svolte in forza di apposita convenzione stipulata con gli enti pubblici, corrispettivi questi che si identificano con l’attività istituzionale. Ed è proprio l’avvalimento delle organizzazioni di volontariato da parte della pubblica amministrazione ad avere portato “alla ribalta” il tema della partecipazione delle organizzazioni medesime alle procedura ad evidenza pubblica. Invero, nonostante la l. 266/91, attraverso l’istituto della convenzione, avesse inteso escludere le organizzazioni di volontariato dalle ordinarie procedure di assegnazione e fornitura dei servizi, in ragione della loro specifica configurazione, nel corso degli ultimi anni, si è assistito, ormai in molti casi, alla deroga alla suddetta esclusione, sia nell’ordinamento comunitario sia nell’ordinamento italiano.

E questa dicotomia tra la ratio della legislazione del 1991 e l’attualità delle azioni delle organizzazioni di volontariato – anche prendendo spunto dalle recenti linee guida del Governo per la riforma del Terzo settore – dovrebbe meritare un’attenta valutazione. Invero, si tratta di comprendere, da un lato, l’effettiva “contemporaneità” della convenzione ex l. 266 e, dall’altro, la partecipazione delle associazioni di volontariato alle gare d’appalto tout court intese. Al riguardo, si intende ricordare che il dpcm 30 marzo 2001, attuativo dell’art. 5, l. n. 328/2000, relativo ai rapporti tra P.A. e soggetti del terzo settore, stabilisce un intervento sussidiario delle organizzazioni di volontariato rispetto a quello delle realtà maggiormente organizzate in senso economico-imprenditoriale (leggi: imprese sociali) chiamate a partecipare ai confronti concorrenziali. E la valutazione in oggetto risulta a fortiori urgente considerati i numerosi interventi della Corte europea di giustizia.

Come più volte si è avuto di ricordare, in qualità di organizzazioni di Terzo Settore, le organizzazioni di volontariato costituiscono partner privilegiati delle pubbliche amministrazioni nella gestione ed erogazioni di servizi alla persona. La l. 266/1991 consente, infatti allo Stato, alle regioni e alle province autonome, ed alla categoria degli “altri enti pubblici”, di stipulare convenzioni con organizzazioni di volontariato, “purché iscritte da almeno sei mesi in apposito registro regionale e purché dimostrino attitudine e capacità operativa” (l. 11.8.1991, n. 266, art. 7, 1° co.).

La convenzione quale strumento preferenziale di raccordo tra l’azione degli enti pubblici e le organizzazioni di volontariato, il cui intervento deve rimanere ausiliario rispetto all’intervento di organizzazioni più complesse, è sottolineata anche in ordine all’erogazione dei servizi socio-assistenziali: “Le Regioni e i Comuni valorizzano l’apporto del volontariato nel sistema di interventi e servizi come espressione organizzata di solidarietà sociale, di auto-aiuto e reciprocità nonché con riferimento ai servizi e alle prestazioni, anche di carattere promozionale, complementari a servizi che richiedono una organizzazione complessa ed altre attività compatibili, ai sensi della l. 11 agosto 1991, n. 266, con la natura e le finalità del volontariato. Gli enti pubblici stabiliscono forme di collaborazione con le organizzazioni di volontariato avvalendosi dello strumento della convenzione di cui alla l. n. 266/91” (dpcm 30.3.2001, art. 3).

Si tratta quindi di delineare un percorso evolutivo per le organizzazioni di volontariato che riesca a contemperare i seguenti aspetti che, ad oggi, sembrano spesso in antitesi tra loro:

  • valorizzazione del ruolo delle organizzazioni di volontariato, in ragione, in specie, dell’agire volontario di quanti si impegnano in esse;
  • valorizzazione della funzione delle organizzazioni di volontariato, in ragione delle finalità perseguite, che quindi debbono poter trovare nella convenzione diretta con la P.A. (enti locali) la massima espressione della partnership istituzionale;
  • valorizzazione delle organizzazioni di volontariato nella loro dimensione di realtà capaci di produrre ed erogare servizi di natura comunitaria, che si può realizzare ammettendo le stesse alle gare pubbliche per l’affidamento dei servizi medesimi. Forse in questa direzione, sarebbe opportuno che le organizzazioni di volontariato assumessero la qualificazione giuridica dell’impresa sociale. Quest’ultima, ovviamente, non farebbe venir meno, la loro funzione e il loro ruolo indicati sub 1. e 2.;
  • mantenimento delle convenzioni ex art. 5, l. n. 266/91, discendenti dall’iscrizione nell’albo regionale delle organizzazioni di volontariato, per quelle attività per le quali si possa dimostrare l’assenza di un mercato contendibile.

In ultima analisi, si tratterebbe di combinare il principio di sussidiarietà sancito nell’art. 118 Cost. u.c. con la verifica delle capacità economico-produttive ed organizzative delle associazioni di volontariato. Considerando proprio l’evoluzione in senso economico-produttivo delle stesse, si potrebbe forse intervenire modificando il dpcm 30 marzo 2001, nel senso di eliminare il riferimento alle organizzazioni di volontariato quali enti giuridici non profit “suppletivi” rispetto alle organizzazioni non profit imprese sociali, mettendo le prime sullo stesso piano delle seconde.

da personaedanno.it


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