Cooperazione & Relazioni internazionali

La pratica “umanitaria” del roof-knocking

L'esercito israeliano non chiama più i civili per telefono. Adesso “bussa” sui tetti delle case con missili depotenziati. Solo dopo arrivano gli ordigni veri che radono al suolo gli edifici. Il lasso di tempo utile per salvarsi è circa un minuto

di Lorenzo Alvaro

«Sono David. Ci sono donne e bambini nella casa. Uscite. Tra cinque minuti arriverà un missile». Questo era il modo che l'esercito israeliano usava per avvertire la popolazione di un imminente attacco. Una telefonata. Spesso chiamando addirittura per nome la persone che rispondeva.

Oggi invece la prassi è cambiata. L'avvertimento avviene con una tecnica inziata nel 2006: il roof-knocking. Letteralmente “bussare sul tetto”.

Il funzionamento è semplice: viene lanciato un missile depotenziato, quindi con un potenziale che non gli permette di creare danni gravi agli edifici. L'esplosione serve a far capire a chi è nelle abitazioni che deve scappare. Dopo arrivano gli ordigni veri che radono al suolo gli stabili. L'idea è di permettere ai civili di mettersi in salvo, ma senza dare il tempo ai miliziani di sgomberare eventuali armi.

Ma è davvero così? Un video che circola su Facebook, prodotto da Elio Gorelli, editor di IWCA Suissenetwork dal titolo “sessantasettesecondi” (in copertina) dimostra come l'esercito israeliano lasci passare solo poco più di un minuto tra l'avvertimento e l'attacco vero e proprio. Il video si conclude con la domanda: “e voi quante cose riuscireste a fare in sessantasette secondi?”.

Altri video addirittura vedono il tempo a disposizione dei fuggiasci scendere a meno di un minuto (qui sotto passano circa 50 secondi).


https://www.youtube.com/watch?v=ZzfF4KJ8tRw

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