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Impresa sociale, il G7 promuove la riforma Renzi

Presentato questa mattina il rapporto della Task Force sul Social Impact Investment. La presidente dell’advisory board italiano Giovanna Melandri: «Il nuovo testo sembra orientato a superare gli ostacoli che fino ad ora hanno impedito lo sviluppo di un mercato degli investimenti sociali nel nostro Paese»

di Redazione

È stato presentato questa mattina a Roma, presso la Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari, il “Rapporto sugli investimenti ad impatto sociale nei Paesi G7 e in Italia(scaricabile in allegato dalle 12). A fare “gli onori di casa” è stata la presidente dell’Advisory Bord Italiano, Giovanni Melandri che ha anche firmato l’introduzione del dossier intitolato “La finanza che include: gli investimenti a impatto sociale per una nuova economia».

« La grande forza dell’impact investment, di cui si è occupata la Task Force, sta nella sua capacità di sostenere contemporaneamente processi di sviluppo, di innovazione e di inclusione sociale», ha spiegato Melandri,  «Questo messaggio generale risulta chiarissimo nel Rapporto finale della Task Force che da oggi sarà consegnato simultaneamente ai capi di governo di USA, Francia, UK, Giappone, Germania, Canada e che in Italia affideremo al Governo di Matteo Renzi. Ma il rapporto internazionale viene poi “calato” nei vari contesti nazionali dai singoli rapporti che, come quello che qui presentiamo, si sforzano di individuare concretamente le modalità migliori per creare, in ogni singolo Paese, un ecosistema capace di sviluppare la forza generativa dell’impact investing».

Continua la presidente: «Per difendere lo Stato sociale quale conquista civile, di fronte alle sfide severe e strutturali che la crisi ci impone, occorre radicalmente innovarlo, senza aggrapparsi ad una posizione meramente conservativa che rischia, paradossalmente, di favorirne le dinamiche destrutturanti». Da qui le raccomandazioni del board: «siamo alla ricerca di una via “continentale” all’impact investing, che recepisca gli aspetti più interessanti del modello anglosassone, valorizzando tuttavia le nostre radici. Un ecosistema dove giocano un ruolo fondamentale molti dei soggetti che ci hanno aiutato ad individuare le proposte contenute in questo rapporto. Un ecosistema in cui vi siano, per citarne solo alcuni, il mondo della cooperazione sociale e la struttura della raccolta privata del risparmio individuale, Cassa depositi e prestiti, come possibile protagonista delle garanzie necessarie per far decollare nuovi strumenti come i social bond, le fondazioni filantropiche d’impresa e le fondazioni bancarie che potrebbero avere un ruolo strategico nell’orientare una parte delle loro dotazioni di capitali verso gli investimenti ad impatto sociale». L’agenda dell’inpact, però non parla solo alle non profit. «Abbiamo guardato anche al mondo profit e alla PA», conferma Melandri, « alla possibilità di far crescere imprese ispirate alla realizzazione di un impatto sociale (profit with purpose) che possano contribuire ad una graduale trasformazione dell’economia e al ruolo rilevante delle pubbliche amministrazioni n qualità di committenti e acquirenti di servizi sociali che devono produrre il massimo impatto possibile dalle risorse pubbliche spese».

Il rapporto segnala, fra l’altro, come  nel periodo fra il 2014 e il 2020 la spesa sociale non coperta si aggira intorno al 171 miliardi di euro. Da qui l’urgenza di creare mercati attrattivi per investimenti ed investitori a impatto sociale. «Questa spesa e questo divario», si scrive ne rapporto, «sono i dati di partenza cui dobbiamo fare riferimento nel momento in cui immaginiamo un processo innovativo, di natura tecnologica ed organizzativa, che reingegnerizzi la spesa e realizzi nuovi modelli di intervento nel segno dell’efficacia e dell’efficienza. Alla finanza ad impatto sociale si chiede di assistere le imprese in questo processo di trasformazione, in primo luogo mettendo a disposizione capitale paziente ed allineato alla natura sociale degli interventi. In questo modo, indirettamente, l’impact investing contribuirà a ridurre il crescente gap tra risorse pubbliche e bisogni. L’identificazione di un contributo diretto e suppletivo dell’impact finance alla carenza di risorse pubbliche è, al contrario, un corto circuito incompatibile con la ricchezza e con l’articolazione di valori che caratterizzano i sistemi di welfare del nostro Paese e di altri Paesi dell’Europa continentale; ed è probabilmente la strada maestra per condurre il dibattito sugli investimenti ad impatto sociale nelle secche di un contenzioso ideologico».

Infine il via libera della Task Force alla riforma del settore e in particolare al superamento dell’attuale norma sulle imprese sociali: «Il 10 luglio 2014, il Governo Italiano, all’esito di un’ampia consultazione pubblica, ha approvato una legge delega di riforma del Terzo Settore e dell’impresa sociale che, tra i diversi interventi, prevede un’importante revisione dello statuto giuridico dell’impresa sociale. Tale riforma, che verrà discussa nei prossimi mesi, sembra essere orientata al superamento delle barriere normative che hanno fortemente limitato la crescita dell’impresa sociale e frenato, di conseguenza, il mercato degli investimenti ad impatto sociale. In particolare, rispetto alle criticità evidenziate dalla legge n. 155 del 2006 sull’impresa sociale, assumono rilievo, in un’ottica di finanza ad impatto sociale, la revisione della disciplina di distribuzione degli utili ed il legame tra imprenditorialità sociale ed impatto sociale misurabile». «Il legislatore italiano», conclude il rapporto,  «ha recentemente dimostrato sensibilità verso le tematiche dell’imprenditoria sociale anche su altri ambiti. Ne sono esempio, oltre alla legge delega succitata, le novità introdotte nell’operatività del Fondo Centrale di Garanzia per le e la legge sulle start-up del 2012 che include le start-up a vocazione sociale, ma la cui interpretazione successiva del Ministero dello Sviluppo Economico è risultata troppo restrittiva rispetto all’imposizione di requisiti di elevata innovazione tecnologica anche per l’impresa sociale».


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