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Cooperazione & Relazioni internazionali

5,4 miliardi di dollari per ricostruire Gaza

Un sacco di soldi che serviranno sì a ricomporre strutture e infrastrutture fatte a pezzi dalle bombe israeliane, ma che non ridaranno la vita ai 2.200 e più palestinesi uccisi come ai 73 israeliani morti.

di Marco Marcocci

Dopo la distruzione, la ricostruzione. È questo l’epilogo di una guerra tanto sanguinaria quanto assurda che nelle ultime ore si sta delineando nei confronti della Striscia di Gaza.

Così dalla conferenza dei donatori organizzata al Cairo nello scorso week end per trovare le risorse necessarie per risollevare Gaza dalle macerie è emerso che la comunità internazionale metterà a disposizione 5,4 miliardi di dollari, addirittura 1,4 in più di quanto stimato per ricostruire la Striscia.

Un sacco di soldi che serviranno si a ricomporre strutture e infrastrutture fatte a pezzi dalle bombe israeliane, ma che non ridaranno la vita ai 2.200 e più palestinesi uccisi come ai 73 israeliani morti.
Sono state decine di migliaia le case distrutte dai bombardamenti israeliani e l’economia, non solo della Striscia, ma anche della Cisgiordania, è stata messa in ginocchio.

Tra i donatori il ricco Qatar ha promesso da solo un milione di dollari, ma anche gli altri Paesi Arabi, l’Unione europea (450 mln) e gli Stati Uniti hanno fatto la loro parte.

La ministra degli esteri italiana Federica Mogherini ha richiamato l’attenzione sul fatto che i soli soldi non bastano in quanto “occorre mandare anche un messaggio politico” ed ha richiamato la comunità internazionale ad avere un ruolo di primo piano nel processo di pace perché “si rischia una nuova guerra, anche nei prossimi mesi”.

I grandi del mondo presenti al Cairo, si sono detti d'accordo sul fatto che i negoziati tra israeliani e palestinesi debbano riprendere a partire dall'accordo per il cessate il fuoco del 26 agosto scorso. Quindi dalle pre-intese sull'apertura dei valichi, sulla circolazione di mezzi e persone e sulle opere infrastrutturali, tra le quali porto e aeroporto.

Il presidente palestinese Abu Mazen ha ricordato che «la Striscia di Gaza ha conosciuto tre guerre, ha patito distruzioni immani e pagato un alto prezzo di sangue» e quindi ha aggiunto con determinazione che la violenza di Israele «non è più tollerabile» e si è appellato affinché si arrivi presto alla «fine dell'occupazione della Palestina». A questa dichiarazione ha fatto eco quella del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, che ha chiesto a Israele «porre fine al conflitto con il popolo palestinese».

Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha ricordato che Gaza è ancora una “polveriera” ed ha spiegato che il processo di pace deve prevedere anche un’inchiesta internazionale sui possibili crimini contro l'umanità commessi dalle parti belligeranti.

E Israele in tutto ciò? Sembra in confusione, da un lato il ministro degli Esteri di Israele, Avigdor Lieberman, ha sottolineato che l'assenza del suo Paese alla conferenza «non contribuisce alla serietà della discussione», dall’altro – secondo Haaretz – il premier Benyamin Netanyahu non è d'accordo su quanto detto dal suo ministro tant’è che ha accettato la richiesta egiziana che Israele non fosse presente al Cairo.

Uno scenario complesso, caratterizzato da fragili equilibri ed è per questo che gli osservatori internazionali ritengono che Anp possa decidere di rinviare a gennaio la discussione sulla mozione al Consiglio di sicurezza Onu per la fine dell'occupazione: sia perché ora non ha i voti necessari per farla approvare, sia perché dal Cairo si sono aperti nuovi spiragli per una pace possibile.

Attenta e precisa l’analisi di Catherine  Ashton, l'alto rappresentante della politica estera dell'Ue presente al Cairo: «ho visitato Gaza diverse volte e sono sempre rimasta colpita dalla difficoltà della situazione, ma anche dalla forza della gente. Oltre 1,5 milioni di persone non possono rimanere ostaggio di una questione politica irrisolta» ed ha aggiunto che la gran parte della donazione europea sarà utilizzata «per aiutare le famiglie in maggiore difficoltà». E di famiglie in difficoltà, aggiungiamo, nella Striscia ce ne sono davvero tante.
 


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