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Media, Arte, Cultura

I vent’anni che ci aspettano

Il 27 ottobre di 20 anni fa usciva il primo numero di Vita. Il suo direttore, di ieri e di oggi, per l’occasione, sul numero in edicola da venerdì prossimo, ha immaginato di rivolgersi al giornale stesso e di intervistarlo. Per fargli rievocare l’avventurosa nascita e soprattutto per verificarne le aspettative rispetto al futuro

di Riccardo Bonacina

In anteprima l'intervista che Riccardo Bonacina rivolge idealmente al suo Vita che, sul numero in edicola da venerdì 31 ottobre, apre la cover story in cui sono riassunte le testimonianze di tante firme che in questi anni sono state importanti per il giornale. Un servizio in cui Mauro Magatti, Leonardo Becchetti, Stefano Zamagni, Aldo Bonomi, Bertram Niessen, Chiara Giaccardi  e Luca De Biase raccontano, ognuno a proprio modo, i prissimi vent'anni.

La copertina del numero di Vita di novembre, in edicola da venerdì 31 ottobre

Cara VITA vent’anni non son mica pochi, un bel traguardo non c’è che dire e traguardo fors’anche insperato. Quando debuttasti in edicola il 27 ottobre del 1994 non avrei scommesso un euro su tale durata…
VITA: Non avevo certo pensieri sulla durata, talmente fu mozzafiato quel debutto, nascemmo da zero in soli tre mesi, dall’idea al giornale in fretta e furia. Eravamo fieramente ribelli, ce ne eravamo andati dalla Rai dopo quattro anni splendidi rifiutando di veder limitata la nostra libertà di narrazione. Con le associazioni che ci seguirono (allora una decina) decidemmo di metter su un giornale come strumento per il racconto dell’Italia impegnata e responsabile e come strumento per cambiare le politiche che ignoravano bellamente almeno un terzo del Paese. Il terzo migliore ovviamente. Non avevamo tempo per pensare alla durata, si correva e basta. Pensa che il secondo numero di Vita è uscito con due pagine impaginate al contrario! Da arrossire, e poi c’era da raccogliere abbonamenti, e spiegare il progetto ai primi soci coinvolti nella Società per azioni. Insomma, fatiche ed euforie degli stati nascenti. Alla terza settimana dal debutto ci trasferimmo armi e bagagli su una roulotte per andare ad Alessandria invasa dall’acqua e dal fango e raccontare da lì la mobilitazione dell’Italia dei volontari.

Sì sì ho capito, eravate giovani e forti e non siete morti…
VITA: Non faccia lo spiritoso perché di giornali nati e poi morti nel giro di pochi mesi in questi 20 anni ne abbiamo visti, ed erano pure meglio messi di noi per palanche, affacci tv e nomi di prestigio. Da Il Telegiornale il quotidiano di Di Pietro a Pubblico di Telese, vita media di tre mesi. Li ricordo senza arroganza e la lista sarebbe lunghissima le statistiche ci dicono che nell’ultimo decennio sono morte 60 testate, ed è dato tristissimo non crede? Sono stati anni duri per l’editoria, eppure un editore indipendente come noi è riuscito a traghettarsi sino a qui senza oneri per lo Stato e innovandosi stagione dopo stagione. Infatti decidemmo sin dall’inizio di non accedere ai finanziamenti statali per l’editoria. La libertà non è finanziabile, non crede?

A me sembrate un po’ presuntuosi, ma non posso che constatare che siete arrivati sin qui e, pur dentro i tanti cambiamenti, continuate a essere interessanti e anche un po’ corsari.
VITA: Interessanti non siamo tanto noi ma i protagonisti del nostro racconto, le voci di cui ci siamo fatti, e ci facciamo, tramite. Chi crede ancora che il mondo si possa cambiare in meglio.

Ecco ora mi fa la retorica dei buoni, per favore la smetta. Ci vuol altro e poi non è che il vostro mondo di riferimento sia immune da stanchezze, difesa di rendite residue, guerra tra bande. Eddai!
VITA: Vero ed è per questo che proprio quest’anno nell’anno dei nostri 20 anni abbiamo lanciato un Manifesto per ripartire dal titolo “Inmovimento”, per dire che non ci sottraiamo alle critiche e che non abbiamo paura di rompere le scatole, anzi, il rompere le scatole sta nella nostra mission. Il Manifesto, firmato da oltre 200 organizzazioni, iniziava così: «Il nostro impegno personale e quello delle nostre organizzazioni, in questi anni, sono innanzitutto modi di esercitare la cittadinanza, sono una forma attiva di partecipazione alla costruzione del bene comune e dell’interesse generale ». Ecco, non so se ora le è chiaro. Riguardo alla “guerra per bande” le voglio solo ricordare che la nostra esperienza è stata possibile perché una rete di organizzazioni (oggi ben 64) si sono messe insieme per avere e sostenere un media che li rappresentasse e narrasse. Perciò…

Ho capito, non si adiri per favore. Solo un’ultima cosa, come si vede tra vent’anni?
VITA: L’affanno del debutto, questo sì derivato da una certa passione verso la realtà, è diventato parte del nostro Dna, perciò niente piani quinquennali e tantomeno ventennali. Abbiamo solo due coordinate, la passione per la narrazione della realtà e la passione per la condivisione dei valori dei soggetti della società civile e delle loro pratiche che sempre più sono le sole a generare fiducia e speranza. Per il resto cammineremo dentro i cambiamenti come sempre abbiamo fatto, avendo da difendere non redditi o finanziamenti ma solo il senso del nostro lavoro e la voglia di continuare a farlo. Disponibili ad ogni innovazione a partire da quella in cui ci siamo già inoltrati: la rivoluzione digitale.


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