Solidarietà & Volontariato

Il 2015 sarà l’anno del volontariato sportivo

Il Centro Sportivo Italiano attiverà tre nuovi progetti in altrettanti Paesi in via di sviluppo. In occasione della Giornata internazionale del Volontariato parla il presidente Massimo Achini

di Redazione

«Non accontentatevi di vite mediocri, giocate in attacco». Le parole che il presidente del Centro Sportivo Italiano, Massimo Achini ha ascoltato lo scorso giugno quando con la sua associazione è stato accolto in udienza in Vaticano da papa Bergoglio, più che un invito sono state un vero e proprio assist.
 

 

«In quel preciso istante mi sono detto: noi siamo nati per portare lo sport a tutti e dappertutto e per farlo in questi anni siamo stati ad Haiti, in Albania, in Camerun, in Mozambico, in Centrafica e in Ruanda». Poi un secondo dopo mi sono chiesto: «Perché non far “esplodere” questa esperienza in qualcosa di più grande e coinvolgente? In una proposta strutturata di Volontariato Sportivo Internazionale?».
 

Massimo Achini, presidente CSI

«Anche perchè i nostri numeri sono cresciuti di anno in anno. La prima volta che siamo andati 2011, nel post terremoto di Haiti, eravamo in 5. L'anno scorso siamo andati in 42, che credo di poter dire sia la delegazione di cooperazione internazionale italiana  più numerosa partita l'anno scorso», sottolinea Achini, «ricordiamoci che poi abbiamo avuto tanti altri volontari che sono andati in  tanti Paesi per un totale di circa 70 persone».

«Quando Nelson Mandela diceva che lo sport può cambiare il mondo, diceva una cosa vera: la sperimentazione di Haiti, è stata una delle esperienze più significative che insieme possiamo regalare ai nostri giovani, a cui adesso vogliamo affidare il compito di portare lo sport nei Paesi in via di sviluppo». Parole che Achini ha voluto condividere con i tanti dirigenti ed amici del Centro sportivo italiano che a Milano hanno partecipato a un incontro dedicato proprio al lancio della proposta del Volontariato Sportivo Internazionale.

 

Ma cosa c’entra un’associazione che si occupa di sport di base con progetti di prima emergenza o di aiuto allo sviluppo tipici di un’organizzazione non governativa? «A questa obiezione», ragiona Achini, «risponde la nostra stessa esperienza di Port-au-Prince. Quando siamo arrivati là c’era bisogno di tutto, e soprattutto di case, di ospedali e presidi medici e sanitari e di acquedotti. I nostri volontari invece entravano nelle scuole con dei palloni. E in quel momento succedeva il miracolo: per bambini, che non hanno mai posseduto nulla e ai quali non è mai stato donato nulla, la possibilità di giocare con una palla significava poter guardare il mondo con occhi diversi e al allo stesso tempo per noi voleva dire incominciare a interagire con le famiglie e spiegare che le case, perché non crollino, vanno costruite in una certa maniera».

Fin qui il passato. Ma Achini ha in agenda per i prossimi mesi una scaletta – per ora interna al circuito Csi («ma siamo in cerca di alleanze») – che prevede in successione: a gennaio l’attivazione di un ufficio volontariato internazionale, a febbraio l’avvio del primo corso di formazione al volontariato internazionale sportivo composto da 10 lezioni («perché vogliamo fare le cose per bene e per andare in certi contesti è necessario essere preparati») e quindi due nuove trasferte ad Haiti e in Albania.

«Vorremmo caratterizzare il 2015 come la nascita definitiva del Volontariato Sportivo Internazionale. L'idea è quella di esportare l'esperienza di Haiti al maggior numero possibile di Paesi in via di sviluppo. Siamo subissati di richieste, dalla Sierra Leone al Brasile, dall'Ecuador al Ruanda fino al Camerun, tutti ci chiedono di andare. L'obbiettivo è riuscire ad aprire tre progetti in altrettanti Paesi nuovi. Dobbiamo solo trovare le risorse» conclude Achini. 
 


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