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Sostenibilità sociale e ambientale

In Europa ritornano i grandi carnivori

Uno studio presenta il trend in crescita delle popolazioni europee di orsi bruni, lupi, linci e ghiottoni. Secondo uno degli studiosi la ripresa dei grandi carnivori è dovuta al successo del modello europeo

di Antonietta Nembri

I grandi carnivori europei sono tornati. A dirlo è uno studio realizzato da un team internazionale che conta quasi 80 ricercatori e che numeri alla mano definisce positivamente il trend di crescita delle popolazioni europee di orsi bruni (Ursus arctos), lupi (Canis lupus), linci (Lynx lynx) e ghiottoni (Gulo gulo), dopo i minimi storici toccati tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso. I risultati sono stati pubblicati su Science.
Secondo Guillaume Chapron, ricercatore dell’università svedese e coautore dello studio, il ritorno dei grandi carnivori è la prova del «successo del modello europeo».
In un’intervista a La-croix.com, Capron sottolinea che «l’emergere di una coscienza ambientalista negli anni settanta ha permesso la messa a punto di politiche comuni europee di protezione della biodiversità». Viene citata la Convenzione di Berna e la direttiva Habitats. «Parallelamente – fa notare Chapron –  sono anche aumentate le popolazioni degli ungulati (come i cervi) che sono le prede naturali dei carnivori».

Oggi in Europa ci sono il doppio dei lupi degli Stati Uniti (escluso l’Alaska) considerando una superficie due volte più piccola e una densità di popolazione due volte più grande, senza considerare poi che in Europa non vi sono quasi più foreste e territori "wilderness". Nel vecchio continente ci sono anche dieci volte il numero degli orsi bruni. Oltretutto le popolazioni di lupi, linci e orsi vivono per lo più al di fuori di zone protette e convivono con l’uomo a eccezione dei ghiottoni che sono diffusi nella sola Scandinavia. I bassi numeri negli Stati Uniti sono, secondo l’articolo di Science che ha pubblicato la ricerca, la conseguenza di politiche di sterminio intenzionali al di fuori delle riserve, un modello che in Europa non avrebbe mai potuto funzionare perché le popolazioni sono piccole e frammentate e hanno bisogno di spostarsi per mantenere la diversità genetica, e che, si dimostra, non funziona bene neanche negli Stati Uniti.

Certo non in tutta Europa la situazione è uguale: nei Balcani le linci sono diminuite, ma questo spiega Chapron è dovuto ai recenti conflitti che si sono combattuti in quel territorio, nei Vosgi (Francia) invece il problema è legato al bracconaggio e all’isolamento geografico.  «In Pologna – sottolinea Chapron nell’intervista a La Croix – gli stessi lupi sono divenuti degli alleati dell’industria forestale in quanto fungono da regolatori della popolazione degli ungulati che provocano diversi danni nelle foreste».

Interrogato sul numero di animali necessario per evitare l’estinzione su un territorio e le politiche di ripopolamento Chapron ha da un lato sottolineato come non solo sia necessario per il mantenimento di una popolazione di carnivori un numero minimo di esemplari, ma occorra anche «comprendere le cause del declino e assicurarsi di averle sradicate prima di reintrodurre degli animali».

Al momento, sottolinea l'articolo di Science, stanno prevalendo le forze positive, ma la necessità di monitorare la situazione ecologica e sociopolitica è fondamentale per assicurarsi che il trend rimanga positivo. L'Italia per parte sua non è il solo Paese europeo ad avere un rapporto conflittuale con i grandi carnivori: il bracconaggio, per esempio, limita il ritorno dei lupi in Scandinavia e in Francia e ha eradicato un tentativo di reintroduzione di orsi in Austria. «Questo non è il primo studio ad aver evidenziato che i grandi carnivori possono coesistere con l'uomo», si legge nell'articolo di Science. «Ma è il primo a mostrare che il modello della condivisione del territorio può funzionare su scala continentale».
 


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