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Manuel Agnelli: «La bestemmia è come una preghiera»

Mentre l'Occidente si interroga sulla libertà d’espressione e sui suoi eventuali limiti abbiamo chiesto a Manuel Agnelli, leader degli Afterhours il suo punto di vista. «Tutto è lecito. Ogni espressione, anche la più deteriore, blasfema e negativa. Anche perché non si capisce chi dovrebbe stabilire ciò che è permesso e ciò che non lo è. La blasfemia, anzi proprio la bestemmia, è dialogo con Dio»

di Lorenzo Alvaro

I fatti di Charlie Hebdo continuano ad interrogare l'Occidente su tanti temi. Quello forse più ingarbugliato è la libertà d’espressione. Abbiamo deciso di parlare con Manuel Agnelli voce storica e leader degli Afterhours. Il punto di partenza è la canzone 1.9.9.6., traccia d'apertura del disco manifesto del gruppo “Hai paura del buio?”, che inizia con una bestemmia. Un'invettiva frontale, cruda e passionale a Gesù Cristo. Giovanni Testori scriveva «T’ho amato con pietà / Con furia T’ho adorato / T’ho violato, sconciato / bestemmiato / Tutto puoi dire di me / Tranne che T’ho evitato». Agnelli ne parla come del suo personale dialogo con Dio. Ecco cosa ci ha detto.
 

Manuel Agnelli
In questi giorni si fa un grande parlare di libertà di espressione. Cos'è per un musicista la libertà di esprimersi?
La libertà di esprimersi è la libertà totale di esprimere a parole o in altre  forme artistiche, qualsiasi tipo di idee e suggestioni. Anche le più deteriori, terribili, negative e antisociali. Questo perché l'espressione di un'idea non è la sua messa in pratica. Un conto è pensare, analizzare e discutere. Altro è mettere in pratica. Non voglio minimizzare le ideologie o il pensiero. Voglio dire che affrontando ogni tipo di tematica ci aiutiamo a capire, a risolvere e a non avere paure delle cose. Non affrontare, limitarsi, genera solo paura, confusione. E soprattutto non comprensione. Ma poi chi decide di cosa si può o meno parlare. Chi è il giudice?

Quindi non c’è nessun limite?
No, nell'espressione non esistono limiti. Ognuno può dire, scrivere e rappresentare qualunque tipo di idea. È solo nella messa in pratica che bisogna capire se si pone un problema, se nel concreto si finisce per ledere la libertà altrui. La rappresentazione di un'idea invece non è coercitiva o lesiva della libertà degli altri, mai.

L'album manifesto degli Afterhours, “Hai paura del buio?” inizia con una bestemmia, e continua con un'invettiva nei confronti di Gesù Cristo a cui urli «Offenditi! C'è una dote che non hai, non è chiaro se ci sei. Sei borghese, arrenditi!»…
Si è una bestemmia. Ma non si esaurisce lì. È un dialogo personale. È un'invettiva. In parte anche contro un finto ribellismo tipico dell'ambiente che frequentavo all’epoca e contro cui mi scagliavo.  

In qualche modo dunque alla scena del film Forrest Gump in cui il Tenente Dan, sul peschereccio, ha quello scambio durissimo con Dio e con la tempesta?
Esatto. È proprio così. E in questo modo apriamo l'altro grande tema all’interno del dibattito sulla libertà d’espressione che è la regolamentazione della religiosità delle persone. Uno deve avere una propria spiritualità, per come meglio crede, se crede. Al di fuori anche dei canali di chi amministra i culti. A mio avviso, ad esempio, la religione cattolica è integralista da questo punto di vista. Io non voglio una scuola che mi dica come mi devo comportare nel mio rapporto con Dio. Ho recentemente accompagnato mia mamma ad Assisi, perché ci tiene. La mercificazione che ho visto, ad opera della stessa Chiesa, mi ha fatto venire la nausea. È quello il messaggio di San Francesco? O io posso avvicinarmi a lui al suo esempio senza dover passare attraverso l’istituzione della Chiesa? Io dico che posso



Perché nella versione che avete rifatto con Edoardo Bennato la bestemmia non c'è più?
È proprio questo il punto. Non aveva più senso. Quella bestemmia era diventato un cliché. Ai concerti la gente aspettava solo la bestemmia per ridere. Non era più una cosa che faceva riflettere ma un gioco stupido e grottesco.

Il Papa ha detto che chi offende la mamma, intendendo la fede, si deve aspettare un pugno. Sei pronto a riceverlo?
Assolutamente no. Trovo che sia un'affermazione molto brutta. Che giustifica certi comportamenti. E non vorrei che fosse dovuta alla paura. 

In tanti, da Marco Revelli a Moni Ovadia, hanno sottolineato come l'Occidente debba capire cosa c'è dentro alle parole libertà, democrazia e giustizia. Sono concetti che vanno riempiti di senso altrimenti rimangono vessili senza senso. Tu sei in giro con “Hai pura del buio?”. C'è più buio nel terrorismo o nella mancanza di senso e di identità?
C'è un'ipocrisia di base nel nostro sistema che non scopriamo oggi. Detto questo mettere in dubbio l'etica di un certo tipo di valori, come libertà, uguaglianza e democrazia, solo perché noi non riusciamo a metterli in pratica è stupido. Invece di metterli in dubbio proviamo a realizzarli, per quel che si riesce. Il limite non deve essere una scusa. Quei valori sono giusti e non si deve accettare chi dice «tanto le cose vanno così». È una posizione sbagliata

Come si batte questo buio? O meglio come si torna a dare un senso a queste parole?
Con la discussione, con l'intervento sociale attivo. Con la partecipazione delle persone e con l'educazione. Che la sia accetti o che la si rifiuti l'educazione fornisce punti di riferimento. La cultura è una strada imprescindibile per dare i mezzi alle persone di affrontare la vita. Non possiamo sempre delegare ai leader, alle sette, alle associazioni. Ognuno di noi deve trovare la strada, la propria strada. Per farlo ha diritto e dovere di avere un’educazione. È l’unica possibilità perché le persone si strutturino. Oggi vivamo in un mondo di persone detrutturate e si vede. E non credo che sia un caso

La tua guerra personale contro il buio la intraprendi anche nell'imminente Tour teatrale?
Sì, anche se è una briciolina che conta pochissimo. Ma non è che se è una gocciolina nel mare non vale la pensa farla. Abbiamo tutti il dovere di fare il nostor piccolo pezzettino. Io faccio queste cose. È solo quel pochissimo che posso mettere sul piatto. Ma è un dovere.
 


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