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Cooperazione & Relazioni internazionali

Milesi: «Cesvi continuerà il proprio impegno in Libia, anche se da remoto»

Il presidente Giangi Milesi descrive l’impegno libico della onlus impegnata dal 2001: «Nel 2015, per motivi di sicurezza abbiamo dovuto spostare l’ufficio Cesvi di Benghazi e coordinare/controllare le attività da Tunisi. Ma il nostro lavoro continua»

di Giangi Milesi

Pur avendo deciso di non intervenire nel dibattito nazionale intorno alle vicende libiche, abbiamo valutato opportuno approfittare dell’attenzione dei media per far conoscere la nostra attività in Libia.

Lo abbiamo fatto attraverso la voce di Ahmed Kashbur, Coordinatore dei progetti Cesvi in Libia, che parla perfettamente italiano e lavora con noi dal 2011.

Ahmed ha rilasciato interviste telefoniche a diverse emittenti radiofoniche italiane tra le quali Radio Rai 1 Voci del mattino lunedì alle 06:45 (dal min.00:33) e Radio Rai 3 – Tutta la città ne parla (postcast  del 16/02/2015 libia, isis al potere? rosa polacco con fiorenza sarzanini, ahmed kashbur, ernesto galli della loggia, roberto toscano, bruno bonu). Infine ha descritto la situazione in un’intervista rilasciata al Redattore Sociale.

Nel 2011, all'indomani della primavera araba, siamo stati la prima Ong italiana operativa in territorio libico. Ancora oggi lavoriamo nella protezione dei settori più vulnerabili della popolazione: i rifugiati, i richiedenti asilo, i migranti irregolari e gli sfollati interni, vittime delle continue violenze che affliggono il Paese. Nel 2014 – in collaborazione e con il supporto di UNHCR – abbiamo censito e assistito 5mila famiglie fornendo sostegno economico, assistenza medica e supporto psicosociale nelle aree di Tripoli, Benghazi e Al Marj. Stiamo anche concludendo un progetto finanziato dalla Cooperazione Svizzera a sostegno degli sfollati interni (dei quali continueremo ad occuparci in collaborazione con UNHCR).

Nel 2015, per motivi di sicurezza abbiamo dovuto spostare l’ufficio Cesvi di Benghazi e coordinare/controllare le attività “in remoto” da Tunisi. Ma il nostro lavoro continua.

Gli scontri tra milizie e gruppi armati hanno causato danni agli edifici pubblici, agli aeroporti, alle stazioni di benzina, alle strade, ai ponti… e un generale peggioramento delle condizioni di vita della popolazione: scarsità di cibo, di benzina, di acqua, di elettricità; mancanza di liquidità; aumento della criminalità. L’acuirsi della crisi ha generato un aumento degli sfollati interni.

Nonostante il caos, i rifugiati e richiedenti asilo continuano ad arrivare in Libia, principalmente dalla Siria oltre che dall’Africa Sub Sahariana. Nel Paese non c'è un sistema nazionale di registrazione dei richiedenti asilo e di riconoscimento dei rifugiati né meccanismi di controllo. Ecco perché ci occupiamo della registrazione oltre che della protezione. I nuovi obiettivi concordati con UNHCR sono più prudenti dei precedenti (2.000 rifugiati, richiedenti asilo e migranti da censire e 3.000 nuclei familiari da assistere), ma inevitabilmente questi numeri cresceranno.

Infine, con il deteriorarsi della situazione, il numero delle persone che tentano di attraversare il Mediterraneo è aumentato. Nonostante le temperature invernali, già 7.628 migranti sono sbarcati sulle coste siciliane e a Lampedusa dall’inizio del mese ad oggi, esattamente il 130% in più rispetto all’intero febbraio del 2014. Una progressione che ci spinge a intensificare il nostro impegno per accompagnare la crescita del progetto siciliano AccoglieRete per il tutoraggio dei migranti minori non accompagnati (che sono sempre oltre il 10% degli immigrati che sbarcano in Italia).


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