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Ospedali psichiatrici giudiziari, via alla riconversione. Ma…

L'intervista al sottosegretario alla salute e Presidente dell’Organismo di Coordinamento del processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, Vito De Filippo a 25 giorni dalla chiusura definitiva degli OPGi. «A questo processo in corso si affiancherà l’accoglienza e l’assistenza dei soggetti dichiarati non dimissibili in strutture residenziali appropriate, le REMS»

di Sara De Carli

Mancano 25 giorni al 31 marzo, data in cui per legge gli OPG dovanno chiudere per sempre, come raccontiamo sul nuovo numero di Vita in edicola. Se gli OPG chiuderanno – e dopo due proroghe questa sembra la volta buona – sarà perché si è smesso di ragionare in termini di strutture per pensare in termini di percorsi di presa in carico. Si sta aprendo una nuova pagina, in cui la “pericolosità sociale” fa un po’ meno paura. Evitare la terza proroga, tuttavia, non significa che tutto sia a posto. Ecco il punto della situazione secondo l’onorevole Vito De Filippo, sottosegretario alla salute e Presidente dell’Organismo di Coordinamento del processo di superamento degli OPG. Compresi i nodi critici come Castiglione delle Stiviere, aumento degli ingressi e i troppi posti letto nelle Rems.

Il 1° aprile 2015, come previsto dalla legge 81/2014, gli OPG chiuderanno davvero?
Siamo fermamente determinati a cogliere questo obiettivo. I nodi cruciali che stiamo affrontando sono la dimissione dei soggetti internati ma dichiarati dimissibili e la loro conseguente presa in carico da parte dei dipartimenti di salute mentale delle Regioni di residenza. A questo processo in corso si affiancherà l’accoglienza e l’assistenza dei soggetti dichiarati non dimissibili in strutture residenziali appropriate, le REMS, conformi ai requisiti definiti con il decreto ministeriale 1° ottobre 2012.

Nel 2011 le persone internate in OPG erano 1.400, a novembre 761: oggi, nell’imminenza della chiusura, quante sono le presenze in OPG? Come giudica il percorso fatto?
Ad oggi registriamo un ulteriore riduzione della platea a 708 persone, di cui circa la metà giudicate dimissibili. E questo è chiaramente il risultato di un lavoro che sta procedendo e andando nel verso giusto. Ma torno a dire, l’obiettivo deve essere raggiunto con il definitivo superamento degli Opg.

Anche dopo la legge 81/2014, però, gli invii in OPG non diminuiscono, anzi aumentano (77 a trimestre contro 67 a trimestre, dice la Seconda relazione al Parlamento): come mai? Ciò significa forse che la magistratura non ha recepito le novità della legge 81 nelle proprie decisioni? Come si affronta questa questione?
Difficile dare un giudizio generale su storie singole che riguardano singole persone, a maggior ragione quando i numeri sono così modesti e tali da non poter nemmeno disegnare una tendenza. Certo, è  necessario proseguire l’opera di sensibilizzazione della magistratura di sorveglianza su questa complessa questione, come stiamo facendo con la fattiva collaborazione tra il Ministero della Salute, il DAP e tutti gli uffici competenti del Ministero della Giustizia. La legge prevede che i pazienti possano essere internati solo quando non esista altra misura idonea ad assicurare cure adeguate e al contempo a fare fronte alla loro provata pericolosità sociale. Pericolosità che non va confusa con la marginalità sociale.

I posti letto previsti nelle REMS, pur ampiamenti ridotti rispetto ai mille iniziali, sono ancora molti più dei 400/450 che ad oggi risultano essere quelli realisticamente necessari. Non si tratta di un massiccio e inutile spreco di denaro pubblico?
Che ci sia una necessità di ridurre rispetto alla precedente programmazione è evidente, tanto che già si è iniziato a procedere in tal senso, arrivando anche a dimezzare, in alcune regioni, i posti letto precedentemente previsti. Ma al tempo stesso dobbiamo essere in grado di far fronte alle richieste e alle disposizioni della magistratura di sorveglianza, e non possiamo correre il rischio di trovarci privi di strutture idonee e dover improvvisare. Ma i programmi rimodulati sono in fase di approvazione e ci sarà un significativo risparmio rispetto ai 173 milioni di euro previsti a livello nazionale, cosa che consentirà anche di trovare nuove risorse per la realizzazione dei percorsi di reinserimento sociale.

Regione Lombardia ha scelto di riqualificare l’OPG di Castiglione delle Stiviere, che viene “riconvertito” in REMS ma che continuerà ad ospitare 120 persone, anche da Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta: è una riconversione di facciata? Cosa cambia davvero?
L’OPG di Castiglione delle Stiviere rappresenta un caso unico nell’ambito di questa tipologia di strutture con degli standard sicuramente avanzati per la normativa precedente. Questa positiva unicità ha permesso ora alla Regione Lombardia di individuarla quale struttura REMS con lievi modifiche strutturali, facendo fronte, come ha detto, anche alle esigenze di altre strutture. Questa scelta presenta aspetti positivi anche dal punto di vista clinico assistenziale, in quanto garantirà a molti dei pazienti già presenti nella struttura la permanenza in un ambiente a loro già familiare. E poi vanno considerati due aspetti. Innanzitutto la nuova organizzazione si basa non solo e non tanto su aspetti strutturali ma su una nuova concezione: è una nuova organizzazione della presa in carico di questi pazienti, e poi non dobbiamo pensare alla riforma come un adempimento da fare ad una tale data e poi dimenticare, mentre dobbiamo concepire il passaggio a REMS come un processo da monitorare ed eventualmente, adeguare anche dopo 1° aprile 2015. Ma anche a Castiglione delle Stiviere la situazione dovrà cambiare radicalmente da subito e sicuramente cambierà.

Il Governo intende davvero procedere al commissariamento delle Regioni inadempienti?
Indubbiamente non possiamo consentire che la norma resti inapplicata, per il rispetto che dobbiamo alle persone interessate e al livello di civiltà del Paese. Ma posso dire che anche da parte delle Regioni c’è, nel complesso, la stessa determinazione e che le difficoltà sono estremamente limitate. Certo, nel caso in cui dovessimo prendere atto di incagli perduranti, il commissariamento sarebbe una strada da percorrere.

Più di 700 persone sono uscite dagli OPG in questi ultimi anni e altre 300 stanno per uscire nei prossimi giorni: ovviamente per queste persone non si può pensare a dimissioni che equivalgano a un abbandono, ma vanno seguite con un percorso terapeutico sul territorio. Eppure da più parti si sottolinea disattenzione per la salute mentale territoriale, con le strutture residenziali che assorbono i due terzi dei budget di salute mentale. La chiusura degli OPG è un momento per tornare a spostare soldi e attenzione sulla salute mentale nei territorio?
Il Patto per la Salute, in generale, sposta le risorse della sanità dalla residenzialità al territorio e questa è la scelta che viene fatta anche per il potenziamento dell’assistenza relativa alla salute mentale. Chiaramente la chiusura degli OPG rappresenta un’occasione per proseguire in questo percorso spostando risorse dalla residenzialità alle cure primarie e aggiungo che anche la riduzione dei posti in REMS l’abbiamo interpretata in questo senso. Chiudere gli OPG rappresenta una nuova sfida per elevare la qualità dell’assistenza nei confronti di quanti vi erano internati, cosa che può avvenire in modo più efficace proprio sul territorio.


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