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Zamagni: «No all’Authority? Un errore madornale»

L’ex presidente dell’agenzia del Terzo settore commenta l’emendamento approvato ieri che riporta i poteri di controllo al ministero del Welfare. «Così si vuole tenere il non profit sotto tutela»

di Giuseppe Frangi

È deluso Stefano Zamagni. L’approvazione dell’emendamento, presentato dalla relatrice Donata Lenzi, all’articolo 2 della riforma del Terzo settore relativo a monitoraggio e controlli (vedi articolo correlato in fondo), che lascia, come già oggi, questi poteri in capo al Ministero del Welfare, non se l’aspettava. «È un errore madornale, perché questi poteri dovrebbero esser in capo ad un ente terzo. Così invece restano in mano allo stato, cioè a uno dei due soggetti  in campo. Questo vuol dire che i corpi intermedi devono stare sempre sotto l’ala protettrice  del pubblico. Cioè si tiene il Terzo settore sotto tutela e questo, tra l'altro, mi sembra vada contro i principi della stessa delega disegnata dal. Credo che all’estero ci rideranno dietro. Pensi a quanto sono avanti ad esempio con il modello della Charity Commission».

Il testo di partenza prevedeva che i poteri stessero alla Presidenza del Consiglio. Cambia qualcosa in termini di mancata terzietà?
No, non cambia niente da quel punto di vista. Ma prima c’era la promessa di una transitorietà, nel senso che era stata annunciata l’ipotesi di un’unità di missione presso la Presidenza del Consiglio per monitorare la Riforma e arrivare poi a scegliere la strada. Oggi lasciando di fatto le cose come sono, si cancella questa transitorietà della soluzione che poteva avere senso.

Come si spiega questo passo indietro?
Me lo spiego con il fatto che l’Italia è affetta da uno statalismo inguaribile. C’è una mentalità dirigistica che ha sempre l’ultima parola. C’è sempre la messa in scena delle dichiarazioni formali in sede di dibattito e poi con le decisioni finali si torna sempre indietro. Certo un po’ mi meraviglia, perché questa volta le premesse per fare le cose bene c’erano, Invece mi chiedo come il Parlamento abbia potuto accettare passivamente questo provvedimento. E poi c’è un’altra cosa che mi  meraviglia.

Quale?
Che quelli che hanno difeso sempre la sussidiarietà facendo addirittura un intergruppo, se ne siano stati ziti. Ma si rendono conto che una decisione come questa lede il principio da cui hanno preso il nome? Mi chiedo dove siano finiti?

Secondo lei c’è margine per ripensamenti?
Alla fine è la politica che decide. Quindi se c’è una volontà politica si può tornare anche a sperare che si arrivi ad un’authority. In fin dei conti anche l’Agenzia era stata frutto di una volontà politica.

 


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