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Servizio civile, lunedì il Bando. Monsignor Galantino: «Andare avanti»

Il segretario generale della Cei: Col servizio civile universale la riforma va nella strada giusta, «ma non deve venir meno la visione profetica di questa esperienza». Il sottosegretario Bobba intanto annuncia la prossima pubblicazione del Bando nazionale

di Vittorio Sammarco

La Chiesa alza il tiro e punta forte “Verso un nuovo servizio civile”, che non sia più solo un’alternativa, qualcos’altro rispetto ad un certo tipo di difesa della Patria o una semplice opportunità per cominciare a inserirsi nel mondo del lavoro. Ma un vero e proprio pezzo importante del percorso educativo dei giovani, finalizzato alla cittadinanza attiva, alla pace, alla giustizia sociale e alla solidarietà. È l'orizzonte del TESC (Tavolo ecclesiale sul Servizio civile, 16 organismi e associazioni laicali coordinate dalla Caritas, dall’Ufficio nazionale per i Problemi sociali e il lavoro, e dal servizio nazionale per la Pastorale giovanile) che oggi, nella giornata dedicata a San Massimiliano di Tebessa, primo martire cristiano obiettore di coscienza, ha tenuto un seminario per fare il punto sui progetti di riforma.

C’è un rischio: “sta venendo meno la dimensione profetica che era soprattutto presente quando era alternativo al servizio militare e si facevano 18 mesi al posto di 12. – ha detto preoccupato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei (in foto con Bergoglio) –. E invece bisogna riscoprire anche questa dimensione, perché i giovani ci tengono a far capire che non è un impegno qualsiasi.

I giovani, infatti, testimoniano una grande considerazione di questo strumento (i dati presentati dal prof Rosina dell’Istituto Toniolo sono confortanti: oltre 37 per cento degli intervistati – la recente ricerca ne ha sentiti circa 5mila – prenderebbe subito in considerazione l’ipotesi di fare un anno di servizio civile, altri ci pensano anche in considerazione degli impegni di vita, solo il 6,5 è del tutto interessato; Il 75 per cento lo consiglierebbe ad un coetaneo; e comunque l'80 per cento è d'accordo sul fatto che tutti i giovani dovrebbero fare un'esperienza di impegno civico a favore della propria comunità anche senza compenso di denaro). Eppure a vivere esperienze concrete di servizio sono stati solo 11 giovani su cento. Troppo pochi. Ecco perché il progetto del governo di arrivare a 100mila in servizio all’anno appare di grande respiro e coraggioso. E i 50 mila previsti già per il 2015 (con gli oltre 36mila volontari del bando nazionale che partirà, ha detto il sottosegretario Bobba, da lunedì prossimo), ne sono già un primo corposo passo avanti.

Ma bisogna renderlo strutturale, ordinario, di sistema, ha ribadito più volte  Galantino: “Ritengo che in questo ambito e in genere nell'ambito del welfare – sottolinea – se non cambia la testa di chi ci governa e non si comincia in modo serio a pensare che il welfare non è una spesa, ma un investimento, se non cambia questa mentalità, ci ritroveremo ad avere attenzioni ondivaghe dai responsabili istituzionali, e non c’è niente di peggio in questo ambito che essere sottoposti alle passioni di chi ci governa. È un impegno culturale, e in questa direzione devono andare i nostri sforzi”. Altrimenti, afferma, si rischia di essere vittima delle lobby che, al primo cambio di governo, spingono per riportare indietro il numero di giovani impegnati, con le cifre irrisorie che abbiamo conosciuto in questi anni.

Quindi fanno ben sperare sia l’inserimento del Servizio Civile nel testo della Legge delega di Riforma del Terzo settore che sta per essere portata a termine alla Camera, sia l’investimento previsto nella Legge di stabilità per il 2015. Ma non bisogna abbassare la guardia, dicono i referenti del Tavolo.

Puntando su diversi fronti: la costruzione di reti stabili che rafforzino le relazioni in un epoca di individualismo e di esasperazione dei particolarismi; lasciando traccia del già fatto, costruendo un deposito di memoria che faccia delle buone pratiche un tesoro condivisibile; non riducendo il periodo di svolgimento del Servizio che nel caso fosse troppo breve limiterebbe il percorso educativo; allargando la dimensione europea: i progetti dei Corpi civili di pace, e quello assimilabile ad una specie di scambio europeo di Servizio civile sul modello Erasmus di cui ha parlato Bobba (sul primo ci siamo quasi dopo il parere del Consiglio di Stato, si tratta solo di studiarne meglio siti e progetti concreti; sul secondo partirà a breve il bando europeo di un progetto sperimentale di cui l’Italia è capofila) sono ottimi punti di partenza.

E soprattutto tenendo fermo il senso, l’obiettivo, la mission, come si dice: la Difesa della patria è anche civile e nonviolenta, è solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza attiva, tutela del paesaggio e del patrimonio culturale. Questa definizione, avallata da alcune recenti interpretazioni giurisprudenziali, consentirebbe anche a chi non è cittadino italiano (immigrati) di svolgere in Italia il servizio civile, seppure discussa da molti, sembra cominciare ad affermarsi, in un mix equilibrato che però, come ha sottolineato la relatrice del Disegno di Legge delega per la riforma del Terzo settore, l’onorevole Donata Lenzi, deve trovare nei percorsi di concessione della Cittadinanza il suo contesto più appropriato.

Infine – mette in luce la Lenzi –  è anche importante la questione dell’applicazione dei progetti di Servizio civile in accordo con le Regioni e nel rispetto delle diverse esigenze territoriali. Bene, ha detto la parlamentare: “Ma sia chiaro che i principi di base del significato e del valore del servizio civile sono principi essenziali che debbono valere in modo uniforme per tutte le regioni, anche se diversamente applicati in modo territoriale, ma l'identità ha un valore forte che vale a tutti i livelli!”. E aggiunge: “Oltre ad aprire a 50mila giovani, dobbiamo essere capaci di valutare bene che tipi di progetto mettono in campo queste risorse, perché non dobbiamo assolutamente tradire le attese di quei 50 mila giovani che nel Servizio civile credono anche per dare una risposta concreta a quelle esigenze di senso, di futuro, di speranza di cui si parlava prima”.


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