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Fundraiser, una associazione su 5 non può farne a meno

Pubblicata la prima ricerca sui professionisti della raccolta fondi. In Italia quelli che esercitano a tempo pieno sono oltre 2000, giovani e in prevalenza donne. Il 20% delle organizzazioni non profit ne impiega almeno uno, ma al Nord il dato sale al 25%

di Gabriella Meroni

In un periodo di forte recessione per il mercato del lavoro, esiste un settore in espansione: quello del non profit. La figura del fundraiser, in particolare, ha visto negli ultimi anni una forte affermazione, come testimonia il primo censimento italiano dedicati ai professionisti di questo settore, realizzato dal Philanthropy Centro Studi e Doxa, in collaborazione con l'Associazione Italiana Fundraiser. La ricerca, realizzata su un campione di 1000 fundraiser italiani volontari, restituisce un quadro di peso: oltre 2000 professionisti attivi con un'età media di 41 anni e una netta prevalenza femminile, visto che le donne rappresentano due terzi del totale, sebbene in ruoli di responsabilità la tendenza rimanga quella di preferire gli uomini alle donne. 
Quanto alla provenienza, il fundraiser-tipo viene principalmente dal mondo accademico, con una prevalenza dei laureati in Scienze Politiche; solo una scarna minoranza svolge l'attività a titolo non retribuito, ovvero a livello puramente volontario. Se la maggioranza dei fundraiser percepisce stipendi lordi annuali che si collocano nella fascia tra i 20mila e i 40mila euro (un terzo del totale), il 2 per cento supera la soglia degli 80mila, con punte di 150mila euro l'anno. E anche se raggiungere gli obiettivi è importante per chi svolge questa professione, la stragrande maggioranza dei fundraiser gode di un fisso retributivo, mentre solo il 3 per cento è pagato a provvigione. Un segno – secondo il professor Valerio Melandri, direttore scientifico di Philanthropy Centro Studi – del consolidamento di questo ruolo, dato anche dal fatto che oltre la metà dei fundraiser è inquadrato con contratto a tempo indeterminato.
Le organizzazioni non profit, dal canto loro, dimostrano di avvalersi sempre più di queste figure, promuovendo una raccolta fondi stabile e strutturata. I dati del censimento parlano infatti di quasi il 20 per cento del totale degli enti italiani che si affidano a professionisti, con punte del 30 per cento a Bolzano, dati attorno al 25 in Lombardia ed Emilia e in generale sopra la media nelle regioni del Nord, mentre al Sud la tendenza non si è ancora affermata. «Questo studio dimostra che la raccolta fondi è attualmente uno dei pochi contesti lavorativi che mostra una crescita costante, e che molto probabilmente offrirà più posti di lavoro negli anni a venire – continua Melandri –  inoltre evidenzia come il profilo del fundraiser  sia quello di un individuo con un alto livello di formazione universitaria e continuativa, dedito alla professione e fortemente motivato a fare la differenza nel mondo in cui vive». 


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