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Cooperazione & Relazioni internazionali

Charity: giusto finanziare chi non condanna il terrore?

L'organismo di garanzia inglese vieta ad alcune organizzazioni di finanziare una ong straniera che non si dissocia dall'Isis né dal boia "jihadi John". È la prima volta nella storia che la Commissione dà ordini "politici" alle charity. E scoppia il caso

di Gabriella Meroni

Una funzione di “public scrutiny” che assicuri il corretto funzionamento del settore, e di censimento delle realtà che mantengono le caratteristiche di charity. Queste sono le funzioni della Charity Commission inglese, che ha il compito di esercitarle su oltre 164mila organizzazioni registrate per un valore economico di circa 64 miliardi di sterline. Nessun intervento diretto, insomma, sul comportamento delle charity, che a patto di non violare la legge sono ovviamente libere di agire come meglio credono. Questioni di opportunità e/o etiche sono sempre state riportate al Parlamento o al governo, che ha quindi facoltà di intervento più “politico”.

Un principio fondamentale, che sembra però essere stato messo in discussione dalla recente iniziativa del nuovo presidente della Commissione, lo storico e saggista William Shawcross, noto per aver preso pubblicamente posizione contro il «rischio» rappresentato dall’aumento della popolazione islamica in Europa, sostenendo che «il rapporto tra Europa e Islam è uno dei maggiori e più terribili problemi per il nostro futuro».

Ebbene, secondo molti osservatori Shawcross ha travalicato le proprie competenze (oltre che violato la libertà delle charity) chiedendo a due organizzazioni non profit britanniche – il Joseph Rowntree Charitable Trust e The Roddick Foundation – di non finanziare «in alcun modo e in nessun caso» l’associazione islamica Cage, una formazione con sede legale al di fuori dei confini inglesi (e quindi su cui la Commissione non può intervenire) che «si occupa di garantire un giusto processo agli imputati per terrorismo». Le due organizzazioni avevano in effetti in passato sostenuto Cage con alcune donazioni. Non basta: dalla Commissione sarebbero inoltre partite email dirette ad altre organizzazioni islamiche – questa volta con sede in Gran Bretagna – per prevenire eventuali erogazioni sempre a favore di Cage, esortandole a informare la Commissione stessa su qualunque legame o iniziativa a sostegno dell’associazione.

Non che Cage sia un’organizzazione da prendere a esempio, sia chiaro: il direttore Asim Qureshi, intervistato durante una conferenza stampa, si è rifiutato di condannare esplicitamente l’Isis e “Jihadi John”, il boia accusato di aver sgozzato alcuni ostaggi nei video diffusi via internet. Inoltre Cage mantiene «opacità», sempre secondo la Commissione, sull’utilizzo dei fondi che raccoglie.

In discussione però non è Cage, sulla quale la Commissione non ha alcun potere di intervenire. Ciò che ha irritato molti è la pretesa del nuovo presidente di agire politicamente, orientando le scelte filantropiche di charity inglesi corrette, legali e dal comportamento irreprensibile. Non era mai successo prima.

Nella foto: una delle tante organizzazioni non profit islamiche di Londra (non coinvolta nel caso)


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