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Ecovillaggi che passione, successo per la rete italiana

L'associazione Rive, che riunisce le esperienze di abitare sostenibile ed ecologico, in meno di vent'anni ha quintuplicato il numero dei villaggi aderenti. E sostiene anche esperienze di co-housing sociale. Ecco la mappa italiana

di Gabriella Meroni

Una nuova presidente e una più massiccia presenza sui social network: così si espande in Italia la rete degli eco villaggi, luoghi dove sempre più persone scelgono di vivere per seguire i principi della sostenibilità, del consumo responsabile e soprattutto della condivisione. Sono decine le realtà di questo tipo attive in Italia (nella mappa di Google ne vengono censiti 89), e e circa un quarto di loro aderisce all’Associazione RIVE (Rete Italiana Villaggi Ecologici) – un coordinamento di comunità, ecovillaggi e singole persone interessate ad esperienze di vita comunitaria – che raccoglie esperienze molto diverse tra loro e che dopo molti anni di presidenza di Mimmo Tringale, direttore della rivista AMM Terra Nuova, è ora guidata da Francesca Guidotti.

Un sodalizio che ha visto una crescita notevole dal 1996, quando sorse grazie all’impegno di sole quattro realtà di eco villaggio (Torre Superiore, Comune di Bagnaia, Damanhur e Popolo degli Elfi) mentre oggi annovera 23 esperienze, soprattutto nel Centro Nord; scelte molto differenti tra loro, alcune con un taglio politico molto marcato, altre che si basano su una profonda spiritualità, ma unite dalla volontà di condivisione di una scelta mirata ad andare oltre il “vivere” tradizionalmente inteso. Ma guai a pensare che questi luoghi siano riservati a nostalgici fricchettoni o, nella migliore delle ipotesi, a ingenui sognatori.  «Non ci si può approcciare al tema dell’ecovillaggio in maniera semplicistica», chiarisce Francesca Guidotti, presidente della Rive. «Trovare quello adatto a se stessi è come trovare un “luogo dell’anima”, bisogna prima di tutto visitarlo e poi viverlo il tempo necessario per capire qual è lo stile di vita e se si conforma alla nostra personalità».

E chi non se la sente di mollare tutto e abitare in case di legno senza elettricità, troverà anche altre soluzioni meno drastiche: RIVE supporta infatti anche altre forme di abitare sostenibile, come l’Associazione culturale Senape che sta lavorando alla proposta di un progetto di recupero e ristrutturazione delle ex caserme del comune di Imperia per uso pubblico e sociale, o le varie esperienze di cohousing sociale, una forma particolare di vicinato dove viene preservata la privacy degli spazi abitativi ma vengono condivisi molti spazi relativi ai servizi comuni.

È una scelta – si legge nel sito ItaliaCheCambia – che permette di superare «l’isolamento tipico dei condomini rispondendo ad una serie di questioni pratiche del vivere con una sorta di “welfare” personalizzato, ma è una struttura molto diversa rispetto a quella degli eco villaggi». La prima esperienza di cohousing è sorta nel 1972 in Danimarca, negli anni successivi si è propagata nei vicini stati scandinavi e negli anni ’80 gli enti pubblici hanno riconosciuto questa esperienza a livello ufficiale. Oggi si contano migliaia di esperienze in tutto il mondo e anche in Italia sono registrate nella rete otto realtà, di cui due in grandi città come Torino e Milano.

Vai alla mappa italiana degli ecovillaggi

Nella foto: alcuni abitanti dell'Ecovillaggio Torri Superiore, presso Ventimiglia


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