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Sostenibilità sociale e ambientale

Nel giorno #pizzaunesco sfornata la pizza Expo

Coldiretti prosegue la mobilitazione per l'inserimento dell'Arte dei Pizzaiuoli napoletani nella “Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità” dell'Unesco. Obiettivo l'utilizzo di materie prime doc dai pomodori alla mozzarella per non parlare della farina

di Antonietta Nembri

Una pizza napoletana doc per Expo 2015. A renderlo noto Coldiretti nel giorno di mobilitazione promosso in occasione della convocazione della Commissione italiana Unesco a Roma per il via libera nazionale all’inserimento dell’Arte dei Pizzaiuoli napoletani nella “Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. Coldiretti lancia anche un hashtag per la giornata:  #pizzaunesco. A sfornare la pizza Expo l’Antica Pizzeria Brandi di Napoli dove la leggenda vuole che nel giugno 1889 il cuoco Raffaele Esposito fu convocato al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, per preparare alla Regina Margherita di Savoia le sue famose pizze. Per onorare la sovrana, Esposito creò così la pizza Margherita, dove i condimenti, pomodoro, mozzarella e basilico, rappresentavano la bandiera italiana.

Ora nel tempo della globalizzazione diventa importante difenderne l’identità e per questo – sottolinea la Coldiretti – la pizza simbolo dell’Expo 2015 è stata realizzata con ingredienti napoletani “Doc” come la “Mozzarella di Bufala Campana”, l’extravergine “Penisola Sorrentina”, il “Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese- Nocerino” e il “Pomodorino del piennolo del Vesuvio”, tutti rigorosamente a denominazione di origine protetta riconosciuti dall’Unione Europea.

La pizza simbolo dell’Expo punta dunque alla valorizzazione dell’identità nazionale in una situazione in cui anche in Italia – precisa la Coldiretti – quasi due pizze su tre (63%) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori. Troppo spesso – spiega la Coldiretti – viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale.

«Un fiume di materia prima che ha purtroppo compromesso notevolmente l’originalità tricolore del prodotto servito ma anche le formidabili opportunità occupazionali che possono venire nell’agroalimentare nazionale» ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale». Coldiretti ricorda il risultato di un suo sondaggio realizzato online secondo il quale il 39% degli italiani ritiene che la pizza sia il simbolo culinario dell’Italia, mentre secondo un altro sondaggio online della Società Dante Alighieri la pizza è la parola italiana più conosciuta all'estero con l'8%, seguita dal cappuccino (7%), dagli spaghetti (7%) e dall'espresso (6%).


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