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Media, Arte, Cultura

Tutti liberi con Alda

Uno spettacolo dove detenuti e ex-detenuti del carcere di San Vittore, prendono i panni di Alda Merini. Gli attori del Cetec, sul palco, sembrano tutti artisti navigati. La mente di tutto il progetto è la regista e attrice Donatella Massimilla

di Anna Spena

Certe cose non te le aspetti, a sentirle ti sembrano bellissime, poi le vedi e capisci che bellissime lo sono per davvero. È quel che accade vedendo gli attori del Cetec, Centro europeo teatro e carcere, nello spettacolo “A cena con Alda”, presentato al teatro Oscar di Milano: le donne folli meriniane si sono unite alle fate sognanti del “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare. Gli attori del Cetec sono tutti detenuti o ex-detenuti del carcere di San Vittore, ma a vederli recitare sembrano artisti navigati, sicuri, presenti a loro stessi. La performance è parte di un progetto artistico dedicato alla poetessa Alda Merini, che visitava spesso le detenute e i detenuti del carcere milanese. La mente di tutto il progetto è Donatella Massimilla, direttrice artistica del Cetec, che vuole rendere “possibile il teatro impossibile” come dice lei stessa. «Il teatro delle diversità», spiega Donatella Massimilla, «è possibile. Sogno di avere uno spazio per i nostri detenuti fuori dal carcere».

Betsy-Alda, tutti utilizzano Alda come secondo nome per presentarsi al pubblico a fine spettacolo, ha 36 anni, è boliviana e un anno e mezzo della sua vita l’ha passato a San Vittore. «Non so se hai capito, la nostra regista è una diversa», mi spiega Betsy parlando di Donatella Massimilla. «Il primo spettacolo l’ho fatto nel 2012, è stato bellissimo, l’abbiamo presentato dentro la sezione femminile del carcere di San Vittore. Poi sono uscita ma ho continuato. Il teatro per me è stata terapeutico; in quei posti lì ti aiuta tantissimo. Da dicembre dell’anno scorso sono assunta dalla cooperativa Cetec».

Con lo stesso entusiasmo di Betsy, a fine spettacolo parliamo con Alfredo-Alda, che ha 50 anni e a San Vittore c’è stato più di una volta. È fuori da un mese, «sono all’ultimo giro», dice, «e se dico ultimo è ultimo».

Alfredo ha iniziato a fare teatro in carcere parecchi anni fa, nel 1992. «Il teatro è bello, emozionante», mi spiega, «ti crea, ti costruisce, ti disegna e ti disciplina anche. Ci sono un sacco di cose positive, però, devi essere tu a coglierle. Perché non è che magicamente inizi a fare teatro e smetti di delinquere.  Deve esserci anche la voglia, il desiderio tuo».

 


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